Beh, lo charmant Rossano Brazzi nel ruolo di Carlo Pisacane mi sembra una scelta di casting un tantino originale 🙂
Siamo ancora sotto l’impressione della carica dei 300 giovani (senz’altro nello spirito, e forse non solo) e forti (questo certamente), anche per l’esito quasi plebiscitario del sondaggio (anche questo fa molto Risorgimento 🙂 ).
Messa tra parentesi ogni considerazione di carattere critico, tanto slancio merita almeno un piccolo riconoscimento che consolidi la motivazione dei 300 prodi anche per il futuro.
Sugli scudi Bill Evans e Thelonious Monk? Ebbene, due altrettanto valorose etichette ci consentono di farvi un regalino prelibato, di quelli che vengono dal passato….

La Elemental è una cugina europea della benemerita Resonance: tutto tradisce la stessa filosofia, persino la grafica della copertina. Scorrendo poi i crediti di produzione troviamo il solito Zev Feldman, l’uomo che non dorme mai. Insomma, siamo di fronte ad un ulteriore ritrovamento evansiano, che stavolta non viene da qualche nastro malandrino, ma direttamente dagli archivi del festival norvegese di Kongsberg, dove Bill suonò nel giugno del 1970 insieme ad Eddie Gomez e Marty Morell. Quindi suono di prima classe, anche perché amorevolmente curato dal noto studio The Music Lab. Nel 1970 Evans è allo zenith della sua carriera, ha vinto un Grammy per il suo ‘Bill Evans at the Montreux Festival’, e sta per collezionarne altri due con ‘Alone’ e ‘The Bill Evans Album’, disco in cui si cimenta con un piano elettrico tagliato su misura per lui addirittura dall’inventore Mr.Rhodes. Dopo un purtroppo meteorico passaggio di Jack Dejohnnette, il trio si è assestato con l’ingresso di Morell alla batteria: una formazione che durerà quasi dieci anni. In Norvegia Bill si presenta con un book molto variato, dove accanto ai suoi cavalli di battaglia che faranno sognare i nostri elettori (per esempio ‘Gloria Step’, ‘Nardis’, l’indimenticabile ‘Some Other Time’ e via seducendo) ci sono anche cose un poco più sorprendenti. Come questa, che vi proponiamo per insindacabile scelta redazionale (tradotto: perché piace a me 🙂 ):
Bill ritorna sul luogo del delitto dodici anni dopo: interessante un confronto con il magico originale di ‘Kind of Blue’ del 1958. Negli ultimi anni ‘So What’ è diventato uno standard sempre in ottime mani
Comunque c’è materiale per riempire un doppio cd/lp, disponibile anche in digitale su Bandcamp ed ascoltabile anche su piattaforme di streaming. Dettagli sull’album qui. Non mi picco di esser un evansologo, ma di primo acchitto mi sembra di cogliere una certa atmosfera cameristica, un poco distante dai trii degli anni ’60 per slancio più trattenuto e per colori più tenui. A voi la parola dopo l’ascolto.
Ma se gli evansiani festeggiano, i monkiani possono addirittura esporre la bandiera sul balcone. Per loro ha lavorato la Transversales Disques, raffinata label francese che sta mettendo a segno un colpo dietro l’altro rivisitando i loro anni ’70 live: basta dare un’occhiata alla loro pagina BandCamp per rendersi conto di chi abbiamo di fronte. La Transversales ha messo sotto l’albero dei monkiani un regalo con i fiocchi:

E’ un concerto del tutto inedito, ma niente affatto ‘lost’ perché la ORTF Radio non perde nulla ed il suo erede e braccio secolare ‘INA – Institut National de l’Audiovisuel’ conserva e restaura impeccabilmente

Evitiamo confronti impietosi….
Ed infatti a colpire al primo ascolto è la strabiliante qualità sonora della registrazione: con un buon impianto stereo sembra proprio di stare nell’ormai mitico Studio 104 della Maison de La Radio, e non davanti, ma sul palco in mezzo ai musicisti. Pochissime registrazioni odierne si avvicinano alla fedeltà e musicalità di questi nastri francesi del 1966: al tecnico del suono Jonathan Fitoussi il mio personale Grammy per il miglior restauro audio, è di stagnola, ma viene da uno che di dischi se ne è passati a migliaia, spesso rabbrividendo di raccapriccio.
Anche il Monaco è ritratto all’apogeo della sua carriera: intorno a sé ha il suo gruppo migliore, Charlie Rouse al sax tenore (!!!!), Larry Gales al basso e Ben Riley alla batteria. Anche qui il repertorio non è ovvio, il che accresce l’interesse per l’album: accanto ai ricorrenti ‘Epistrophy’ e ‘Crepuscle with Nellie’, ci sono quegli standard come “I’m getting sentimental over you’, o “Lulu’s back in town” la cui decostruzione monkiana aveva suscitato vaste polemiche in patria. Inutile dire che sull’altra sponda dell’Atlantico nella Maison de la Radio spira tutt’altra aria, ben più rilassata e frizzante: ed a me sembra di ascoltare un Monk più lieve ed elegante, direi proprio ‘parigino’. I suoi misurati interventi si alternano con un Rouse nonchalant che allinea assoli da incorniciare: se esistesse una ‘Forgotten Hall of Fame’ il posto d’onore sarebbe suo, ascoltatelo anche nelle cose a suo nome come questa:

Sono gli ultimi momenti d’oro: pochi anni e Rouse lascerà la band, la Columbia abbandonerà Monk mettendo fine ad una serie di dischi memorabili, e Thelonious imboccherà un lungo Viale del Tramonto costellato di disagio mentale e rare e non sempre memorabili occasioni musicali.
Questo zenith luminoso lo trovate qui sia in LP (pochine le copie disponibili) che in un lussuoso digitale 24bit/96 Khz in alta risoluzione, consiglio il download in formato .wav.
E per la felicità dell’altro partito referendario, eccovi qua ben 17 minuti di ‘I’m getting sentimental over you’, ottima pietra di paragone per saggiare l’originalità del più monkiano dei quartetti. Contenti elettori? 🙂 Milton56
