Roberto Ottaviano Eternal Love – “People”

Sarebbe bello trovare il modo di scavalcare i confini della cerchia di chi già conosce ed apprezza la musica di Eternal Love, accendendo anche l’attenzione di coloro che, trovandosi magari lontani dalle latitudini del jazz contemporaneo, siano comunque sensibili ai numerosi spunti presenti e predisposti ad una stimolante scoperta. Sfida per chi scrive, naturalmente, a fronte della immutata coerenza stilistica del quintetto, il cui leader è stavolta propenso a svelare qualche motivo ispiratore della ragione sociale e del suo agire.

«Molti hanno pensato che la mia idea di Eternal Love sia una sorta di ode all’amore in senso assoluto ed al senso di pace e non violenza, oltre che riconoscenza eterna verso qualcuno e qualcosa. Non è proprio così. Almeno, non solo», racconta Roberto Ottaviano. «Nella vita ci sono cose ineluttabili che incontriamo e che ci costringono ad agire, non solo ad osservare. Rispettare sé stessi, battersi, cercare, ascoltare, disinnescare ma anche denunciare. Ed ecco che bisogna sempre intendersi sulla parola amore, che può anche voler dire non porgere sempre l’altra guancia. L’umanità è un microcosmo nel cosmo ed agisce in modo inaspettato così come prevedibile, con dei voli pindarici di bellezza e continui tuffi negli abissi più orribili, rinnegando sé stessa e quindi trasformandosi in qualcosa di disumano. Ho voluto raccogliere qui una serie di momenti “live” della band che mi sembra il momento in cui noi tutti diamo il meglio nella combustione che si crea con il pubblico, e chiamarla People proprio nel tentativo di disegnare dei ritratti di questa umanità fatta di persone incontrate realmente e virtualmente, persone che ci hanno dato qualcosa, i loro luoghi ed i loro respiri».

Si può forse candidare proprio questo “People“, undicesimo lavoro di una collaborazione più che decennale fra Ottaviano e l’etichetta salentina Dodicilune, per la ricchezza, accessibilità e varietà di contenuti, per il ruolo di testimone della creazione di musica nata su diversi palchi tra Italia, Svezia, Slovenia, Svizzera e Finlandia negli ultimi due anni, ed infine per la sua impaginazione che riporta otto brani in forma di dedica/omaggio a diverse fonti di ispirazione non solo musicali, al risultato enunciato sopra.

Il repertorio, racchiuso in un’ enigmatica quanto affascinante copertina (guardate da vicino, si tratta di impronte digitali), propone cinque composizioni originali (Mong’s Speakin’, Hariprasad, Callas, Niki e Ohnedaruth), “Wheel Well” di Nikos Kypourgos, “Gare Guillemans” di Misha Mengelberg e Caminho Das Águas di Rodrigo Manhero nelle quali l’originale assetto strumentale risulta perfettamente integrato e rispondente ad una strategia collettiva nella quale ogni singolo componente risulta essenziale.

Il brano iniziale del compositore greco, tratto dal film “The Cistern” di Hristos Dimas, una storia di formazione sullo sfondo del periodo di dittatura militare in Grecia, ha un andamento solenne, circolare, ed è una sorta di ideale veicolo di presentazione del quintetto diretto da Ottaviano con Marco Colonna (clarinetto basso), Alexander Hawkins (piano), Giovanni Maier (contrabbasso) e Zeno De Rossi (batteria). Segue uno dei momenti più giocosi e danzanti del disco, ” Mong’s Speakin’” dedica al grande trombettista africano Mongezi Fesa, con la seducente melodia costruita di frasi ad incastro, mentre “Hariprasad” , dedicata al flautista Hariprasad Chaurasia richiama echi della musica popolare indiana, con i fiati accoppiati sull’ipnotico groove del contrabbasso ben in evidenza fin dalle battute iniziali.

Callas” un ritratto che vuole rappresentare tormenti ed estasi della celebre diva, è il momento più astratto, con una lunga introduzione del pianoforte e lo sviluppo successivo che alterna frasi angolari dei due fiati immerse nell’ informale clima creato dalla sezione ritmica.

In “Niki” metafora della velocità dedicata a Niki Lauda ed articolata su una pulsazione ritmica dinamica ed incessante, il clarinetto ed il soprano si susseguono nei soli fino all’ingresso di un pianoforte che sparge scie di note fino al tema declamato collettivamente nel finale.

Gare Guillemans” del compositore e pianista olandese Misha Mengelberg ispirato ad una vecchia stazione ferroviaria belga, mescola il blues di New Orleans con una vena teatrale accentuata dal crooning alcolico ed allo yodel di Ottaviano .

Il clima si fa incandescente in “Ohnedaruth” il nome sanscrito adottato da Coltrane che significa “compassionevole”. «Mi piace pensare che in questo pezzo abbiamo guardato a Trane attraverso lo spirito del quartetto di Elton Dean con Keith Tippett, Harry Miller e Louis Moholo, la loro forza la loro energia che non mi abbandonerà mai», spiega ancora Ottaviano nelle note di copertina, e la musica, introdotta da un solo della batteria, fotografa con grande nitidezza le fonti di ispirazione, con il tema febbrile ed una ruggente chase fra i fiati prima del solo di contrabbasso che conserva e riassume la carica dinamica del brano.

Chiude in levità e lirismo, ma con un amazzonico ritmo saltellante, ed un bellissimo, trascinante tema corale “Caminho das aguas” sul quale lasciamo ancora la parola finale ad Ottaviano :«Potrebbe sembrare strano che un gruppo come questo, inserisca un brano così dolce e danzante nel suo repertorio, tuttavia io credo fermamente nel fatto che bisogna suonare quel che c’è nel cuore, senza farsi condizionare da luoghi comuni».

“People”: musica davvero per il popolo.

Eternal Love in concerto al Torino Jazz Festival nell’aprile 2023

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