Rosario Moreno: qualità, capacità di fare rete e rapporto con il territorio le carte vincenti di un festival.

Nostra intervista al Presidente dellAssociazione Italia Jazz CLub e Direttore del Festival Chiavari in jazz, che ha festeggiato il decennale con un’edizione di grande successo.

Inizia l’autunno ed è anche il tempo dei primi bilanci sulle estati jazz appena trascorse. In Liguria dal capoluogo il bollettino risulta estremamente stringato: complici riduzioni dei budgets ed altre vicende non musicali, il panorama del jazz 2024 a Genova si è ridotto ai due concerti “di confine” organizzati da Gezmataz con Ana Carla Maza e Lionel Loueke e Gretchen Parlato ad inizio Luglio, preceduti da alcuni piccoli happenings, più quello del trio di Dado Moroni con Joe La Barbera ed Eddie Gomez, ospite Paolo Fresu, nell’ambito del Festival dei Parchi di Nervi. Tutto qui, ed è un po’ poco se si considerano i nomi e gli eventi consegnati agli annali della storia musicale cittadina. Molto meglio hanno fatto le cittadine di riviera, che spesso hanno percepito come il jazz possa rappresentare occasione di arricchimento dei cartelloni culturali rivolti agli ospiti, oltrechè ai residenti, e su questa linea hanno incrementato gli sforzi e gli investimenti. La riviera di ponente a Bordighera, Cervo, Albenga, Laigueglia ha ospitato concerti, fra gli altri, di Hamid Drake con Pasquale Mirra, Amaro Freitas, Fabrizio Bosso, Scott Hamilton, Fulvio Sigurtà e Stefano Onorati. Quella di Levante ha visto conferme nel Festival di Valle Christi a Rapallo con Harry Allen e Andrea Pozza, il pianista turco Hakan Basar, Danilo Rea, importanti progressi di piccole realtà come Ombre di Jazz a Bogliasco, ed una partecipazione davvero di massa al Festival Chiavari in jazz, giunto al decimo anno, che portava in cartellone Matteo Prefumo con Seamus Blake, il gruppo latin di Fabrizio Bosso e Javier Girotto, il trio di giovani virtuosi Blewitt, Gegè Telesforo Big Mama Legacy e lo Swing 10 tet di Nico Gori.
Il tema dei festival jazz o presunti tali è uno di quelli più dibattuti su traccedijazz, con una varietà di posizioni che riflette sensibilità ed orientamenti dei diversi redattori: il cartellone di Chiavari, nell’ evidente eterogeneità di proposte e conseguente impossibilità di accontentare i gusti di tutti gli appassionati, rappresenta, però, un esempio di equilibrio e attinenza ai caratteri del jazz che ha premiato le scelte degli organizzatori. A Chiavari poi, ha residenza Enrico Rava, e la cosa crediamo non sia del tutto indifferente.
Abbiamo colto l’occasione, quindi, per fare due chiacchere con Rosario Moreno, Direttore Artistico della rassegna, il quale ricopre anche il ruolo di Presidente dell’Associazione italia Jazz Club, oltre a svolgere l’attività di promoter nel settore, per capire meglio la formula della propria creatura ed avere un suo punto di vista su altri temi che ci stanno a cuore.

