Lontano dalle facili oleografie latine o da qualsiasi moda del momento, il cd di Mauro Ottolini “Nada Màs Fuerte” (Azzurra music) va collocato, propriamente, nella casella della musica colta. Lo sostengo considerando, da un lato, l’alto profilo delle compositrici ed interpreti dal cui repertorio qui si attinge – Maria Graves,messicana nata nel 1894, la costaricana Chavela Vargas, la regina del fado Amalia Rodriguez, Victoria Eugenia Santa Cruz Gamarra, compositrice afro-peruviana nata nel 1922 , le cubane Maria Teresa Vera e Celia Cruz o la libanese Fairouz , e dall’altro, di fronte alle raffinate scelte esecutive e di arrangiamento opera del musicista emiliano, che ha coinvolto, oltre ad un manipolo di fedeli compagni d’avventure musicali ed alcuni maestri degli arrangiamenti orchestrali quali Marcello Faneschi e Stefano Zavattoni, anche l’ensemble d’archi dell’Orchestra Filarmonica Italiana. Il disco è una faccenda del cuore per Ottolini, che nel corso degli anni ha “messo da parte” un patrimonio di canzoni preferite, quasi tutte scritte o interpretate da donne, coronando, con questo disco, il sogno di registrarle con una veste per metà filologica e rispettosa degli originali, e per l’altra aperta alle variazioni ed improvvisazioni cui tende la sua anima di jazzista. Il risultato di questa scelta , assicurato da una formazione ibrida che comprende oltre al suo trombone, la voce della straordinaria Vanessa Tagliabue Yorke alle prese con il canto in portoghese, francese, inglese, italiano e libanese, una chitarra (Marco Bianchi), la fisarmonica(Thomas Sinigaglia) il contrabbasso (Giulio Corini) e le percussioni (il compianto Paolo Mappa e Valerio Galla), un’intera orchestra d’archi con violini (Cesare Carretta, Francesco Bonacini, Costanza Scanavini, Tommaso Belli, Silvia Maffeis, Giuliana Santi, Andrea Marras, Lorenzo Gugole, Cosimo Mannaro), viole (Monica Vatrini, Erica Mason , Francoise Renard) e violoncelli (Nicolò Nigrelli e Alessandro Bruti), è un’opera emozionante e divertente al tempo stesso. Interpellano il sentire più profondo brani come l’iniziale “Alma mia” o “Luz de luna“, posta quasi alla fine, che coniugano perfezione formale e marcata espressività, il fado solo strumentale “Fatum“, dalla struggente vena melodica puntellata da un vivace finale in crescendo, o la splendida rilettura di “The wedding” di Abdullah Ibrahim, affidata al canto del trombone ed ai tasti della fisarmonica che riescono qui a creare vere immagini sonore,
Si danza invece (volendo) con mente leggera per le vie di Cuba di una “La conga se va“, e di una “Y tu que has hecho” che mette in risalto la versatilità dei registri espressivi della Yorke, si vola da qualche parte in Messico con il brano originale “La reina de las conchas”, nel quale Ottolini sfoggia le famose conchiglie, e con la conclusiva “Callajon de un solo cano“, ravvivata da una piccante sezione fiati e dalle diavolerie percussive di Vincenzo Vasi.
Ci sono poi due omaggi autografi di Ottolini ad Edith Piaf e alla poetessa Ada Merini, una canzone melodica da manuale che potrebbe uscire da un film di Almodovar ( “Mi segundo amor“) , l’ intensa interpretazione di “Allah Kbir“, brano reso celebre dalla cantante araba Fairouz, ed una assolta escursione nel blues desertico (con orchestra) di “Libertacao” .
Undici brani dai quali traspare l’amore e la dedizione ad una musica antica che ha ancora molto da trasmettere, a patto che vi si accosti senza pregiudizi, predisposti a sorridere o piangere, seguendo le tracce del trombone di Otto.
