Jazz al Lingotto: il festival di Torino

Roscoe Mitchell e John Zorn, basterebbero questi due nomi per turbare il sonno di molti pavidi direttori artistici nostrani, preoccupati più del teatro da riempire che dello spessore artistico delle loro proposte. 

La giornata di ieri a Torino ha dimostrato invece che è possibile fare un sold out con nomi che non accarezzano né compiacciono ma stimolano e aggrediscono, niente musica per aperitivi ma cibo per la mente e lo spirito.

E se la fascinazione per il torrenziale e iperprolifico Zorn era prevedibile, la risposta di pubblico per la leggenda del jazz chicagoano Roscoe Mitchell non era affatto scontata, così come la sua proposta musicale, rigorosa e per nulla incline al facile ascolto.

L’ abbraccio tra Zorn e Mitchell, foto Claudio Merlo

Il sassofonista, giunto all’ età di 84 anni, si presenta sul palco della Sala 500 con un sassofono contrabbasso, un alto e un set di piccole percussioni, ben assistito e pungolato dalla fantasia impressionista di Michele Rabbia alla batteria e a innumerevoli strumenti. Ne esce un set intenso e teso, con Mitchell impegnato prevalentemente al sassofono contrabbasso, con mirabile perizia e ancora una impressionante capacità nel respiro circolare sullo strumento. Al termine Mitchell è apparso visibilmente commosso dal roboante tributo di applausi dalla sala intera,  ma lui rappresenta un pezzo di storia della nostra musica da almeno sessant’anni, mai sceso a compromessi e sempre lucido nella direzione, e il pubblico in piedi ne era perfettamente consapevole.

New Masada, Zorn, Wollesen, Roeder, Lage

La serata propone il New Masada quartet di Zorn, una rinnovata ma sempre stimolante versione di un intreccio di musiche che dal free jazz spaziano ad atmosfere e timbri medio orientali. Raccontato così sembrerebbe semplice, ma i continui stop and go, le collettive accelerazioni pazzesche e il senso del blues che innerva la chitarra di Julian Lage vanno a comporre un quadro sempre cangiante, in perenne divenire, sotto la ferrea direzione di un Zorn quanto mai ispirato. La sezione ritmica formata da Kenny Wollesen alla batteria e Jorge Roeder al contrabbasso è formidabile per potenza, duttilità e timing, sopra questo martellante tappeto il sax e la chitarra imperversano con scorribande a velocità supersonica. Un pieno di energia che coinvolge e stravolge, l’ Auditorium esplode in un uragano di applausi ma dopo un ora i quattro staccano e lasciano un pubblico in delirio.

Foto Fabio Miglio

Grande giornata di musica. Ma allora è possibile riempire un teatro anche facendo a meno dei soliti noti? Parrebbe di si, coraggio direttori artistici!

Foto di copertina di Fabio Miglio

2 Comments

  1. concordo. Due concerti memorabili! Zorn ispiratissimo con il New Masada. Bella la foto dell’abbraccio tra i due giganti che a quanto pare non si erano mai incontrati di persona. Molto belli e interessanti i tre film di Almaric su Zorn e il film di Maresco “Steve e il Duca” con delle immagini e riprese di Steve Lacy commoventi..I miei complimenti agli organizzatori del festival.

    Giuseppe

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