Rosario Moreno,con il pianista Hakan Basar

TDJ . Quali sono gli elementi che fanno “funzionare” Chiavari in jazz?
RM – “Chiavari in Jazz si fonda su tre pilastri principali: qualità artistica, accessibilità e connessione con il territorio. Quando elaboriamo il cartellone, cerchiamo di proporre artisti di alto livello, ma anche di dare spazio a giovani talenti, perché in Italia abbiamo una scena jazz ricca e variegata, e molti musicisti meno conosciuti meritano visibilità. Credo che questo equilibrio tra nomi affermati e nuove voci sia uno degli elementi chiave che ci ha permesso di raggiungere un pubblico sempre più ampio e, soprattutto, di fidelizzarlo nel tempo. La diversità stilistica che il jazz offre è un altro punto cruciale: non ci limitiamo a un solo sottogenere, ma abbracciamo tutta la gamma espressiva del jazz, dal mainstream al contemporaneo, passando per le contaminazioni con altre tradizioni musicali. Questo ci consente di parlare a un pubblico eterogeneo, che comprende tanto gli appassionati di lunga data quanto i neofiti che si avvicinano per la prima volta a questo mondo. Infine, la connessione con il territorio è cruciale. Chiavari è una cittadina che ha saputo fare del jazz un elemento centrale della sua offerta culturale, e questo è stato possibile grazie a una stretta collaborazione con l’amministrazione locale. . Chiavari in Jazz non è solo una serie di concerti: è diventato un momento di aggregazione per la città e i suoi visitatori, un’occasione per vivere la musica all’interno di un contesto più ampio che celebra la cultura, il territorio e l’arte in tutte le sue forme.”

Negli scatti di Roberto Cifarelli i concerti dell’edizione 2024 del Festival: Matteo Prefumo e Seamus Blake


Tdj – Il festival si svolge in estate, stagione in cui Chiavari ospita molti turisti e prevede l’ingresso gratuito. Sono aspetti che possono agevolare la partecipazione, ma anche determinare una certa dispersione di chi segue per passione il jazz. Come riuscite a contemperare questa apparente contraddizione?
RM “È vero, la gratuità può attrarre un pubblico meno esperto o occasionale, ma questo, per fortuna, è un fenomeno marginale nel caso di Chiavari in Jazz. L’ingresso gratuito, infatti, non è solo una scelta strategica per favorire l’accesso, ma anche un’opportunità culturale: il jazz ha la capacità di conquistare un pubblico molto variegato, a condizione che ci sia la possibilità di ascoltarlo in contesti che facilitino l’esperienza. Quando si pensa al jazz, spesso si immagina una musica complessa, per pochi iniziati, ma in realtà, è una musica che può parlare a tutti, perché nasce dalla strada, dall’improvvisazione e dalla capacità di raccontare emozioni universali. L’obiettivo del festival è proprio quello di creare queste occasioni di scoperta, dove un ascoltatore casuale può diventare un nuovo appassionato. Abbiamo un pubblico estremamente variegato: ci sono i turisti, che potrebbero essere attratti più dal contesto dell’evento che dalla musica in sé, ma ci sono, e sono la maggioranza, anche gli appassionati di jazz che pianificano la loro estate intorno al nostro cartellone. Per noi è fondamentale trovare un equilibrio nella programmazione, affinché ogni concerto possa essere goduto sia da chi si avvicina per la prima volta a questo genere musicale, sia da chi conosce profondamente il jazz e cerca esperienze di qualità. Per farlo, lavoriamo su diversi livelli: artisti di fama internazionale, proposte innovative e sperimentali, giovani talenti, e tutto questo senza mai rinunciare alla qualità. La varietà stilistica permette al festival di parlare a diversi tipi di pubblico senza perdere la sua identità jazzistica. Inoltre, un altro aspetto importante è che i concerti di Chiavari in Jazz non sono pensati come eventi isolati, ma come esperienze integrate con la città. La scelta delle location all’aperto, in piazze storiche o in altri spazi cittadini, crea un legame unico tra il festival e Chiavari. La città diventa parte integrante dell’esperienza musicale, offrendo a tutti i partecipanti, dai residenti ai visitatori, la possibilità di vivere il jazz in un contesto che stimola la socialità e il piacere della condivisione. Questo crea un’atmosfera diversa da quella di un concerto a pagamento in una sala chiusa: il jazz si diffonde nell’aria, entra in dialogo con gli spazi urbani, diventando parte del paesaggio estivo della città.
La partecipazione turistica, inoltre, è un valore aggiunto. Molti turisti, anche se inizialmente non appassionati di jazz, scoprono una nuova passione grazie a eventi come il nostro. Spesso, proprio perché si trovano in vacanza e sono alla ricerca di esperienze diverse, si avvicinano a questo genere musicale con curiosità e apertura. E se l’approccio è giusto, come abbiamo cercato di fare, queste persone tornano anno dopo anno. La nostra sfida è quindi quella di mantenere una proposta che sappia attrarre nuovi ascoltatori senza tradire le aspettative del pubblico più esperto, creando un’esperienza musicale che vada oltre il semplice intrattenimento e che lasci un segno duraturo nella memoria di chi partecipa. Ci tengo a sottolineare che la gratuità non significa “facilità” o banalizzazione del jazz. Al contrario, è un modo per democratizzare l’accesso a una forma d’arte che merita di essere conosciuta e apprezzata da un pubblico più ampio. Il jazz ha un potenziale espressivo immenso, e il nostro compito è quello di renderlo accessibile a tutti, senza mai scendere a compromessi sulla qualità artistica. E credo che questo sia uno dei segreti del successo di Chiavari in Jazz: una proposta culturale inclusiva ma sempre curata nei minimi dettagli, in grado di parlare sia al neofita che all’esperto.

