LA BELLA ESTATE – 2. ROMA, ‘SUMMERTIME’

Forse di tratta della ‘prima edizione’. In ogni caso, è l’Einaudi 1.0, quella di Giulio, di Calvino, di Vittorini…

Altrove ci sono brevi fiammate, poi destinate a spegnersi. Quella che va in scena nel bel parco di Villa Osio a Roma è invece una vera e propria stagione, che copre gran parte dell’estate. La Casa del Jazz ha dato fuoco alle polveri sin dal 7 giugno scorso, e proseguirà sino a tutto il 5 agosto prossimo. Praticamente 2 mesi di musica, con cadenza quasi giornaliera: Summertime è un unicum in Italia. Fortunatamente (o disgraziatamente) non abito a Roma, diversamente sarei andato in soffitta ad esumare la tenda canadese della mia gioventù e l’avrei piantata stabilmente sotto uno dei grandi pini marittimi di Villa Osio.

Il parco di Villa Osio durante la stagione estiva

E’ naturale che una manifestazione di questa estensione e che si rivolge anche ad un pubblico ampio e diversificato (a memoria mi sembra di ricordare svariate centinaia di posti nella sua platea, forse prossima ai mille) non può che avere un programma molto composito, in cui sono riconoscibili diversi filoni: ognuno può seguire il suo, ma anche concedersi qualche avventura curiosa.

Ed anch’io tirerò il mio filo. Cominciamo con i rimpianti per quello che è già trascorso: la big band di Dino e Franco Piana che ricordava le colonne sonore del negletto Armando Trovajoli era una sofisticata curiosità. Intrigante anche la serata con gli Storytellers di Simone Alessandrini (ve ne abbiamo parlato già in passato, se vi capitano a tiro non fateveli scappare), felicemente accoppiati con Maria Sole De Pascali, flautista di sicuro avvenire (ma lei ce l’ho già nel mirino). Ma il groppo in gola più grosso ce l’ho per il concerto che Roberto Gatto ha dedicato a Tony Williams, una produzione ideata e fortemente voluta dalla Casa del Jazz, come spiega in questa breve intervista lo stesso Gatto. Conoscendo il batterista, e soprattutto il bandleader ascoltato di recente in due-tre occasioni, dev’esser stata serata molto interessante

Fortunatamente qui a Milano non abbiamo rimpianti: abbiamo risolto il problema alla base, sopprimendo anche le speranze. Dobbiamo tirare l’autunno, sino al prossimo JazzMi.

Altra brillante idea dell’inesauribile Luciano Linzi, direttore della Casa del Jazz, è stata quella di accoppiare un altro paio di concerti dedicati a grandi figure della musica a conversazioni condotte dal noto saggista americano Ashley Kahn: la prima è con Paolo Fresu su David Bowie, segue concerto del suo gruppo ‘Heroes’ (sabato 24 giugno). Poi è di scena Fabrizio Bosso che dialogherà con Kahn su Stevie Wonder, cui ha dedicato il suo lavoro ‘We Wonder’, con ospite Nico Gori: anche domenica 25 giugno seguirà la musica.

Ashley Kahn? Chi era costui?” Quello a cui la Sony ha messo a disposizione i master originali di ‘Kind of Blue’, diversamente custoditi in una cassaforte climatizzata cui ha accesso un solo tecnico…

Lunedì 26 va in scena un ulteriore, doppio appuntamento con gruppi italiani. E si tratta di organici inediti: qualcuno potrà a ragione nutrire qualche dubbio a riguardo, ma secondo me il trio di Alessandro Lanzoni (uno dei pianisti più jazzman della nostra scena) unito ad un fuoriclasse del sax alto come l’ex enfant prodige Francesco Cafiso promette una performance di grande brillantezza ed eleganza. Altrettanto si può dire del secondo set, in cui a parti invertite il trio sassofonistico di Rosario Giuliani ospiterà l’ottimo pianoforte di Dado Moroni (reduce tra l’altro da una bella tourneè evansiana con i due reduci Eddie Gomez e Joe LaBarbera). Dovrei riuscire a raccontarvi qualcosa di prima mano.

