Un terzo di tradizione proiettata nell’attualità, un terzo di jazz suonato da musicisti italiani, ed un terzo di dosi musicali provenienti da altri mondi. Ecco la mia ricetta per il distillato degli ascolti preferiti dell’anno, un mix fra sapori dolci ed essenze piccanti, del quale, dovessi individuare elementi unificanti, direi musica “con anima”.
Ve lo servo shakerando gli ingredienti senza ordine di genere o tempo, così come è andato a comporsi negli ultimi dodici mesi.
Keith Jarrett, Gary Peacock, Paul Motian -The old country (ECM)– La conclusione di una storia rimasta in sospeso da oltre trenta anni, quella di una serata al Dear Head Inn, con tre formidabli jazzisti alle prese con una manciata di evergreen ed un paio di standard jazz. Un tuffo nella storia di Keith Jarret ed un’ occasione per ricordare un passato che non potrà più essere.
Mauro Ottolini &String Orchestra – Nada mas Fuerte (Azzurra Music)– Ottolini ed il suo atto d’amore verso le muse sudamericane. Un progetto che vola sui continenti ed i generi per atterrare in un territorio di musica globale dove Chavela Vargas convive con Abdullah Ibrahim, grazie alle raffinate arti interpretative di Vanessa Tagliabue Yorke ed alle avvedute scelte registiche di “Otto”.
Mirco Mariottini – Ipazia Live (Caligola) – Con Alessandro Lanzoni, Guido Zorn e Paolo Corsi, Mariottini costruisce un universo lirico, letterario e scientifico nel quale orbitano la grande matematica, Italo Calvino e Tony Scott. Musica avventurosa ed accogliente.
Stefano Onorati Fulvio Sigurtà feat. Gabriele Evangelista e Alessandro Paternesi – “Extended singularity” – Un duo divenuto quartetto rimanendo fedele al progetto di suonare senza rete, felice combinazione di culture e sensibilità che diviene una potente e dolcissima macchina da musica.
Charles Lloyd – The sky will still be there tomorrow (Blue Note) – Quasi una summa dell’opera del “guerriero tenero e provocatorio”, nella quale, con leggerezza formale carica di contenuti, convivono omaggi alla tradizione del jazz, atti di devozione alla personale filosofia naturalistica di Lloyd ed affermazioni identitarie e sociali. Difficile chiedere di più.
Roberto Ottaviano Eternal Love – “People”/ Roberto Ottaviano, Danilo Gallo, Ferdinando Faraò – “Lacy in the sky with diamonds” (dodicilune) – Due aspetti di uno fra i più autorevoli esponenti della scena jazz nazionale: il live con il gruppo esteso a Hawkins, Colonna, Maier e De Rossi, antologia di estratti dalla “musica del cuore” di Ottaviano, e l’omaggio ad un maestro, Steve Lacy, che spesso risuona nelle note del suo clarinetto.
Joel Lyssarides & Georgios Prokopiou – Arcs & Rivers (2024) (ACT records) L’abbinata imprevedibile fra il pianoforte romantico dello svedese Lyssarides ed il bouzouky scatenato del greco Prokopiou produce uno dei dischi più divertenti e seducenti dell’anno. Da ascoltare con un bicchiere di rezina in mano per commuoversi e ballare.
Steve Coleman PolyTropos- (PI recordings) A Piacenza nel concerto di Marzo aveva prodotto un omaggio al ritmo essenziale, quasi privo di appigli tematici.In questo doppio live registrato in Francia il gruppo offre ampio spazio all’incessante dialogo collettivo con spazi improvvisati che celebrano la spontaneità della creazione.

Fractal Sextet – Sky full of hope (RareNoise)– Un’ opera in equilibrio fra passato e futuro, ragione e sentimento, forma e libertà, che evoca scenari da fantascienza . Dovessero scegliere una colonna sonora per la collana Urania, consiglieremmo di cercare da queste parti.
Thumbscrew- Wingbeats (Cuneiform) Ennesimo straniante viaggio nel magico mondo del trio più originale ed imprevedibile che si possa vedere in giro. Una ragioniera che conduce le corde della chitarra dentro e fuori il pentagramma, un gigante ancorato al contrabbasso ed un filiforme batterista producono musica intrigante e libera anche per chi si sente lontano dal free jazz.
Claudio Fasoli NeXt quartet – “Hasard” (abeat) – Una trama composta di dettagli, l’essenzialità divenuta regola del percorso di questo quartetto che, per originalità della proposta, mi viene da avvicinare al trio di cui sopra. Il metodo di Fasoli per dare forma agli “inner sounds” di ciascuno dei musicisti richiede immedesimazione e disciplina anche all’ascoltatore, ma restituisce numerosi stimoli razionali ed emotivi.
L’ultimo bicchiere
The Cure – Songs of a lost world (Universal) Come ogni anno inserisco un intruso nella mia lista di ascolti jazz. Questo credo sia l’unico disco rock che ho ascoltato ed apprezzato nel 2024. Occasione per ritrovare intatta la vena carica di pathos e struggimento di Robert Smith dopo oltre 35 anni dagli esordi, ed insieme motivo di riflessione sui valori musicali che distinguono i due generi: qua molta forma e sostanza basilare, nel jazz spesso l’opposto.