Fabrizio Bosso Javier Girotto Latin Mood

Tdj – Per la riuscita del Festival risulta fondamentale il supporto dell’Amministrazione Comunale, sia a livello di budget che di logistica e organizzazione, cosa che altrove spesso è carente. Che impostazione consiglieresti ai promotori di iniziative come la vostra nel rapporto con l’Ente pubblico di riferimento?
RM“Il rapporto con le amministrazioni pubbliche è assolutamente essenziale per il successo di eventi come Chiavari in Jazz. Spesso si sottovaluta quanto sia determinante il ruolo del Comune non solo nel supporto finanziario, ma anche in tutto ciò che riguarda l’aspetto logistico e organizzativo. Un evento del genere non potrebbe funzionare senza una forte sinergia con l’ente pubblico. Da parte nostra, il dialogo con l’amministrazione comunale è costante e trasparente, basato su una condivisione di obiettivi a lungo termine. Non si tratta solo di un rapporto ‘di servizio’, ma di una vera e propria collaborazione strategica. L’amministrazione locale comprende il valore che una rassegna come questa porta, non solo in termini di cultura, ma anche di impatto economico e turistico per la città, rivelandosi un partner attento e lungimirante. ll consiglio che mi sento di dare ai promotori di iniziative simili è di puntare su una progettazione ben strutturata e sostenibile nel lungo periodo. È fondamentale presentare un piano dettagliato che dimostri non solo il valore culturale dell’evento, ma anche il suo potenziale per attirare visitatori e incrementare il turismo, soprattutto se si pensa di organizzare l’evento in un periodo di bassa stagione. Molto spesso, le amministrazioni sono più disposte a investire in eventi che hanno un impatto diretto sull’economia locale. Un evento ben organizzato può diventare una leva per il commercio, l’ospitalità e persino l’immagine della città, aumentando la visibilità del territorio anche a livello nazionale e internazionale. È inoltre importante stabilire una comunicazione regolare con il Comune, creando un clima di fiducia reciproca. Le amministrazioni pubbliche hanno le loro priorità e tempistiche, e come promotori culturali dobbiamo essere in grado di adattarci, rispettando i vincoli amministrativi e collaborando per risolvere eventuali problemi logistici e o organizzativi. Un altro aspetto che consiglio di non sottovalutare è la flessibilità: un evento come Chiavari in Jazz si evolve nel tempo, e con esso devono evolversi anche le esigenze organizzative. Mantenere una mentalità aperta e proattiva, disposti a trovare soluzioni in collaborazione con le istituzioni, è essenziale per costruire una partnership duratura.
Ovviamente, è altrettanto importante far percepire il festival come un valore per la comunità locale, non solo per i turisti. Mostrare come l’evento contribuisca a creare occasioni di aggregazione sociale e a valorizzare il patrimonio culturale della città può fare la differenza. I festival non devono essere visti come episodi isolati, ma come tasselli di una più ampia strategia di sviluppo culturale e turistico del territorio. In questo senso, abbiamo avuto la fortuna di collaborare con un’amministrazione che condivide questa visione di lungo termine. Oltre al supporto economico e logistico, l’amministrazione comunale ci ha anche permesso di accedere a spazi pubblici strategici, come le piazze storiche, che conferiscono un valore aggiunto all’esperienza della rassegna. Questo tipo di collaborazione rende l’evento ancora più radicato nel contesto cittadino e offre ai partecipanti un’esperienza completa, che non si limita al concerto, ma include la bellezza del territorio circostante. Infine, il nostro successo si basa su una gestione chiara delle responsabilità: la nostra capacità di gestire ogni dettaglio operativo e logistico, con il sostegno delle istituzioni, è una delle chiavi della longevità di Chiavari in Jazz. Inoltre, se ci sono le condizioni e le caratteristiche, creare una forte rete di stakeholder – pubblico e privato – è fondamentale. L’ente pubblico è uno degli attori principali, ma anche i partner privati giocano un ruolo importante. Presentare all’amministrazione un progetto che coinvolge attivamente più settori economici del territorio rafforza la credibilità dell’iniziativa e aumenta le possibilità di successo.

