Los Topos Jazz

Con il canonico ritardo che gli si confà, svariate settimane dopo il Downbeat e dopo tutte le testate online e stampate d’Europa ecc.ecc, ecco che sono stati resi noti, e sono ora disponibili nelle migliori edicole del Regno, i risultati delle austere votazioni dell’un-tempo-celebre TOP JAZZ di Musica Jazz. Niente più centinaia di aruspici d’ogni ordine e grado sparsi per la penisola a scrutare budella di gallina per rispondere e fornire una personale “classifica” annuale, basta!, che diamine spira un nuovo vento oggigiorno, è tempo che ora il gravoso peso di decretare il “Best Of dei Best Of ” tocchi alla granitica redazione della rivista meneghina, forgiata nell’acciaio e come un sol’uomo agli ordini del Mega Direttore Galattico One Man Band Luca Conti, sulle cui spalle pesa grosso modo l’intero ambaradàm. Mica facile gestire le mattane e le risultanze dei cardinali al soglio, secondo genio del giorno ed estro dello chef (stellato, trattasi di uno dei più grandi intenditori della materia) ed immaginabili istanze correlate alla conclamata crisi della carta stampata. Scrivo questo con il sincero affetto di un ex aruspice, ovviamente, e con l’amore più o meno incondizionato che da sempre tutti noi riserviamo al foglio Jazz italiano par excellence. E comunque, come segnalato da queste umili colonne, da sempre generosamente ignorate, da almeno dieci anni il Top Jazz non segnala più chi-vota-cosa, rendendo di fatto il listone una sorta di misterioso calderone che fuori tempo massimo consegna coroncine di cartone come quelle che danno ai compleanni di McDonald’s.

Anno di grazia 2023, data astrale Gennaio: or ch’è diventato tutto ad uso interno la gestione sarà infinitamente più semplice, direte voi lettori, anime semplici….di sicuro a questo giro verrà dedicata una paginetta al riassunto delle singole preferenze cardinalizie, ma invece no!, prevale il decoroso riserbo, la privacy, il top secret, il non praevalebunt, e via andare che nel conclave si va a sciogliere il sangue di San Gennaro, e facimm’ apPress. E’ del tutto naturale che il “premiato” poi esulti, su facebook o altrove, stappando prosecchi con tappi a corona, ma insomma, lasciando stare le risultanze in cui brillano clamorose assenze sia in ambito italico che mondiale, a pensarci forse si stava meglio quando si stava peggio, come diceva quel tale scotendo il capo sulla schedina del Totip. Suggeriamo a titolo meramente gratuito un’ideuzza sconvolgente (cestinabile, ça va sans dire, comme d’habitude): una volta al secolo sarebbe il caso di dare la parola ai lettori, in molti casi risultano dotati di orecchie.

Vabbè. Segnaliamo affranti che non si ha per il momento notizia del mastodontico JAZZIT AWARDS dell’omonima rivista che raccoglieva migliaia e migliaia di voti e quasi altrettanti premiati negli anni passati. E ora mettiam da parte frizzi e lazzi: prenotate le vostre copie in edicola, e fatevene un’idea, sosteniamo sempre e comunque la nostra stampa Jazz… That’s all folks!

Illustrazione di Diego Riselli

3 Comments

  1. Il Jazzit Awards era francamente poco credibile, migliaia di voti a fronte di risultati spesso inquinati da claque tanto numerose quanto improbabili. Il Top Jazz ristretto alla sola redazione è una scelta comprensibile, anche se si priva delle opinioni e delle suggestioni esterne, ma manca, a mio modo di vedere, il polso dei lettori, la cui opinione sarebbe oltremodo interessante e non solo sulla lista dei migliori album (da istituire a parte rispetto ai redattori) ma anche sul gradimento e sulle possibili proposte per il magazine. Sono un lettore fedele da più di mezzo secolo, però noto che buona parte degli amici appassionati di jazz non compera e non legge più il magazine. C’è un malessere evidente e credo sarebbe utile provare a capirne le motivazioni.

