Il mondo intero ha salutato nelle scorse ore il grande Tony Bennett (al secolo Antonio Domenico Benedetto) scomparso a 96 anni. L’ultimo dei giganti, una leggenda che ha cantato, difeso, innovato ed amato una tradizione musicale che è ancora alla base di tutto il jazz moderno. Proponiamo , a mò di coccodrillo e per la gioia di risentirlo, alcuni spunti d’ascolto in cui saltelliamo tra una produzione enorme (103 album a proprio nome!) ed alcune citazioni da interviste recenti o lontane, in cui si è raccontato con immediatezza e tanto swing, manco a dirlo.
Che gli sia lieve la terra.
Tommy Flanagan è con me da circa un anno ormai, ed è una gran cosa sedersi con un pianista che ha suonato con Charlie Parker. Quasi ogni canzone che facciamo diventa una performance in sé. Alle mie orecchie. Mi piace registrare adesso solo con Tommy. Mi ha fatto interessare alla gamma media dell’esposizione, modificando il mio stile...
“Non seguo le ultime mode. E non canto mai una canzone scritta male. Negli anni ’20 e ’30 ci fu un rinascimento musicale che fu l’equivalente del Rinascimento artistico. Cole Porter, Johnny Mercer ed altri hanno creato le migliori canzoni che siano mai state scritte. Questi sono classici e alla fine non vanno trattati come “intrattenimento leggero”. Questa è musica classica.”
“In realtà, ho cantato per tutta la vita. Ho iniziato quando avevo circa sei anni. Non ho mai incontrato una famiglia di origine italiana in America che non fosse musicale. Qualcuno ha un mandolino o una chitarra e canta sempre. Le mie prime apparizioni pubbliche furono negli ospedali dell’Esercito e della Marina. È stata una grande esperienza.“
“Ai tempi del mio contratto con CBS c’erano i 30th Street Studios. Era una grande vecchia chiesa. Grandi studi davvero. Ho sentito in giro che Stan Getz stava registrando laggiù. E c’era Herbie Hancock, Ron Carter… Era un bel sabato pomeriggio di sole. Mi son detto: “Vado laggiù, mi siedo in cabina e me li ascolto”. E naturalmente è stato fantastico; stavano suonando quando arrivai. Un gruppo meraviglioso e un grande tecnico del suono, Frank Laico. Quindi all’improvviso Stan mi vede e dice all’altoparlante: “Dai, Tony, vieni qui e canta con noi”. Gli ho detto: “Stai scherzando. Sono venuto qui solo per sentirti!” “No, facciamo un paio di pezzi”. Ed è stato proprio quel tipo di cosa, improvvisata e spontanea.”
“Le persone che hanno paura del jazz sono quelle che nello stesso modo hanno paura dei neri che si trasferiscono nel loro quartiere”. E del resto le grandi aziende pensano in bianco, non pensano in nero.”
“Più di chiunque altro vorrei ringraziare Count Basie per avermi insegnato come esibirmi”.

“Ti guardi intorno e vedi Erroll Garner, George Shearing, Art Tatum, Stan Getz, Billie Holiday, Miles Davis, Count Basie, Philly Jo Jones. Erano tutti su questa magnifica 52sima strada.“
Prima di diventare un cantante pensavo di diventare un pittore. Non ho mai, mai smesso di dipingere. Diciamo che è un buon hobby per me. Ci si ferma, per un paio d’ore al giorno, in un certo senso dipingere mi pulisce le ragnatele dalla mente. Ed è molto relativo alla musica, perché è tutta forma e colore della linea. Aiuta indirettamente ad esibirsi poi la sera…




❤️
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Quello che colpisce è la modestia di questo grande cantante che ha attraversato il Novecento e fatto capolino nel terzo Millennio .
Da menzionare le sue incisioni con la big band di Count Basie, i due album con Evans, soprattutto il primo e le “White House Sessions” dove lo si ascolta anche col quartetto storico di Brubeck.
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