Tdj – Dal tuo osservatorio privilegiato di Presidente dell’ Associazione Italia Jazz Club che prospettive e criticità individui per una crescita delle proposte jazz nell’ambito di quelle fucine di talenti che dovrebbero essere i club, dove si affinano capacità tecniche e di condivisione fra i musicisti?
RM – “I club rappresentano il cuore pulsante del jazz, non solo per il pubblico, ma soprattutto per i musicisti. Sono luoghi di sperimentazione, di scambio creativo, dove gli artisti affinano le loro capacità tecniche e trovano uno spazio per confrontarsi con il pubblico in maniera immediata. Tuttavia, la sostenibilità economica dei club, specialmente quelli più piccoli, rimane una delle maggiori criticità. Molti di questi spazi si trovano a operare in un contesto economico difficile, con costi elevati e spesso scarsi fondi. Il futuro del jazz nei club, a mio avviso, dipende in gran parte dalla professionalizzazione non solo degli artisti, ma anche della gestione dei club stessi. I gestori devono essere in grado di promuovere i loro eventi in modo efficace, cercando di creare un’offerta che bilanci qualità artistica e appeal per il pubblico. In questo senso, la collaborazione tra club, festival e istituzioni può diventare una risorsa essenziale: creare reti di supporto reciproco significa condividere esperienze, artisti e risorse, migliorando l’offerta culturale nel suo complesso.
Nell’ambito dell’Associazione Italiana Jazz Club (IJC), ci stiamo impegnando a sviluppare iniziative che possano supportare la crescita e la sostenibilità dei club in Italia. Una delle nostre priorità è incrementare la visibilità dei club e dei giovani talenti. Proprio per questo, abbiamo lanciato l’”Accorda Tour”, un sistema esclusivo che mira a favorire la circuitazione degli artisti tra i diversi club associati, creando una rete che possa offrire loro più opportunità di esibirsi, oltre a facilitare la condivisione di pubblico e risorse tra club.Un’altra iniziativa importante, che punta a rafforzare la scena jazzistica italiana, è il “Music Contest” organizzato da Italia Jazz Club. Alla sua prima edizione, questo evento rappresenta un’opportunità per i talenti di mettersi in luce su un palcoscenico prestigioso. Non si tratta di un concorso competitivo, ma di uno spazio per la crescita artistica, dove i musicisti possono esprimersi e confrontarsi con una comunità di professionisti, appassionati e colleghi. Il nostro obiettivo è promuovere la condivisione, non la competizione. Siamo convinti che il jazz sia una forma d’arte che cresce attraverso il dialogo, e vogliamo incoraggiare questo spirito collaborativo in ogni iniziativa che intraprendiamo.
La mia visione, come Presidente di Italia Jazz Club, è quella di costruire una comunità sempre più unita e aperta, capace di superare i personalismi che talvolta frenano la crescita del settore. Un altro punto cruciale è coinvolgere attivamente le nuove generazioni: sono loro che garantiranno la continuità e l’evoluzione del jazz in Italia. La cultura jazzistica deve essere viva, in continua evoluzione, e siamo impegnati a creare le condizioni affinché questo avvenga, favorendo la condivisione di esperienze, progetti e passioni. Infine, mi preme sottolineare che la sostenibilità dei club dipende anche dal supporto del pubblico. È essenziale che gli appassionati di jazz continuino a vedere i club come luoghi vivi, dove non solo si ascolta musica, ma si partecipa a un’esperienza culturale e sociale più ampia. I club devono diventare un punto di riferimento per le comunità locali, offrendo non solo concerti, ma anche attività collaterali come workshop, incontri e collaborazioni con le scuole. Questo può contribuire a creare un legame duraturo tra i club e il loro pubblico, rendendoli non solo spazi musicali, ma veri e propri centri culturali al servizio della città e dei suoi abitanti.

