C’è, in Italia, una discretamente folta compagine di musicisti, formatisi accademicamente fra la classica ed il jazz, che creano musica interessante ed avventurosa, mettendo la propria perizia tecnica al servizio di progetti innovativi , concepiti senza badare alle presunte barriere fra i generi musicali ed all’ortodossia degli organici. Spesso i loro nomi transitano da queste pagine, fra l’apprezzamento, il tentativo di condividere novità di elevato livello qualitativo, ed una dose di stupore per il fatto che queste opere rimangano confinate ad una ristretta cerchia di appassionati e curiosi in musica. Non possiamo far altro che perseverare, sperando che le imprese dei musicisti in questione e delle meritevoli etichette che li sostengono possano trovare più ampia diffusione. Riflessioni indotte dall’ascolto di “Liquid walls“, (Caligola records) recente cd del clarinettista Andrea Ferrari, registrato con un drappello di componenti della compagine che si diceva, già protagonista con il fratello e collega di strumento Adalberto dell’apprezzato duo Novo Tono, formazione con una piccola storia alle spalle ed un’ originale forma di dialogo, in equilibrio fra scrittura ed improvvisazione, fra i propri meriti.
Rispetto al precedente lavoro pubblicato da leader di un trio con il chitarrista Alberto Zanini ed il batterista Davide Bussoleni, pubblicato nel 2019, “Essential lines” (dodicilune) , qui l’ organico è ampliato a quintetto, con l’inserimento del basso elettrico di Loris Leo lari e dei fagotto e sax sopranino di Roger Rota.
La trama che porta ai “muri liquidi” del titolo parte dall’immaginario viaggio dei cinque musicisti attraverso le vite, le sensazioni, gli ambienti e le storie di dieci società immaginarie. Attraverso il percorso dieci brani “pianeti ” raccontano di fantastiche ed improbabili, o possibili e realistiche, evoluzioni dei mondi nelle infinite possibilità e combinazioni probabilistiche dell’immenso spazio del cosmo. Le distanze , le separazioni le diversità diventano cos’ liquide.
La musica scaturita dalle sedute di registrazione di febbraio 2023 presso gli studi Artesuono di Cavalicco, ha molteplici aromi. Ci sono le costruzioni contrappuntistiche e geometriche del clarinetto di Ferrari, caratterizzate qui dall’incrocio con i toni gravi del fagotto, c’è una vena funk che attraversa e rende spumeggianti molti episodi, una chitarra inquieta e visionaria che regala improvvisi lampi rock al panorama complessivo, ci sono aperture liriche che conquistano al primo ascolto come quelle del brano finale “In isole“. I richiami, sparsi qua e là, ai modi espressivi, alle evocazioni ancestrali ed all’eloquio dello strumento di un grande ispiratore come Gianluigi Trovesi – a fianco dei Novo Tono nel recente “NRG bridges” – non mitigano la voglia e la capacità del quintetto di sperimentare con i timbri strumentali e le strutture, di alternare climi ed atmosfere, in una parola di inventare.
Una sequenza ritmica ripetuta dal clarinetto apre “Blue corner“, creando il tappeto per un ribollente funk nei cui sottofondi si muove sinuoso il basso, mentre in superficie si incrociano chitarra e fiati; d’un tratto tutto cambia tono e prende il sopravvento una sorta di marcia condotta dal clarinetto, che infine torna sui passi iniziali. Troviamo il medesimo terreno nella seconda tappa del viaggio dedicata alle “grandi città”, “Kontinuum” un brano che propende verso il versante più rock del quintetto, salvo poi smentire la propria natura con sipari di soli fiati uniti in ostinati unisono e svanire in una nuvola elettrica.
Il viaggio prosegue fra le sognanti atmosfere e gli articolati intrecci clarinetto/fagotto di “Density” , le fitte partiture di “Ossa danzanti” nelle quali jazz, rock e classica si (con)fondono , le bordate ritmiche di un “Megatone” alleviate da un assolo del fagotto di Rota e dalle inattese aperture melodiche. “Living rocks” si apre e chiude con un lungo duetto del clarinetto e del fagotto uniti e poi separati sul bordo di un solenne tema dalle cadenze rituali ; l’intermezzo ritorna sui passi funk dei brani iniziali, ma introduce aguzzi e geometrici picchi dei fiati che richiamano alcune elucubrazioni di Frank Zappa.
Completano il percorso le cameristiche atmosfere virate in jazz di una fascinosa “Games“, le strettoie ritmiche di “”Dance of the wild woods”, le sfrangiate andature di una “Drops” vissuta come spazio di libertà totale.
E infine il tributo alle isoe floreali del brano conclusivo che riportiamo sotto, accompagnato da un sentito consiglio di soggiorno (acustico) su queste felici lande,
