E’ un periodo strano e controverso, impossibile guardare un notiziario televisivo o leggere un qualsiasi quotidiano senza sobbalzare per il servilismo, la cialtroneria, la cattiva coscienza. Ci mancava solo la guerra in Palestina per rinfocolare odio, menzogne e informazione a senso unico. Non bastava l’armata Brancaleone al governo e lo sgangherato corrispettivo all’opposizione (?), accendere il televisore è diventato pericoloso per la salute mentale, e non solo per i notiziari, il livello medio dei programmi televisivi è tarato su un livello di intelligenza mortificante.
Non va meglio se, cercando requie, lo sguardo si rivolge alla musica e al suo mondo. Sui social ancora ci si accapiglia sulle qualità vere o presunte dell’etichetta di Manfred Eicher, o degli album da portare o da non portare sull’isola deserta. Una noia soporifera, uno sterile esercizio di onanismo intellettivo. D’altro canto invece, al proliferare di festival jazz nel Belpaese non fa seguito un miglioramento ne della qualità ne delle novità.

Ho letto con attenzione i programmi dei più importanti festival autunnali. Nonostante i proclami entusiastici a me paiono cartelloni bolsi, ripetitivi, con poche eccezioni e molta routine. Però mi rendo conto di essere una mosca bianca, un appassionato che dopo aver visto in tutte le salse gli eroi nostrani con annessa compagnia cantante, vorrebbe ascoltare il meglio degli americani ed europei, dei quali, a parte rarissime eccezioni, non c’e traccia alcuna. Perfino degli italiani, quelli che nessuno mai invita ai grandi festival e nessuno (si fa per dire) ne conosce il motivo. Eppure molti avrebbero i numeri e la qualità per poterlo fare se solo ne avessero la possibilità.
Poi le folle accorreranno, i giornali sbrodoleranno numeri fantasmagorici, tutti saranno convinti che le nostre città siano capitali della musica jazz. E, se pure parzialmente, ciò corrisponde al vero, a me i conti non tornano. Se leggete i programmi dei festival delle principali città europee, non ci sono paragoni. Rimaniamo provinciali nel gusto e sottomessi nelle scelte ad agenzie, nonché alle veline delle agenzie di stampa che vengono pubblicate pari pari dai media, vuoi per mancata competenza vuoi per pigrizia intellettuale. Mancano coraggio, visionarietà, stimolo e capacità di proposta che esca dalla banalità e dal consueto . Prevale il ritorno economico, per carità, più che giustificato, ma se nessuno esce dal seminato della consuetudine il pubblico non crescerà mai, convinto che il jazz sia tutto li’, tra una cover di Battisti e una di David Bowie.

Ma non ne voglio più parlare, mi sono stancato, e per quanto molti appassionati siano sulla stessa mia lunghezza d’onda, la maggioranza non ci vede e non ci sente, convinta che il/la cantante pop accompagnato dal famoso jazzista sia quanto di meglio sia possibile ascoltare in un festival, dove naturalmente non possono mancare i soliti nomi, anche se da anni non hanno più niente da dire, e che I musicisti di Chicago o di Londra non siano appetibili e non facciano cassetta, e via di questo andazzo. Naturalmente non mancano le eccezioni, inutile fare i nomi, ogni appassionato conosce quali festival siano meritevoli e quali musicisti premiare con la presenza ai concerti e l’acquisto dei supporti, ma sono mosche bianche in un paese in piena decadenza morale, economica e culturale.
Mi fermo per un po’, l’ ambiente mi ha demotivato e stimoli sono difficili da ritrovare. Meglio tacere.

Capisco lo sconforto, ma forse dobbiamo prendere atto che il jazz da noi è marginale e non lo aiuta il contesto descritto, che è in palese involuzione come ben hai evidenziato.
Non frequento i social più moderni. Tempo fa, mi sono bastati i forum nostrani dove il jazz è sempre una sezione se non addirittura una sottosezione di qualcos’altro, che sia la classica o il rock: nel primo caso impera il bieco “parrucconismo” e giù bordate contro la presunta ignoranza dei jazzisti, naturalmente tutti digiuni di conservatorio o di accademia; nel secondo caso, ignoranza propalata a piene mani … Per fare un paio di esempi su cui sorriderci sopra per non rovinarsi il fegato … metto un paio di link a partire dai classicofili per arrivare ai rockers che si danno arie da “esperti” di jazz:
https://www.musica-classica.it/forum/index.php?/topic/23122-come-si-improvvisa-su-un-pezzo/
http://forum.ondarock.it/index.php?/topic/17391-contrabbasso/
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Certo, a volte è meglio il silenzio, ma anche la sua “voce narrante” sul jazz ha oltremodo importanza. Non vada via del tutto.
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