Le uniche note di colore nella confezione del nuovo cd, il secondo, del NeXt quartet di Claudio Fasoli, con Simone Massaron, Tito Mangialajo Rantzer e Stefano Grasso, sono dedicate all’arancione. Il titolo in copertina, il top del cappello di lana del sassofonista ed una foto finale che accompagna i versi di Stefano Angeli; “Arancione. La nota in basso che alta piomba sulla piazza – dove i locali contenti – suonano le loro voci. Non rosse o gialle – arancioni le note – di questo concerto – di questa nostra vita. ” E’ una scelta cromatica indicativa di una musica che mescola perentorità ed introspezione per forgiare un’ identità forte e fuggevole al tempo stesso. Forse è questa l’imboscata del titolo, rivolta ai nostri sensi, colpiti in prima battuta da note, temi ed intrecci timbrici che si impongono in modo assertivo, ma incapaci, ai primi ascolti, di dipanare completamente quel significato ulteriore che si intuisce nello scorrere dei dieci brani. E forse proprio raccontare l’ intera mappa del percorso, il suo svolgimento dall’introduzione “a rovescio” di “Dortni” fino alla dedica finale a “Venezia” può aiutare ad individuare il suo carattere più profondo. Ecco, quindi, “Dec.26 th“, legata senza soluzione di continuità al breve frammento iniziale, che si apre con il tema brumoso affidato al registro grave della chitarra per poi lasciare spazio al sassofono mentre la ritmica sviluppa un proprio frastagliato andamento autonomo, in una sintesi di struttura e libertà formale che inizia a delinearsi quale tratto peculiare del disco. In “Belly” tutto pare rivolto ad una esasparata espressività, con l’appuntito tema letto dall’unisono fra chitarra e sassofono che nel corso del brano viene stravolto e ricostruito aprendo ad alcuni momenti astratti. Un repentino cambio di atmosfere ci immerge in “Arogarb“, dominata da un meditativo ed oscuro clima orientale alimentato da spirali chitarristiche e denso tessuto percussivo dai toms di Stefano Grasso, cui segue la melodia declamata dal sax soprano .
Dal solo iniziale del tenore della seguente “Off” germoglia un teso ed omogeneo background degli altri strumenti che accompagna l’intero svolgimento del brano, un racconto immaginifico quasi al rallentatore dalla grande efficacia evocativa. Intervallato dai due soli , quello del basso profondo e denso di “Squero” e quello della chitarra onirica di “Stucky“, “Diachromo” illustra un tema dalle spiccate caratteristiche angolari che gioca a rimpiattino in una sorta di call and response con il minimale loop della batteria. A questo punto arrivano i due brani conclusivi, e tutti gli elementi seminati fino a quel momento, la chitarra timbricamente orientata a sonorità rock, la ritmica libera ma ben ancorata al suolo e le note essenziali del leader, magistralmente registrati negli studi Artesuono, acquistano un nuovo senso. “Covent garden” combina tutti gli elementi citati su un binario ritmico incalzante per un viaggio che produce lo sviluppo di continui stimoli tematici e si conclude nel solo di batteria. “Venezia” poggia il suo aggraziato ed affettuoso tema sulle nuvole e nei gorghi sonori prodotti dalla chitarra, mentre basso e contrabbasso cullano il canto del sax, offrendo all’ascoltatore la suggestione di un percorso crepuscolare fra calli e canali, con le onde appena increspate. Un’ imboscata da affrontare senza timori e pregiudizi, armati dalla sola curiosità .
