Christian McBride’s New Jawn – Prime

CHRISTIAN MCBRIDE’S NEW JAWN – Prime – Brother Mister Productions/Mack Avenue

Se qualcuno ritiene Christian McBride “solo” un gran bel jazzista mainstream, sottendendo l’immagine del classico contrabbassista di classe che accompagna con swing, sorridendo alle spalle di solisti ottuagenari, forse sarebbe il caso di ascoltare questo suo nuovo lavoro. Con questo piccolo combo, nome in gergo di New Jawn, al secondo episodio discografico, McBride sta sviluppando idee jazzistiche avanzate, in cui il leader, la cui eloquenza e personalità dopo trent’anni di magnifica carriera sono universalmente riconosciute, punta su solisti sceltissimi che partendo da trame congegnate con raffinatezza mettono poi da parte accordi di sorta e s’accendono nel magma pulsante d’una musica che sgorga naturale e potente, molto sicura di sè, e che pare volersi proporre quale solido ponte gettato tra passato e futuro.

Prime” segue l’ampia scia lasciata dal primo episodio targato New Jawn, e ritroviamo con piacere le parentele incrociate con il blues di Ornette Coleman, vedasi l’iniziale “Head Bedlam” e anche “The Good life” (brano tratto dalla celebre session Coleman/Metheny), con le libere progressioni di Eric Dolphy, anche lui apertamente citato nell’original “Dolphy Dust”, o con le pagine più avanzate d’un faro assoluto come Sonny Rollins del quale viene riletto niente meno che l’epocale “East Broadway Run Down”, posto in chiusura di album e che suona come una emblematica “chiamata alle armi”.

Il trombettista Josh Evans, che nonostante la giovane età ha collaborato con jazzisti d’ogni stile, da Benny Golson a Oliver Lake, passando per Roy Hagrove e David Murray, si dimostra totalmente a suo agio negli sviluppi scuri e brunati delle libere composizioni di McBride, così come il sassofonista (e clarinetto basso) Marcus Strickland che appare ora nel pieno della propria maturità espressiva. Una front line potente per un pianoless quartet che non dà un attimo di tregua, nella playlist non ci sono ballads a stemperare i toni, giusto qualche momento di teso lirismo… Nasheet Waits alla batteria è il telepatico compagno di viaggio di McBride, ne sviluppa i tempi mutevoli e lo sostiene nel reggere il timone nei momenti d’invocata tempesta. I New Jawn avevano fatto tappa anche ad Umbria Jazz nel 2017 scatenando la platea, ora tornano con il loro moto perpetuo in un disco “must have” dell’anno in corso, jazz limpido e positivo, che richiede un certo impegno d’ascolto, del tutto ripagato.

(Courtesy of Audioreview)

4 Comments

  1. Ottima scelta. Uno dei migliori dischi usciti quest’anno (si contano sulle punte delle dita…). Ci rivela un McBride leader di sorprendente originalità e ricchezza di idee. Qualcosa già si intuiva da ‘Long Gone’ e ‘Round Again’ con gli inseparabili Joshua Redman, Brad Meldhau e Brian Blade.. Temo però che New Jawn sia fuori della portata del nostro circuito concertistico …. Milton56

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