Viaggio nel tempo con la Duke Ellington Orchestra.

Il filo che collega la storica orchestra di Duke Ellington alla formazione di 15 elementi vista in concerto a Genova martedì 24 gennaio attraversa linearmente tre generazioni. Mercer, figlio del fondatore, ne raccolse l’eredità, gestendo l’ensemble dal 1974 fino al 1996, anno della sua improvvisa scomparsa. Quindi toccò al figlio Paul, nato in Danimarca dalla moglie Lene Margrethe Scheid, prendere le redini dell’impresa del nonno e proseguirne il percorso. Paul Ellington, presente sul palco del Teatro Genovese, a sua volta compositore e pianista, ricopre oggi la veste di testimone della legacy e manager dell’orchestra, diretta dall’alto sassofonista Charlie Young, musicista e docente di vasta esperienza.

Sistemata la Storia, veniamo al concerto.

Sul palco una big band con cinque sassofoni (un baritono, due alti e due tenori) , tre tromboni, quattro trombe e sezione ritmica con batteria contrabbasso e pianoforte. In platea, una folta rappresentanza di appassionati più o meno storici, con la piacevole sorpresa di qualche presenza giovanile che abbassava la media anagrafica. L’inizio canonico con la irrinunciabile sigla “Take the “A” train” seguita da “Satin doll” non è stato memorabile, con qualche incertezza e citazione acchiappa applausi di troppo. Da quel momento, però, i meccanismi dell’orchestra hanno iniziato a mettersi in moto e ad ingranare gradualmente fino a girare a pieno ritmo nei brani successivi, una sorta di greatest hits, o viaggio nella storia della band, avanti ed indietro nei decenni, impreziosita da qualche piacevole sorpresa. Il pregio maggiore della formazione risiede nella capacità di modellare quegli impasti timbrici dei fiati che ricreano in parte la magia conosciuta, in una dinamica che ripercorre, con l’intersecarsi delle diverse sezioni di strumenti, le partiture originali. Ma va detto che l’orchestra è costituita da solidi professionisti in grado di esprimere, all’interno di questa cornice, un suono ed una voce personali anche a livello solista.E, soprattutto, si tratta di un gruppo che sa suonare divertendosi e facendo divertire.

La prima sorpresa è venuta da una inattesa “Latin American Sunshine” dalla suite omonima, seguita da una felpata e raffinata versione di “Mood Indigo” affidata alle voci soliste del trio trombone, tromba e clarinetto, un momento davvero emozionante. Quindi una carrellata di classici, ciascuno con un solista al proscenio : la medley “I left a song out of my heart/Don’t get around much anymore” per il sax alto del leader, un’ efficace “Sophisticated lady” affidata al baritono di Frank Michael Basile, abilissimo a ricavare melodia da uno strumento così impervio, “Caravan” introdotta dal solo del batterista David Francis Gibson. Un salto nel tempo alle origini delle ibridazioni fra musica cubana e jazz con “The flaming sword” del 1940 ha introdotto una sezione del “viaggio ” che oscillava fra epoche remote, e più recenti, con una corale “In a mellow tone” seguita da “Isfahan” affidata alle cura del sax di Mark Ivan Gross, dal turbinio di ritmi di “Perdido”, e da un un salto al Cotton Club via “Black and tan fantasy” . Infine, a conclusione di una scanzonata “Jack the bear”, il torrenziale solo del tenore di Paul Overton e la ripresa di “Satin doll” quale conclusione e saluto finale propiziata dall’ingresso a fianco dell’orchestra di Paul Ellington. Divertimento sul palco ed in platea, che ha calorosamente applaudito tutto.

Paul Ellington passa in rassegna l’Orchestra

Formazione Duke Ellington
Orchestra

Charlie Young III – Conductor & Alto Sax

Frank Michael Basile – Baritone Sax

Morgan John Price – Tenor Sax

Mark Ivan Gross – Alto Sax

Shelley Overton Paul Sr. – Tenor Sax

Andrae Ernesto Murchison – Trombone

Andre Lenard Hayward – Trombone

Tyrone Jeffery Block – Trombone

Robert Lovell Redd – Piano

David Francis Gibson – Drums

Hassan Abdul Ash-Shakur – Bass

Thomas Whitaker Williams Jr – Trumpet

Bryan Edward Davis – Trumpet

Ravi Hassan Best – Trumpet

James Delano Zollar – Trumpet

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