Nello scorso ottobre, un pò in sordina rispetto al nome del protagonista, è uscito un album di inediti, o meglio, di registrazioni in gran parte private, di Charlie Parker. Non si tratta di un album per l’ascoltatore che vuole scoprire Parker per la prima volta, ma piuttosto per il fan che ha già familiarità con i master take di Savoy, Dial e Verve in cui Parker suona con noti musicisti contemporanei come Miles Davis, Thelonious Monk e Dizzy Gillespie. Fin dal primo ascolto del singolo pubblicato (qui sotto il video clip), il nuovo album vale la pena di essere apprezzato per le indubbie curiosità musicali che contiene. Come spesso accade, mi affido alla penna di Richard Williams per una descrizione accurata di questo Bird in Kansas City.
….. ci sono altre prove della genialità del Parker senza gabbie: un album intitolato Bird in Kansas City , un’uscita ufficiale dell’etichetta Verve. È degno di un posto accanto a qualsiasi produzione di Bird, soprattutto grazie alle sette tracce con cui inizia, catturate durante sessioni informali nel luglio 1951 a casa di un amico.
Impedito dalla perdita della sua tessera da cabaret di lavorare a New York dopo essere stato arrestato per eroina all’inizio dell’anno, Parker stava con sua madre, Addie, a Kansas City, dove era cresciuto. Si esibì in alcuni concerti in un locale notturno locale, il Tootie’s Mayfair Club, e guadagnò 200 $ per una straordinaria apparizione come ospite con la Woody Herman Orchestra al Municipal Auditorium.
Ma su invito del suo amico Phil Baxter, un barbiere che aveva la piacevole abitudine di ospitare regolarmente delle serate a casa sua in Kensington Avenue, nel quartiere Eastside della città, Bird poteva suonare senza alcuna pressione. Accompagnato da un bassista e un batterista non identificati ma più che competenti, mostra in questi sette pezzi il genio che scorreva in lui anche nelle circostanze più rilassate.
I primi tre pezzi, ognuno senza un titolo formale, attingono a vari temi e motivi bebop familiari. Il quarto, “Cherokee”, è una propulsione a reazione. “Body and Soul” è preso al suo solito ritmo da ballata, scivolando con grazia dentro e fuori da una sezione a doppio tempo mentre procede verso un finale in cui una frase singola scintillante è seguita da una versione particolarmente maliziosa della sua coda stravagante preferita: una citazione da “In an English Country Garden”. “Honeysuckle Rose” e “Perdido” oscillano a un tempo dolce, appena sul lato luminoso del medio, con passaggi di semicrome da far venire l’acquolina in bocca nel primo, alleviati da alcune citazioni divertenti (“Fascinating Rhythm”, “Cheek to Cheek”).
Per 24 minuti in queste sette tracce ci è concesso di ascoltare Parker come ci siamo abituati a sentire Ornette Coleman e a volte Sonny Rollins: un sassofonista improvvisatore senza il supporto di un pianoforte. Non è una rivelazione, non sta succedendo nulla di concettualmente diverso, ma ci consente di avere una visione insolitamente chiara di ciò che poteva fare.
Ci sono altre quattro tracce registrate sette anni prima in uno studio di trascrizione a Kansas City, con due amici: il chitarrista Efferge Ware, un testimone utile nel primo volume della biografia di Parker, tristemente mai completata, del defunto Stanley Crouch, e il batterista “Little Phil” Phillips. Le canzoni sono standard — “Cherokee”, “My Heart Tells Me”, “I Found a New Baby” e “Body and Soul” — e la differenza è notevole: questa è musica pre-bop, appartenente all’era dello swing, con un sacco di compostezza e fluidità, completamente affascinante di per sé, mentre trasmette a malapena un accenno di ciò che verrà.
I compilatori dell’album, Chuck Haddix e Ken Druker, risalgono ancora più indietro per la coppia di tracce che completano il set. Si tratta di due pezzi registrati informalmente dalla Jay McShann Orchestra a Kansas City nel gennaio 1941, apparentemente in preparazione per una sessione Decca a Dallas una o due settimane dopo. Parker ha un assolo di otto battute piuttosto prudente per chiudere una “Margie” sciolta e un ritornello completo molto più espressivo su una “I’m Getting Sentimental Over You” sbaciucchiata, in cui il suo suono aspro e le raffiche di tempo ternario devono aver inchiodato le orecchie degli incauti. Come succede ancora oggi.
Fonte: Thebluemoment.com
Tutte le info sull’album:
https://www.discogs.com/release/32101338-Charlie-Parker-Bird-In-Kansas-City
