Passato e futuro si incociano nel presente dei Fearless Five, nuova ed ennesima avventura musicale firmata Enrico Rava. Nel cd omonimo (Parco della musica records) e soprattutto nei coinvolgenti live che stanno occupando i palchi italiani in questi giorni, ritornano alcuni episodi della lunga ed autorevole carriera di Rava, scelti con oculatezza ed un gusto ricercato per alcuni angoli meno frequentati, torna il trombone, assente dai gruppi di Rava più o meno da un decennio, dalle collaborazioni con Petrella ed Ottolini, e torna la voglia di un confronto con lo strumento più arduo, quello che richiede pratica quotidiana e “labbro” allenato: la tromba.
L’orizzonte futuro è rappresentato dalle ennesime giovani scoperte, la batterista (e cantante ) Evita Polidoro, ed il trombonista Matteo Paggi, due musicisti ” di confine” fra il jazz ed altri mondi sonori come il rock e la classica , in grado di apportare contributi personali all’interpretazione del materiale in programma. Così come guarda avanti la voce della chitarra di Francesco Diodati, che insieme a Francesco Ponticelli rappresenta la conitnuità con la storia recente dei gruppi di Rava: le note elettroniche, gli sfondi ambientali, i rumori,i fraseggi e le frammentazioni prodotti dal suo strumento sono la declinazione attuale e prospettica di un modo di intendere la libertà creativa che è familiare a chi segue da tempo il più conosciuto jazzista italiano in attività, che così sintetizza il progetto;
“Con questo gruppo mi sento come su un’isola ideale, dove ognuno dà e ognuno ricevere quello di cui ha bisogno. C’è grandissima libertà ma rispetto reciproco, ognuno è in ascolto dell’altro, come in una democrazia perfetta che solo il jazz può rappresentare. I musicisti hanno tutti questa grande capacità, quasi telepatica, di ascoltare e interagire agli input. Ma ci vuole anche coraggio per stare su quest’isola. Circondata a volte da un mare minaccioso, a volte meno, visti i tempi così difficili che stiamo vivendo, rimane pur sempre la mia isola ideale dove amo vivere e suonare.”
Si parte proprio dal feedback di Diodati in “Lavori casalinghi” per trovare subito dopo la tromba con la quale nasce un dialogo sempre più incandescente, fino al tema, immaginifico e tipico della malinconica poesia di Rava che introduce un ampio dialogo improvvisato fra le iperboli del trombone, le sfrangiate note della tromba e la chitarra. Un esordio che sintetizza bene il sistema circolatorio dei Fearless Five, in serie con il classico “The Trail” (dall’avventura francese su Label Bleu “Rava Noir“), qui animato da una frizzante vena funky e latina nella quale il trombone di Paggi sembra in completa sintonia, e con un reperto da un vecchio disco Gala “Animals” registrato nel 1987 in quartetto com Beggio, Mancinelli e Di Castri, “Spider Blues“, qui in forma eccellente grazie al composito tappeto ritmico fornito da Polidoro e Ponticelli, alle digressioni psycho blues di Diodati ed ai cambi di rotta gestiti dalla tromba del leader in un percorso dalla quiete ad una bollente jam session.
Ma non finisce qui. C’è da dire dell’omaggio collettivo convulso e febbrile al free e ad uno dei suoi maggiori esponenti di “Cornettology” e della sua appendice, la corsa a perdifiato di “Infant“. Ci sono i brevi frammenti dedicati alla melodia come “Lady Orlando“, “Fragile” e la mia preferita, “Bell flower“, esempi della immutata capacità di chiamare, con il soffio di quello strumento, a raccolta i sentimenti .
Da “Rava Noir” arriva anche una “Amnesia”, dalle atmosfere estatiche e stranianti, accentuate dall’eterea vocalità di Evita Polidoro che qui sostituisce la tromba sordinata dell’originale.
Si chiude con il ritorno a casa in due minuti de “Le solite cose” ormai quasi una sigla per Enrico Rava, introdotta dai due fiati e poi ampliata a tutti i cinque senza paura.
I quali troverete in concerto il 14 luglio a Pisa (Jazz Rebirth) , il 19 luglio a Perugia per Umbria Jazz, il 1 agosto a Sogliano (LE) per il Locomotive Jazz Festival e il 7 settembre all’Open Jazz di Ivrea.
