Il giradischi di Bernardo

State per leggere un articolo ‘mancato’. Purtroppo Bernardo Bertolucci è finito in pasto ai ‘coccodrilli’, termine dello slang giornalistico che mirabilmente connota ispirazione e sincerità di molti pezzi che vi rientrano. Pur non potendo vantare la pellaccia e lo stomaco dei rettili in questione, vorrei dire anch’io qualche parola su questo ‘ragazzo incorreggibile’ (per me rimarrà sempre tale).
Volevo ricordare Bertolucci per il suo rapporto con la musica, un rapporto intenso e pieno, da bravo parmense figlio di poeta. E da impenitente bastian contrario avevo scelto ‘Prima della Rivoluzione’, che insieme a ‘Il Conformista’ ed “Ultimo tango a Parigi” basterebbe a fare di Bertolucci una voce imprescindibile del nostro ‘900.

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Adriana Asti, ‘Gina a passione consumata’

Come evocare ‘Prima della Rivoluzione’ a chi non l’ha visto? E’ un film frutto della ‘rabbia giovane’ ironica ed impertinente di cui era ancora capace l’Italia del 1963. Un film che fece l’invidia di cineasti d’oltralpe come Truffaut e Godard, forse anche perché era autenticamente, geneticamente stendhaliano anche al di là di qualche richiamo esteriore. Va da sé, chi dice Stendhal dice ‘musica’, ed il film di Bertolucci ne straripa: l’impetuoso Verdi finale che ne sottolinea i risvolti melò e disperatamente sentimentali, i surreali siparietti clavicembalistici che preludono ad un certo beat che già stava per bussare alle porte, la sontuosa ‘colonna generale’ firmata da Morricone (e diretta da Francesco Ferrara….), due canzoni appositamente scritte da Paoli, tra cui la sognante ‘Ricordati’ che insegue il vagare di Fabrizio e Gina per le vie e le piazze di Parma (fa il paio con quello notturno di Jeanne Moreau tra i bistrot parigini in ‘Ascensore per il patibolo’, per molti l’annunzio della Nouvelle Vague). Di questi momenti la Rete non è avara di testimonianze, in YouTube ne troverete di significative, insieme a pochissime clip del film, da cui riesce a filtrare egualmente il vento di creatività e di libertà che lo percorre.

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Gina e Fabrizio (Francesco Barilli): ‘la gelosia irrisa dal desiderio’

Ma con tutta la pazienza e la cura non troverete la musica di una delle scene più intense del film. Gina-Adriana Asti – una Audrey Hepburn più sensuale, tormentata e follemente spiritosa dell’originale – rintuzza e spegne con sublime ironia la scenata di gelosia del nipote Fabrizio (eh già, la Asti è la prima delle zie inquiete e sediziose che irromperanno nel cinema italiano degli anni successivi.….). Nella stanza c’è un giradischi (grande trovata…), su cui Gina continua a cambiare febbrilmente LP con un vorticoso effetto di sarabanda. Sinchè non si affaccia a dominare la scena un sax tenore, prima pacatamente meditativo, poi estaticamente rovente: è Leandro ‘Gato’ Barbieri, allora di casa a Roma. Forse il trait d’union con Bertolucci (guarda caso appassionato di jazz) è quel Gianni Amico che compare nel film in un memorabile ‘cameo’ e che in seguito firmò dei fascinosi documentari sul milieu jazz italiano di allora (dove sono finiti?). E’ un destino tipico delle rare, folgoranti incursioni dei jazzisti nell’immaginario collettivo del nostro grande pubblico: quanti sanno che è di Gato pure il famoso solo di sax di ‘Sapore di Mare’? Tra l’altro, questi debiti non si dice aperti, ma nemmeno riconosciuti, mi rendono molto poco conciliante verso il mondo della nostra canzone, viceversa vezzeggiato da molti. Nessuno parla di una censura esplicita e deliberata, per carità, l’unica cosa di cui non siamo a corto sono i paranoici complottisti: tuttavia questo silenzioso, anonimo e collettivo oblio è piuttosto singolare e sintomatico.

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Maria Schneider, Marlon Brando e Bernardo Bertolucci, Parigi 1972

Ma Barbieri era destinato ad avere una seconda occasione con Bertolucci. Sia pure di rimando. Astor Piazzolla respingerà ruvidamente la proposta di Bernardo di scrivere una colonna sonora per lui: “me ne sono pentito per tutta la vita”, commenterà poi. Gato viene quindi chiamato a scrivere le musiche di “Ultimo Tango a Parigi”: pur essendo un jazzman ormai navigato ed affermato, ormai all’apice della sua carriera, Barbieri è spaventato dall’impresa, non ha esperienza di musica orchestrale, e men che meno di quel periglioso artigianato che è la composizione di colonne sonore. Ma al suo fianco c’è un giovane Franco D’Andrea(!!), al basso Giovanni Tommaso e Jean Francois Jenny Clark: l’orchestra è guidata da Oliver Nelson (!!!).

