Antonio Faraò- “Tributes” (Criss Cross)

Mi piace suonare in un modo diretto, ma nello stesso tempo aperto, “fuori dagli steccati”. Suonare in questo modo mi fa sentire libero e questa sezione ritmica sa come gestire questa dimensione. Quando suono non penso a nulla, cerco solo di seguire la linea: se inizi a pensare , è facile commettere un errore, Bisogna suonare in modo naturale. Quando compongo, la mia ispirazione viene dal passaro, qando ero un adolescente.E’raro che sia ispirato dal futuro.” Un collage di pensieri sulla propria arte accompagna il nuovo lavoro del pianista Antonio Faraò, un musicista dalla carriera ormai lunga e fitta di autorevoli collaborazioni, solitamente citato come paradosso di un talento italiano più conosciuto ed apprezzato all’estero, dove usualmente compare nei cartelloni dei maggiori festival francesi , svizzeri o tedeschi.

Il nuovo album dal titolo “Tributes”, il primo di Faraò pubblicato dalla prestigiosa etichetta Criss Cross, lo vede al fianco di due giganti della scena jazz attuale, il bassista John Patitucci ed il batterista Jeff Ballard, per un lavoro che la presentazione accomuna, per attitudine musicale, a tre passati dischi (Black Inside, Thorn , Next Stories) registrati fra il 1998 ed il 2001 per l’etichetta Enja con nomi quali Ira Coleman e Jeff Watts, Drew Gress e Jack deJohnette ( e Chris Potter) , e Ed Howard e Gene Jackson. Il progetto, curato da un paio d’anni, nasce con lo scopo di omaggiare una serie di personalità musicali e di luoghi geografici portatori di emozioni umane e musicali: fra i primi Michel Petrucciani e Didier Lockwood e fra i secondi la città corsa di Calvi, sede di uno storico festival jazz molto amato e frequentato dal pianista francese, che lì conobbe il collega italiano. Ma le dieci tracce seminano altri indizi di questi tributi, a Chick Corea, Wayne Shorter, Cole Porter ed altri meno espliciti. Il disco fin dalla prima omonima traccia ha un impatto molto diretto e live, con esibizioni coinvolgenti e tiratissime, al termine delle quali viene naturale aspettarsi l’applauso liberatorio del pubblico.

D’altronde lo stile di Faraò è avvolgente, pirotecnico, estroverso veicolo per esibizioni cariche di velocità e pathos, da vivere quasi con il fiato sospeso: in questa vena “Tributes” offre diversi esempi di assoluto livello, dalla successiva “Right one“, in cui convivono l’eleganza del tema e la spontaneità delle sezioni in solo di Faraò e Patitucci, alla frenesia ritmica di “Shock“, dove a tratti il pianoforte sembra sdoppiarsi, trovando una pausa nell’assolo di Ballard, da una “M.T.” che per clima e tensione parrebbe alludere ad un altro degli ispiratori di Faraò , McCoy Tyner, alla conclusiva rilettura di “Matrix ” di Chick Corea (da “Now he sings now he sobs“) esercizio di controllo e dinamica che diventa quasi un encore con spazi per gli assoli di tutti. Ma il pianoforte di Faraò sfodera anche registri diversi: quando modella il tema di una “I Love you” di Cole Porter, poi dinamicamente sviluppata in una ampia digressione swingante, o quando sgrana le note raffinate di “Tender“, uno dei brani che colpiscono al primo ascolto, con la sensibilità dei migliori balladeurs, aprendo poi il finale ad uno di quei momenti “aperti” cui accennava nelle parole iniziali. Oppure quando affronta in solitaria il disegno impressionista di “Sirian children”. Ascolto attento meritano anche i due brani più esplicitamente votati al tributo: “Song for Shorter” sviluppa un impianto minimale del pianoforte intorno ad una solida intelaiatura blues del contrabbasso di Patitucci, a lungo partner del sassofonista di Newark, mentre “Memories of Calvi“, con la sua sottile vena latin richiama la solarità ed il sorriso di Michael Petrucciani. Superfluo sottolineare l’usuale maiuscolo contributo di Patitucci e Ballard quali fucine di idee e spunti individuali che il trio assorbe e rilancia nella prospettiva del dialogo. Questa estate sarà particolarmente calda per Faraò, impegnato con varie formazioni in diverse date in Italia ed altri paesi europei : non perdetelo se vi passa vicino.

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