CARTOLINE – IMMANUEL WILKINS QUARTET A FERRARA

La stagione autunnale del Jazz Club Ferrara parte a tutto gas: infatti, nonostante nessuno dei componenti arrivi nei pressi dei trent’anni, il quartetto di Immanuel Wilkins è già una realtà largamente consolidata e collaudata, nonostante i due soli album all’attivo (ma che album…).

A giorni ne arriverà un terzo, ‘Blues Blood’, di cui poco si sa, a parte che sarà piuttosto affollato da importanti ospiti, una novità di non poco conto per la band di Wilkins.

… però abbiamo già questo bel ‘making of’ …

La curiosità è quindi notevole: la platea è quella delle grandi occasioni, piena di aficionados del Torrione che hanno sfidato un tempo da lupi (nella vicinissima Romagna è allerta rosso per piogge torrenziali e vento forte…. Ancora…).

Si spera di dare quantomeno una sbirciata al book dell’album, dato che l’agile quartetto certo implicherà un notevole adattamento rispetto agli organici complessi e variegati che sembra popolino il disco.

Ma anche sul palco non manca la varietà: anzi i due sets della serata saranno così diversi l’uno dall’altro da fare pensare a due concerti in uno.

Nel primo il Wilkins solista e leader sorprende alquanto rispetto alle due precedenti prove discografiche. Immanuel quasi subito accelera su tempi molto veloci e sfoggia un fraseggio molto serrato, alquanto diverso da quello più disteso e caratterizzato da un suono più chiaro e trasparente che gli conoscevamo in studio.

Il talentuoso Micah Thomas si rivela accompagnatore fedele e disciplinato, anche se tutt’altro che banale e scontato, il suo piano rimane comunque sempre sottilmente destabilizzante; ma una volta affrancato dalla disciplina di gruppo i suoi momenti solistici brillano per estro e dinamismo, che con la loro agilità ‘telegrafica’ hanno conservato ed anzi aumentato il nervoso e febbrile drive di gruppo che ha contraddistinto tutto il primo set.

Vano è stato il tentativo di discernere i nuovi brani del prossimo album di fronte ad un  continuum unico sviluppatosi fluidamente per più di 45 minuti.

Altra sorpresa è stato un misterioso ordigno sonoro non identificato che Wilkins ha alternato al suo sax alto: una sorta di sax soprano, ma di legno e senza chiavi e suonato con una tecnica simile a quella del flauto dolce. Il suono è apparso più smagrito ed alto rispetto al soprano, mantenendone però una certa nasalità corretta da un timbro più legnoso. Non se ne è potuto sapere di più….  Immanuel lo ha utilizzato per un il lungo episodio solistico informale sfociato poi in un altrettanto esteso duetto con la batteria di Kweku Sumbry che a parecchi ha evocato il ricordo dei dialoghi tra John Coltrane e Rashied Alì.

Febbraio 1967, Trane al suo ultimo giro di giostra: guarda agli spazi cosmici quasi in assoluta solitudine…

I punti di svolta del set sono stati segnati da insistiti loop ipnotici con cui Wilkins e Thomas si sono reciprocamente scambiati per un paio di volte la conduzione del gruppo.

Come si diceva, il secondo set è  stato praticamente un altro concerto.

Introdotto da un solo sognante ed impressionistico di Thomas, si è poi sviluppato sul filo di temi maggiormente caratterizzati, tra cui ‘Dallas’, un blues pensoso che sembra proprio cadere a proposito, con novembre ed elezioni presidenziali alle porte.

Dallas, novembre 1963…..

L’ouverture di Thomas dà il La ad un generale mood riflessivo e rilassato che coinvolge non solo il sax alto di Wilkins, che sfoggia un insolito tono morbido e velato, ma anche la batteria di Sumbry che passa dal  beat denso e frastagliato del primo set ad uno più sparso e leggero del secondo.

E finalmente giunge anche un momento di meritata evidenza per il solido ed infaticabile basso di Rick Rosato, vera pietra angolare di un gruppo molto aperto ed arioso.

Il quale gruppo ha da subito fatto tesoro della complicità e dell’empatia della platea di veterani del Torrione,  che ha consentito alla band di gestire con eleganza e disinvoltura il piccolo infortunio della rottura del pedale della grancassa (Sumbry ha fatto appena in tempo a chinarsi che già ne era arrivato uno di ricambio). Un Wilkins visibilmente soddisfatto non si è fatto pregare più di tanto per concedere un corposo e scattante bis che ha fatto fermare il cronometro a circa 100 minuti di musica.

Alla fine siamo usciti nella fredda e ventosa notte ferrarese con invariata curiosità per la musica che si ascolterà nell’album: l’impressione è  stata quella di aver sentito qualcosa di sostanzialmente diverso, e non solo per via di un organico più ridotto e leggero.

Ma è un interrogativo che si risolverà tra pochi giorni con l’uscita dell’album, che si annunzia insolitamente affollato di ospiti (cantanti in testa) e notevolmente vario. Per ora accontentiamoci del raffinato antipasto che segue, che vede a a fianco del quartetto la sofisticata Cecile McLorin Salvant. Milton56

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