Avevamo conosciuto il contrabbassista Giuseppe Venezia attraverso il suo primo album solista autoprodotto “Let the jazz flow” registrato nel 2010, in esito ad un lungo periodo di studio ed apprendimento trascorso a New York. Quel disco rappresentava un sogno diventato realtà: due mesi a Manhattan passando dal Birdland al Village Vanguard a contatto con il mondo e la musica da sempre amata. Un ‘esperienza che doveva prosegure, con l’invito rivolto ad alcuni dei musicisti conosciuti nei clubs di NY a partecipare al Festival “Basilijazz”, organizzato da Venezia insieme all’amico e compagno di avventure musicali Attilio Troiano, fino alla formazione di un settetto al quale affidare la lettura di alcune grandi pagine del jazz, da Fats Waller a Tadd Dameron, da Bud Powell a Lester Young. Gli anni sono passati, e le esperienze di Giuseppe Venezia moltiplicate, sia in campo strettamente jazzistico – collaborazioni con Enrico Rava, Peter Bernstein, Greg Hutchinson, Scott Hamilton, Jonathan Blake e Dado Moroni, con Emmet Cohen ed Elio Coppola nel cd “Infinity” del 2015 – sia in campi affini dello spettacolo come il teatro e la televisione. Nell’ottobre 2024 ritroviamo il suo contrabbasso alla guida di un quintetto dal profilo ben sagomato nei canoni di un attualissimo hard bop , con il citato Troiano ai sassofoni, il pianista Bruno Montrone, Pasquale Fiore alla batteria e l’ospite d’eccezione Fabrizio Bosso alla tromba. La novità risiede anche nellla affinata vena compositiva di Venezia, con sette brani originali costruiti secondo una visione che unisce linearità strutturale a capacità comunicativa.
“I’ve been waiting for you“,(Gleam records) titolo che esprime il benvenuto al figlio Mauro ed ispirato al momento della sua nascita, è un disco senza tempo che trasmette all’ascolto il divertimento fra i musicisti che lo hanno realizzato: fin dalla prima traccia estesa dopo l”intensa introduzione del contrabbasso di “Prelude to a message“, si può percepire in quali regioni del jazz ci troviamo. “Messaggeri“, non richiede troppe interpretazioni nel richiamare la gloriosa tradizione di Art Blakey & company : tema magnetico all’unisono di tromba e sax e poi, cullati da un tappeto ritmico scoppiettante, la serie di soli, prima la tromba con la quale Bosso esprime la propria ampia gamma espressiva, poi il sax di Troiano, che esalta la temperatura del brano oscillando fra il controllo ed il ribollire dei toni, infine il pianoforte di Montrone con le sue scale trasversali ; si chiude con i breaks di Fiore prima del ritorno corale al tema di partenza.
Su versante analogo si colloca la swingante e dinamicissima “Blue bird“, condotta da un frizzante soliloquio del sax che apre la sequenza dei solo di tutti gli strumenti, in guisa di presentazione della band.
Quando i toni rallentano e le atmosfere si fanno più intime e soffuse, il quintetto non è da meno nella capacità di declinare la propria visione. La title track, costruita intorno al pulsante battito del contrabbasso, affida al flauto di Troiano il compito di esprimere le personalissime ed intime sensazioni del neo padre, mentre la tromba dilata gli orizzonti melodici del brano con il proprio assolo: c’è spazio anche per un delicato duetto fra il piano ed il contrabbasso ad introdurre la melodia circolare del finale. “Just a line from the past” distilla una melodia esemplare fra una prima parte in souplesse, con intro pianistica evansiana ed una tromba che pesca note fragilissime, ed una seconda dai connotati ritmici più marcati.
“Song for Gerald“, dedicata al contrabbassista Gerald Cannon, maestro di Venezia, costruisce con una morbida linea di basso e le strutture armoniche del pianoforte un abito blues per lo spettacolare eloquio della tromba sordinata e le ampie volute del sax tenore, con un finale lasciato al dialogo spontaneo e libero degli strumenti.
Chiude il disco,riassumendo le coordinate generali del quintetto, “The shortest story“, tema immaginifico e sviluppo caratterizzato dal dialogo ispirato dagli spunti melodici sviluppati in grande “leggerezza”, fra la tromba di Bosso ed il flauto di Troiano che si scambiano il ruolo di “messaggeri” di questa suggestiva e sorprendente missiva musicale.
Una prova matura e convincente, con radici ben solide e sguardo rivolto avanti, che colloca Venezia fra i protagonisti più interessanti della scena jazz attuale.
