Eccoci come da tradizione a tirare le fila del 2023, anno che ha visto una sempre crescente produzione discografica, a dispetto del continuo calo di vendite, fatto che mette in grossa difficoltà chiunque tenti di sintetizzare il meglio delle proposte.
Difficile, anzi impossibile, ascoltare tutto, troppo vasta l’offerta per poterla conciliare con il proprio tempo, e credo che valga perfino per chi di professione fa il critico o il giornalista musicale.
Pertanto, messe le mani avanti, ecco a mio insindacabile giudizio, il meglio di quanto ho ascoltato nel corso dell’ anno. I nomi non sono in ordine di preferenza, mi limito a citare quegli album e quei musicisti che, in modi e tempi differenti, hanno toccato le mie corde e suscitato le mie emozioni. Mi sono allargato molto rispetto alle sintesi degli scorsi anni, nonostante ciò ho lasciato fuori dall’elenco nomi assolutamente meritevoli (Matana Roberts, Lakecia Benjamin, ecc.) per meri motivi di spazio.
Ultima premessa: fatte le regole, subito le infrango. I miei 10 album dell’ anno sono…dodici + due italiani.
The Necks – Travel
Il trio australiano, attivo da più di trent’anni, continua ad esplorare un territorio poco battuto, tra microvariazioni tonali e armoniche, al confine tra jazz e minimalismo. Questa volta l ‘album non presenta uno, massimo due, lunghi brani, come invece è loro consuetudine, ma ben quattro composizioni di durata media.
Brotzmann/ Bekkas/ Drake – Catching Ghost
Il sassofonista tedesco è scomparso da pochi mesi, e questo album era da poco uscito per l’ etichetta tedesca ACT. Interamente registrato dal vivo, mostra un avvincente incontro tra il furibondo sassofono del leader ed il guembri di Majid Bekkas, entrambi sospinti dalle implacabili bacchette di Hamid Drake.
Exploding Star Orchestra – Lightning Dreamers
Si tratta di una delle più eccitanti formazioni che oggi è possibile ascoltare, anche se dal vivo la formazione è in continuo divenire rispetto all’ album. Ma questo Lightning Dreamers ha un grosso difetto: dura solamente una quarantina di minuti….
Sylvie Courvoisier – Chimaera
Per me l’ album più sorprendente e spiazzante del 2023. Accostare Wadada Leo Smith a Christian Fennesz, entro le partiture scritte dalla pianista svizzera, si rivela una scommessa tanto imprevedibile quanto felicemente riuscita.
Kurt Rosenwinkel/ Geri Allen – A lovesome thing
Rimasti nel cassetto per undici anni, finalmente questi nastri vedono la luce e riempiono di bellezza l’ascoltatore, lasciando il rimpianto di quello che avrebbe potuto diventare questa collaborazione, e che invece, la morte prematura di Geri Allen ha troncato.
James Brandon Lewis – Eye of I
L’album mette in mostra l’immediatezza e la gamma dell’immaginazione musicale di Lewis nella composizione, nell’improvvisazione e nella comunicazione. Ennesima prova convincente, doppiata in corso d’anno dall’altro bellissimo disco For Mahalia, with love
John Zorn New Masada Quartet – Vol: 2
L’iperproduzione discografica di Zorn non sempre riluce per messa a fuoco e novità, ma con il nuovo Masada tutto si ricompone in una dimensione di straordinario feeling
Art Ensemble of Chicago – The sixth decade: From Paris to Paris
I tre quinti della formazione originale ormai non ci sono più, e tenere alto il nome e il prestigio della band chicagoana non è sempre facile, ma in questo doppio album registrato live durante il festival Sons d’hiver nel febbraio del 2020, il gruppo risponde alla grande alle sollecitazioni dei due membri originari, Roscoe Mitchell e Don Moye. La nuova linfa, ricca di notevoli nomi dell’area di Chicago, entra perfettamente nel delicato meccanismo, e, anche se ovviamente non è più l’Art Ensemble che abbiamo amato profondamente, la musica suona fresca e originale.

Jaimie Branch – Fly or Die
La Branch è scomparsa a 39 anni lo scorso anno, mentre lavorava a questo album, terza uscita a suo nome con il quartetto Fly Or Die: il percussionista Chad Taylor, il bassista acustico Jason Ajemian e il violoncellista-flautista-tastierista Lester St Louis. Qui si ascolta una musica cangiante, carezzevole e azzannante, quieta e squarciante. “Tutto sembra rotto, paralizzante o simbolico, ti chiedi perché il mondo scivola via, bruciando grigio”, canta Branch, “Credimi, il futuro vive dentro di noi, non dimenticare di combattere, non dimenticare la lotta, non dimenticare Non dimenticare, non dimenticare!”
Zoh Amba/Chris Corsano/Bill Orcutt – The flower school
Zoh Amba è sicuramente il nome nuovo per eccellenza, unitamente a Lakecia Benjamin, che proviene dall’altro lato dell’oceano Atlantico. La sua produzione discografica è ancora minima, ma questo trio inusuale la vede come sempre grande protagonista. Nel suo timbro impossibile non sentire l’eredità di Albert Ayler, anche se il New York Times trova altre affinità: “Less billowy than Charles Gayle, not as wild as Gato Barbieri, slower footed than David Murray, her playing contains elements from each of these avant-garde saxophonists. “

Henry Threadgill – The other one
Threadgill è da ormai mezzo secolo protagonista eccellente in tutte le diverse combinazioni e assemblaggi che si sono succeduti nella sua carriera. Nell’ultima parte del suo percorso è approdato ad un jazz da camera del tutto inusuale e spiazzante, ma di valore assoluto, forse in anticipo sui tempi per essere compreso fino in fondo.

Irreversible Entaglements – Protect your light
Quarto album della formazione statunitense, esce marchiato Impulse!, e in appena otto anni di attività Irreversible Entanglement è divenuta una delle forze trainanti producendo «musica che onora e sfida la tradizione, parlando al presente e insistendo sul futuro», scrive nelle note di copertina lo storico afroamericano Thomas Stanley.
E i jazzisti italiani? Essendomi dilungato sul panorama internazionale sarò coinciso, segnalando due album, a mio parere in tutto e per tutto dello stesso livello di quelli sopra, all’attenzione di chi mi legge:
Claudio Fasoli – Ambush
Ogni album di Fasoli finisce inevitabilmente nelle classifiche di fine anno. E’ cosi’ anche per Ambush, raffinato nuovo quartetto che esplora territori nuovi con la consapevolezza della piena maturità espressiva e compositiva.
Ferdinando Romano – Invisible painters
Un nome relativamente nuovo nel panorama nazionale, che mette nel carniere un album pieno di stimoli e di idee nuove. Una vera rarità, musicista da seguire con grande attenzione.