Blewitt Trio


Tdj – Gli strumenti di comunicazione di traccedijazz hanno di recente ospitato un acceso dibattito fra due diverse “letture” del mondo del jazz in Italia. Da un lato la visione ottimistica e per così dire autocelebrativa del versante associativo, dall’altro quella di alcuni musicisti, che fotografa le difficoltà di un sistema poco attento a creare le condizioni migliori per la creazione e lo sviluppo musicale. Qual è il tuo punto di vista?
RM “Come in ogni ambito artistico, il mondo del jazz in Italia presenta luci e ombre. Da un lato, assistiamo alla crescita di festival e rassegne che danno visibilità alla scena jazzistica e al consolidamento di reti associative che lavorano per promuovere il jazz a livello nazionale e internazionale. Questo è un segnale positivo: i festival, le associazioni e i club hanno fatto grandi sforzi per portare il jazz a un pubblico più ampio e per coinvolgere nuovi appassionati. La visione ottimistica, a volte “autocelebrativa” del versante associativo, riflette questo progresso, perché negli ultimi anni ci sono state sicuramente molte iniziative di successo che hanno messo in luce la vitalità di questo genere.
Dall’altro lato, però, non possiamo ignorare le difficoltà che molti musicisti incontrano nel trovare spazi adeguati per esprimersi e sviluppare la propria carriera. Anche se i festival e le rassegne sono cresciuti, non sempre riescono a garantire opportunità continuative per gli artisti, specialmente quelli emergenti. Esistono ancora lacune in termini di spazi stabili, come club o circuiti che possano offrire opportunità di esibizione regolari e remunerative per i musicisti. Questa mancanza di continuità rappresenta una delle maggiori criticità, perché limita la crescita professionale degli artisti, che spesso devono confrontarsi con una forte precarietà.
Credo che la soluzione stia nella sinergia tra tutti gli attori del settore: istituzioni, organizzatori di festival, club, associazioni e, naturalmente, i musicisti stessi. Solo lavorando insieme si può costruire un sistema che offra un supporto strutturato e sostenibile. Le istituzioni devono fare la loro parte, fornendo maggiori risorse e supporto per la musica jazz, specialmente attraverso finanziamenti che permettano la creazione di contesti professionali stabili. Inoltre, è cruciale che queste risorse siano distribuite in maniera equa e strategica, in modo da sostenere non solo gli eventi di grande richiamo, ma anche quelle realtà più piccole che lavorano sul territorio per promuovere il jazz a livello locale. Organizzatori e promoter, dal canto loro, devono impegnarsi a creare cartelloni che diano spazio non solo ai grandi nomi, ma anche agli artisti emergenti, offrendo loro occasioni concrete di crescita. Un aspetto che ritengo fondamentale è la creazione di reti tra club, festival e scuole di musica, affinché i musicisti possano avere un percorso formativo e professionale più lineare e meno frammentato. Questa integrazione può favorire la creazione di un “ecosistema jazzistico” più solido, dove gli artisti non sono costretti a cercare opportunità fuori dai confini nazionali per affermarsi. Infine, un punto su cui dobbiamo lavorare maggiormente è la formazione delle nuove generazioni. Se vogliamo che il jazz continui a crescere e a rinnovarsi, dobbiamo investire nella formazione dei giovani musicisti, creando percorsi che uniscano l’aspetto tecnico e artistico con una solida conoscenza delle dinamiche professionali. I giovani devono essere preparati non solo a suonare, ma anche a muoversi all’interno di un mercato complesso e spesso competitivo. Serve più attenzione alla creazione di contesti formativi che non solo affinino le capacità tecniche, ma che insegnino anche l’importanza della collaborazione, della creatività e della gestione della propria carriera.
In definitiva, il mio punto di vista è che, sebbene ci siano progressi evidenti, esistono ancora criticità che vanno affrontate. La scena jazzistica italiana ha un enorme potenziale, ma per sfruttarlo appieno è necessario un impegno collettivo per superare le difficoltà strutturali. Solo attraverso una maggiore collaborazione e un investimento serio nelle nuove generazioni potremo garantire una crescita continua e sostenibile del jazz in Italia
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Gegè Telesforo Big Mama Legacy