Un recente solo di Lanzoni, bel biglietto da visita…

Successivamente sfila una serie di bei nomi della scena internazionale: Jan Garbarek tro e Trilok Gurtu (28 giugno), John Surman e Vigleik Storaas duo (5 luglio). Segue un vero filotto per gli amanti della chitarra: Julian Lage trio (10 luglio), Mark Ribot Ceramic Dog (12 luglio) e dulcis in fundo l’ultimo Bill Frisell di ‘Four’ (13 luglio). Chitarristi in pectore, disseppellite anche voi la canadese dei bei tempi andati……

Ma domenica 16 Summertime scommette sulle esperienze più vive ed innovative della nuova scena USA: prima ‘Parables’ del vibrafonista Joel Ross (delle cui gesta abbiamo già narrato in più occasioni…. date un bel giro di chiavetta al motore di ricerca recentemente revisionato) e di seguito l’Unruly Manifesto di James Brandon Lewis, formazione necessariamente rimaneggiata dopo la recente scomparsa della trombettista Jaimie Branch ed il distacco della formidabile Ava Mendoza, che giustamente corre ora da sola con la sua grintosa chitarra elettrica. Serata che promette grandi emozioni e, particolarmente per Brandon Lewis (reduce tra l’altro da uno splendido concerto mantovano nello scorso maggio), occasioni di ascolto rare.

‘Unruly Manifesto’ nel 2019: c’era ancora Jaimie Branch….

Giusto per non perdere il ritmo, il 17 luglio salirà sul palco il nuovo quartetto di Dave Holland, con al piano Kris Davis (vedi nostre cronache da Orvieto 2022): anche qui bisogna drizzare bene le orecchie, non è un debutto qualsiasi. Si prosegue con i reduci shorteriani Danilo Perez e John Patitucci (18 luglio), e l’inossidabile Enrico Rava alla testa di un gruppo ‘francese’ (Trotignon ed Aldo Romano) che sembra fatto per rinverdire sue frequentazioni degli anni d’oro (20 luglio).

Siamo arrivati con il fiatone agli ultimi fuochi di quest’estate veramente rovente: giustamente Casa del Jazz insiste nel proporre campioni della nuova scena che facilmente potrebbero conquistare nuovi e più giovani spettatori. Makaya McCraven accoppiato con la Cosmic Renaissance di Gianluca Petrella (21 luglio), le South Londoners Kokoroko giudiziosamente sposate con la nostra Rosa Brunello (22 luglio), e sempre dal c.d. Regno Unito (?!?) Kamaal Williams. Molto bene, a mio avviso, tirare dritto su questa strada senza curarsi di alcuni nasini arricciati, gli stessi che lamentano lo scarso ricambio generazionale del pubblico jazz. E qui non siamo di fronte a proposte banali o peggio corrive (quelle che abbondano altrove), soprattutto per quanto riguarda il versante internazionale.

Kokoroko nell’album collettivo con cui il produttore Gilles Peterson fece conoscere la Sauth London Wave….era il 2018

Come al solito, il mio personale bouquet è diventato un vero cespuglio, ma non posso esimermi da due ultime segnalazioni: la ‘versione compatta’ dell’Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti (5 luglio, sarebbe curioso sapere chi sono gli young cats e catwomen di turno stavolta), ed infine a chiudere questa calda estate James Senese, il front man dei Napoli Centrale, un originalissimo gruppo di jazz elettrico che negli anni ’70 contese uno spazio nei cuori della mia generazione all’altrettanto indimenticato Perigeo.

Nel caso ancora non avvertiste i primi sintomi di congestione, qui c’è ancora dell’altro…… Romani, tenetevi da conto la Casa del Jazz…. con tutta la nostra invidia. Milton56

Senese ed una delle ultime reincarnazione dei Napoli Centrale, siamo nel 2016. Ma ‘Campagna’ è un cavallo di battaglia che arriva dai lontani anni ’70

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