“One For All” e tutti per uno…

ONE FOR ALL – Featuring George Coleman “Big George” Smoke Sessions – Supporti disponibili: CD / LP

Son già passati 25 anni dai primi vagiti degli “One For All”, intrepidi moschettieri dell’hard-bop newyorkese che han fatto proprio il motto di Dumas e che hanno già all’attivo ben 17 album distribuiti tra Sharp Nine, Cris Cross ed ora Smoke Sessions. Il sestetto questa volta si è riunito per un disco che vede la presenza in studio di un riverito maestro del sax, ovvero mr. George Coleman, classe 1935!, che affianca il suo tenore a quello di Eric Alexander, probabilmente il sassofonista bianco tecnicamente più dotato tra quelli in circolazione, e di certo il più influenzato nello stile rotondo e sofisticato dallo stesso Coleman come si apprezza in “Chainshaw”, brano di Alexander in cui fa il suo ingresso Big George, ottimamente sostenuto dalle linee pianistiche di Dave Hazeltine anche nella successiva “This I Dig Of You” di Hank Mobley che parte in modo intimistico prima di rivelarsi un medium tempo scoppiettante squisitamente hard-bop, nella vena Jazz Messengers, molto frequentata a questi lidi.

La line-up degli One For All garantisce l’originalità del suo suono tramite il brillante impasto della line-up di fiati, che non disdegnano unisoni e contrappunti di millimetrica bellezza. Il repertorio è suddiviso in modo assai democratico, ciascuno pesca dalla propria faretra le composizioni migliori, come l’impeccabile Jim Rotondi, uno dei soci fondatori degli One For All che qui firma “Oscar Winner” dedicata a Oscar Peterson. (Nessuno avrebbe mai immaginato che a Luglio avremmo salutato definitivamente questo fantastico trombettista, appena 61enne, stroncato da un improvviso infarto che ha sollevato il cordoglio di tutto il mondo jazzistico, compreso quello italiano che frequentava spesso, soprattutto nel circuito dei migliori club e festivals. )

R.I.P.. Jim Rontondi, un vero jazzman, una discografia piuttosto ampia, da riascoltare o recuperare, un lascito notevole.

Tornando a questa incisione segnaliamo come anche il trombonista Steve Davis metta in luce le proprie abilità compositive dipingendo l’intensa “Cove Island Breeze” , scritta durante momenti di solitudine in periodo pandemico, per poi staccare con maestria la ballad “The Nearness of You” (brano del ’38 di Hoagy Carmichael) , spazzole innestate da Joe Farnsworth e deliziosa souplesse melodica nei soli di Rotondi ed Alexander con il metronomo che segna un tempo al ralenty d’attentato alle coronarie, prima della reprise del trombone.

Quanto a George Coleman, che dire. Di questo straordinario sassofonista si ricorda solitamente il suo periodo con Miles Davis a metà degli anni ’60, finito “schiacciato” tra altri sassofonisti come John Coltrane che lo precedette nel quintetto storico di Miles e di Sam Rivers e poi Wayne Shorter che ne presero il posto. Va considerata comunque la sua carriera nell’insieme, tenendo conto delle gig da giovanissimo con Ray Charles e poi con B.B. King, gli ingaggi e le incisioni con Max Roach, Gene Ammons, Herbie Hancock, Slide Hampton. Lee Morgan, Mingus, Chet Baker, Ahmad Jamal, Betty Carter, gli Eastern Rebellion di Cedar Walton ecc. mettendo la sua firma su una messe di lavori che formano una sorta di spina dorsale alla storia del jazz moderno. Alcuni anni fa aveva annunciato una sorta di pre-ritiro, ma poi come si fa, gli amici, i promoter, i fans, le spese mediche da pagare, insomma riecco qui “The Quiet Giant” ad 89 anni compiuti, con il suo sax in mano, tremolante ma pronto per un ultimo blues, eccolo imboccare l’evansiana “My Foolish Heart” in modo commovente, sfoggiando il suo tono ampio, la sua voce screziata che sottende un senso del racconto musicale esemplare…

L’iconica presenza di Big George, ovviamente amato e coccolato da tutti, oltre che praticamente di casa allo Smoke, pare dare uno smalto diverso dal solito all’intera session, stimola alla grande la band in cui brilla la ritmica di Webber – Farnsworth, impegnata a sostenere e rilanciare roventi improvvisazioni assai ispirate della front-line. Tutti questi elementi rendono questo un disco importante, oltre che molto godibile, vibrante di un groove compatto che arriva da lontano e che sa offrire pure perle jazz nelle pieghe di ogni brano.

(Courtesy of AudioReview)

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