Tdj – Ci puoi svelare qualcosa dei programmi futuri ed in particolare se ci saranno appendici invernali /primaverili del festival Chiavari in jazz?

RM – “Stiamo lavorando a nuove idee per espandere ulteriormente l’offerta culturale di jazz a Chiavari. C’è sicuramente la volontà di realizzare una “Winter Session” che ci permetta di mantenere viva l’energia del festival anche nei mesi più freddi, dando continuità alla nostra programmazione, ma come puoi immaginare, dal punto di vista finanziario e logistico, organizzare eventi in inverno rappresenta una ulteriore sfida: costi spesso più elevati, minore affluenza di pubblico e minori risorse. Tuttavia, crediamo fermamente che valga la pena tentare. Siamo determinati e testardi, e se riusciamo a trovare il giusto equilibrio tra risorse e programmazione, la Winter Session potrebbe diventare una realtà.
Il nostro obiettivo è sempre quello di mantenere alta la qualità artistica, continuando a proporre nomi di rilievo internazionale ma anche giovani talenti che meritano visibilità. La sessione invernale potrebbe diventare un’occasione per esplorare repertori diversi e più intimi, adattandosi a location più raccolte. Questo ci darebbe la possibilità di creare un’atmosfera diversa rispetto ai concerti estivi all’aperto, offrendo al pubblico un’esperienza più ravvicinata con gli artisti e con la musica.
Per quanto riguarda l’estate 2025, siamo già al lavoro per creare una nuova edizione che sappia sorprendere e innovare. Le idee non mancano, e ci saranno sicuramente novità interessanti, sia in termini di artisti che di format. Nel tempo ci piacerebbe ampliare il raggio d’azione della rassegna, esplorando nuovi linguaggi musicali che, pur restando fedeli alle radici del jazz, possano aprire a contaminazioni e sperimentazioni. Stiamo pensando a collaborazioni con artisti provenienti da altri generi, come in passato in alcuni casi è già successo, che possano dialogare con il jazz, creando un’interazione che arricchisca l’esperienza musicale per il pubblico. Valutiamo sempre la possibilità di ampliare la durata del festival, aggiungendo magari workshop e masterclass. Questo permetterebbe a Chiavari in Jazz di non essere solo un evento per il pubblico, ma anche un momento di crescita per i giovani artisti, che avrebbero la possibilità di confrontarsi direttamente con professionisti di alto livello. In sostanza l’obiettivo è rendere il jazz sempre più accessibile, senza però perdere la profondità e la complessità che lo caratterizzano. In sintesi stiamo lavorando per portare al pubblico qualcosa di nuovo e stimolante, affinché Chiavari in Jazz non sia solo un evento musicale, ma una vera esperienza culturale che possa evolvere nel tempo, rimanendo fedele alle sue radici ma aperta a nuove forme espressive.

Nico Gori Swing 10tet

Un sentito ringraziamento a Roberto Cifarelli per la disponibilità nel mettere a disposizione le proprie fotografie.

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