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  2. Vedo che tutti lamentiamo la mancanza di un sondaggio che coinvolga i lettori, ma se MJ ha rinunziato a convocare una platea estesa e rappresentativa dei professionals che si occupano di jazz in Italia, evidentemente mancano risorse redazionali per imbarcarsi in un ancor più esteso poll che coinvolga quantomeno i lettori. Prevengo un’osservazione in materia di correttezza/eticità: con i mezzi tecnici di oggi una pubblicazione professionale facilmente potrebbe escludere il rischio di voti plurimi da parte di più partecipanti….. ci riusciamo persino noi, figurarsi. Volendo si potrebbe anche facilmente restringere il suffragio ai soli lettori, per rendere il tutto più gestibile….. ma non facciamo finta di non capire: la cosa non interessa e non la si vuole fare, punto e basta. Che senso ha un sondaggio ristretto alla sola redazione della rivista? Molto poco, i suoi orientamenti dovrebbero esser chiari già da quanto pubblicato durante l’anno. L’anonimità delle preferenze? Altro punto critico. Specialmente se si va alla ricerca di segnalazioni un po’ esoteriche per distinguersi dal resto dei ‘best of’, io lettore ho tutto l’interesse a capire da quale penna proviene il voto: conoscendo l’approccio del redattore votante, mi posso fare una qualche idea dell’interesse che possono rivestire per me segnalazioni un po’ peregrine, il tutto prima di metter mano al borsellino e soprattutto di imbarcarmi in ricerche laboriose. L’anonimità del voto ha già in passato svalutato parecchio la partecipazione di critici e studiosi in grado di inquadrare il proprio voto in una visione critica più ampia e meditata di quella possibile in ambito giornalistico e di cronaca; ma questo è questione brillantemente risolta con l’estromissione di questi elettori :-). A questo punto però sarebbe il caso di dismettere la vecchia insegna ‘Top Jazz’ e ribattezzare il poll ‘Musica Jazz Best of” o qualcosa di simile: chiarezza vorrebbe che non si metta nella stessa scatola un prodotto diverso… Ma queste sono considerazioni di un ‘quasi ex lettore’ (uno che ancora ricorda la raffinata grafica in B/N e la testata arancione, figurarsi..), immagino quanto possano esser considerate….. Milton56

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  3. Anch’io sono un ex-votante del top jazz, come collaboratore di jazzitalia e jazz convention. Il top jazz mi ha sempre appassionato e quando, dal 2013, ho potuto inviare pure io la mia scheda, ho passato parecchio tempo durante l’anno a tener conto e a mettere in classifica tutto quanto ascoltavo ( dischi, concerti e registrazioni da radio 3 suite) per arrivare a compilare classifiche attendibili ( almeno coerenti con scelte fatte ponderatamente) Francamente ci sono rimasto male quando la rivista ha preso un’altra decisione, di restringere il campo ai soli collaboratori interni. Tanto più che ai ” vecchi” votanti non è stato comunicato alcunchè. Io avevo già abbozzato una mia classifica, tra l’altro…Riservare il referendum ad una ventina in tutto di addetti ai lavori è , poi, estremamente riduttivo, secondo me. Per uscire dall’ambito jazzistico, giova ricordare che France football, che assegna il pallone d’oro, coinvolge molti giornalisti europei, non limita la votazione solo a chi scrive sulla rivista francese. E potrei continuare con molti altri esempi del genere. Quando era stato inventato il top jazz coinvolgeva un certo numero di giornalisti specializzati, di cui venivano, poi, pubblicate le schede voto per voto. Così si è continuato con la parentesi di Filippo Bianchi, che aveva riservato il top jazz ai soli musicisti italiani. Con Luca Conti è finita la trasparenza del voto. Da qualche anno non si sa ( non si sapeva) nè chi vota, nè per chi vota. Speriamo che, almeno nel sito, siano pubblicate le scelte dei collaboratori di musica jazz e auspichiamo un ritorno all’antico con le schede inviate da una ottantina di addetti ai lavori e la pubblicazione di come hanno votato uno per uno “gli elettori”. Non chiederei altri tipi di riforma, ma un ritorno alla formula precedente con la trasparenza in primo piano.
    Gianni Montano ( jazzitalia e jazz convention)

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