L’identità’ del trombettista Jeremy Pelt rifugge dalle rigide classificazioni per abbracciare diversi orizzonti musicali segno di un’ evidente curiosità e voglia di sperimentare. Nel corso degli anni la carriera del musicista californiano si è consolidata su un doppio binario, che gli consente di deviare agevolmente dalla scrittura di ballads o rilettura di standards nel grande filone del mainstream a sortite più avventurose condotte in territori latin, funk o in scenari disegnati dall’elettronica. Al primo filone, sviluppato su esperienze maturate fin dagli inizi del millennio, appartengono recenti opere come i due volumi di “The art of intimacy” (il primo con due specialisti del calibro di Peter Washington e George Cables), mentre il secondo, inaugurato con l’album “Water and earth” del 2013, è proseguito con una serie di capitoli successivi nell’ultimo decennio. Questo “Woven“, pubblicato dalla High Note records nelle scorse settimane, rappresenta forse la migliore sintesi fra le due tendenze e testimonia l’ attuale visione musicale del protagonista, alternando episodi acustici neo bop a brani proiettati in una brulicante contemporaneità . Al suo fianco il vibrafono del talentuoso Jalen Baker , Misha Mendelenko alla chitarra, Leighton Harrell al basso e Jared Spears alla batteria, con ospiti Marie-Ann Hedonia ai sintetizzatori e la cantante ispanica Mar Vilaseca in un brano.
Il disco si avvia con una atmosferica introduzione affidata al vibrafono ed alla tromba filtrata elettronicamente per aprirsi subito ad uno dei pezzi migliori, introdotto da un collage di voci e sviluppato su un deciso bordone ritmico del basso, “Rhapsody” illumina memorie dei Weather report, era “Black Market” , un crociuolo di suoni dal mondo sul quale la tromba tesse articolate trame melodiche..
La parte centrale del programma è occupata da tre ballads, affidate totalmente agli strumenti acustici e modellate dal suono preciso e toccante della tromba, intervallate da due brani più movimentati. Un titolo più volte utilizzato anche in altri contesti, “Afrofuturism“, apre questa sezione, modellata dalla tromba e ricca di spazi solisti della chitarra e del vibrafono, seguono la piana melodia di “Michelle“, con i soli del basso e del vibrafono, ed il clima assorto ed intimo di una “Fair weather” esempio delle qualità compositive e della sensibilità di interprete di Pelt.
Agilità è la caratteristica che definisce “13/14” , agile e dinamico il tema, agilissimo lo swingante passo a due fra chitarra e vibrafono che cresce gradualmente di intensità con l’intervento di una tromba sordinata in perfetta immedesimazione con il mood generale, mentre “Dreamcatcher“, aperta da una ipnotica scala del vibrafono, è un nervoso e scattante tour fra strettoie jazz funk guidato dagli accordi della chitarra ed immerso in un frastagliato background urbano.nel quale spiccano i breaks della batteria.
A questo punto arriva “Invention #2 – Black Conscience“: synth e vibrafono offrono un fondale alla tromba geneticamente modificata dall’elettronica che presto svanisce lasciando spazio ad un aggressivo groove accennato dal basso e ripreso da una chitarra rock . Seguono sette minuti di ribollente marea acustica/elettronica , con la tromba assoluta protagonista a riempire il tessuto ritmico con frasi melodiche brevi e ficcanti : un contesto che può richiamare l’ultimo Miles elettrico .
Chiude il disco il dinamismo neo bop di “Labyrinth“, con il vibrafono e la sezione ritmica in bella evidenza: l’ennesimo esempio della capacità dell’ensemble di costruire e sviluppare un dialogo denso di contenuti in totale naturalezza.
