Stefano Onorati -Marco Tamburini – East of the moon (Caligola)

C’è un’immagine che sintetizza bene il senso di questo disco , e ce la riporta uno dei protagonisiti, il pianista Stefano Onorati. “Abbiamo registrato queste tracce durante una delle molte notti che passavamo in studio… siamo scesi per improvvisare, senza dirci niente né porci un obiettivo, solo per il piacere di farlo. Mentre riascoltavamo la musica appena registrata ,ricordo di aver visto Marco piangere; si era commosso e quell’immagine per me lo rappresenta più di ogni altra. Eravamo riusciti ad instaurare un livello di comunicazione che andava oltre gli sguardi e le parole”. La commozione di allora di Marco Tamburini si mescola, oggi, con quella di chi ascolta queste note ad otto anni dalla sua prematura scomparsa. Gli eventi narrati, invece, risalgono a cinque anni prima, nel 2010, quando il trio Three lower colous, composto da Tamburini, Onorati ed il batterista Stefano Paolini, era impegnato nelle registrazioni delle colonne sonore di “Le voyage dand la Lune” e del film del 1922 “Sangue e arena” con Rodolfo Valentino. In una pausa di quei lavori, un momento magico recuperato e pubblicato oggi da Caligola records, nacquero questi quaranta minuti di dialogo fra la tromba di Tamburini e le tastiere di Onorati, musica ora intima e raccolta, ora ritmicamente spregiudicata ed avventurosa, nello spirito di alcune ibridazioni fra jazz ed elettricità che trovano le lontane radici in “Bitches Brew” e si riallacciano a molto di ciò che ne è conseguito. L’avvio è un vero “Cantico“, immerso nelle profondità delle note evocative dell’organo sulle quali si staglia la voce lirica ed intrisa di fragilità della tromba : sono quasi dieci minuti di assorta comunicazione, con sporadiche variazioni timbriche delle tastiere, che conquistano al primo ascolto.

Lunar eclipse ” rappresenta il lato più oscuro e sperimentale della seduta, con una prima parte percorsa da un battito elettronico sotterraneo, base per le rifrazioni e gli echi della tromba, ed una sezione finale marcatamente ritmica, nella quale cadenze trip hop e fondali alla Weather Report accompagnano il timbro filtrato e penetrante dello strumento di Tamburini.

I due opposti dei primi lunghi brani si ritrovano nelle seguenti “Black and white” e “East of the moon” : la prima una eterea ballad ambientata fra le stelle, con la voce della tromba che trasmette pura emozione, la seconda un esercizio di groove che richiama certi esperimenti hip hop di Davis, nel quale piano elettrico e tromba riescono ad incastonare frasi e dialoghi intonati al clima fremente.

Infine il lungo brano finale, “As it was“, forse il vertice del disco, un lungo dialogo prevalentemente acustico fra latromba, solo talvolta screziata dagli effetti elettronici, ed il pianoforte, un viaggio alimentato da continue variazioni melodiche e cambi di atmosfera che sintetizza al meglio la comunione fra i due musicisti.

A distanza di tanti anni, per moltii appassionati, il vuoto che circonda la tromba di Marco Tamburini non si è colmato. Possiamo solo immaginare quanto manchi a chi con lui ha condiviso questi momenti.

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