Il risultato? Lasciamo parlare qualcun altro. Gli spesso taglienti Richard Cook e Brian Morton della rimpianta ‘Penguin Guide to Jazz Records’: “Bertolucci’s ‘Last Tango in Paris’ (…) was graced by one of the most remarkable soundtrack scores of recent times”. Sulla sempre utile ed orientativa ‘All Music’ il disco della colonna di Gato giunge ad un filo dal giudizio massimo, cosa rara a quelle latitudini. A mia memoria, il tema principale di Barbieri impazzò occupando la scena musicale generale per oltre un anno, proprio mentre il film spariva dagli schermi per iniziare la sua tortuosa via crucis giudiziaria, culminata in un grottesco rogo che avrebbe dovuto esser evitato non foss’altro che per la notevole similitudine con analoghi precedenti degli anni ’30: purtroppo il senso del ridicolo non è un punto forte del carattere nazionale italiano. Un film a suo modo drammaticamente profetico, “Ultimo Tango”: purtroppo il ‘successo di scandalo’, le sue morbose propaggini giunte sin quasi ai giorni nostri ed infine le lunghe controversie di principio tuttora ne impediscono una lettura serena e profonda (che deve anche fare i conti con le tante mutilazioni e precarie ricostruzioni che il film ha conosciuto, soprattutto alle nostre latitudini).
Quindi, nell’impossibilità di raccontarvi in musica la resa dei conti tra la Gina ed il Fabrizio di ‘Prima della Rivoluzione’, eccovi qui sotto quella tra Marlon Brando e Maria Schneider, con l’impetuoso, sensuale tema principale di Gato che diventa quasi un coro da tragedia greca nel drammatico finale ambientato nel surreale tempio del tango parigino  In nessun caso è una seconda scelta, solo una più scontata.

Quindi anche noi appassionati di jazz abbiamo un debito con Bertolucci (quelli di cinema non ne parliamo nemmeno..). Ricordiamocene quando assisteremo a rituali e goffi tentativi di ‘imbalsamarlo’: compito difficile e problematico, non a caso nemmeno ora nessun programmatore TV ha avuto il coraggio di mandare in onda ‘Il Conformista’, con il suo finale bruciante come una staffilata sui trasformismi camaleontici, il 25 luglio ’43 è stato solo un capitolo. Nell’album di famiglia nazionale Bertolucci è quindi destinato ad un posto di ultima fila, tra quelli invitati per debito d’ufficio, quelli che riescono sempre un po’ coperti, un po’ fuori fuoco. La fila di fondo, quella degli ‘italiani importuni’, quelli che non vanno a tempo con il coro delle retoriche del momento: i Machiavelli, i Leopardi, i De Roberto, i Tomasi di Lampedusa, i Moravia, i Fenoglio, gli Sciascia, i Pasolini…. Per me, invece, un pantheon. Bernardo, grazie di non esser morto ‘pompiere’.
Milton56

 

5 Comments

    1. Vorrei rispondere con un invito. Profittate di questi giorni di elogi funebri (molto moderati e neanche unanimi) per cercare di acciuffare per i più diversi canali i film di Bertolucci, soprattutto i primi. Già ora sono quasi inafferrabili, sono disposto a scommettere che tra qualche tempo scompariranno del tutto. Molta gente della mia generazione non ha visto (e forse nemmeno sentito parlare) de ‘Il Conformista’, una dei migliori film ispirati da romanzi di Moravia, figurarsi. E’ un cinema che fa a pugni con la TV, un Don Chisciotte, quindi. MIlton56

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    1. Vorrei rispondere con un invito. Profittate di questi giorni di elogi funebri (molto moderati e neanche unanimi) per cercare di acciuffare per i più diversi canali i film di Bertolucci, soprattutto i primi. Già ora sono quasi inafferrabili, sono disposto a scommettere che tra qualche tempo scompariranno del tutto. Molta gente della mia generazione non ha visto (e forse nemmeno sentito parlare) de ‘Il Conformista’, una dei migliori film ispirati da romanzi di Moravia, figurarsi. E’ un cinema che fa a pugni con la TV, un Don Chisciotte, quindi. MIlton56

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