“Keepers of the Eastern Door” (Analog Tone Factory)
Tutto nasce da una foto, intitolata “Il cacciatore di anatre sul fiume Kutenai” scattata dell’etnologo Edwars Curtis, e dai due significati che essa racchiude: il riflesso della canoa sul fiume e lo sguardo del suo occupante verso l’orizzonte.
Una suggestione che ha condotto il sassofonista Chris Cheek alla musica di “Keepers of the Eastern Door“, (Analog Tone Factory), album inciso con il vecchio compagno nella Paul Motian Band Bill Frisell, il bassista Tony Scherr, ed il batterista Rudy Royston con una originale scaletta che include originali come cover da mondi ed epoche diverse, dai Beatles ad Henry Purcell, Olivier Messiaen ed Henry Mancini.
In realt, l’idea che sta dietro alla genesi del disco ha una storia ancora più complessa, e trae spunto da altre foto d’epoca di Curtis e dal contrasto fra quel mondo di nativi americani, gli ambienti frequentati da Cheek in giovane età a St. Louis, nel Missouri, e le realtà urbane di Boston e New York, dove il sassofonista ha sviluppato i primi importanti passi della propria carriera di musicista, negli anni ’90 con Motian, Seamus Blake ed altri musicisti. “Avvertivo una forte distanza fra il mondo naturale e la società altamente industrializzata in cui viviamo , dice Cheek, ed ho iniziato a pensare alla definizione dei “Guardiani della porta dell’est” come una metafora della gente che cerca di preservare un modo di vita basato sui valori tradizionali, meno materialisti e più rispettosi dell’ambiente in cui viviamo“.
Il titolo fa diretto riferimento alla tribu dei Mohawk appartenenti alla confederazione Iroqui, stanziati in origine nella regione est dello stato di New York ai confini con il sud Canada ed il Vermont, ed impegnati nel contrasto al processo di colonizzazione europea fin dalla metà del XVIII secolo.
Queste idee di Cheek hanno trovato, nel 2024, un approdo ideale nei propositi del sassofonista Jerome Sabbagh e del pianista ed ingnegnere del suono Pete Rende, freschi di avvio di un’a’ etichetta discografica statunitense basata sull’ approccio totalmente analogico e che si vanta di non usare computers per produrre musica, la Analog Tone Factory. Il disco è quindi il resoconto di una band riunita in una stanza, presso i Power Station di New York per suonare dal vivo, registrato su un nastro analogico a due tracce, masterizzato con processo analogico per preservare tutto il calore ed il suono naturale e profondo della session.
Il risultato riflette i propositi di partenza del suo creatore, musica che si accende e si sviluppa con grande naturalezza a partire dall’iniziale, movimentata “Kino’s canoe” con il tema proposto dal sassofono e gli interventi in libertà della chitarra di Frisell e della batteria di Royston, fino alla conclusiva, intimista ballad “Go on dear”.
In mezzo troviamo un pò di tutto, interpretato come in una piccola festa fra amici che si ritrovano dopo anni e sono felici di condividere chiacchere e dialoghi strumentali: il fascinoso lento blues di Henry Mancini “Smoke rings” , le contemplative atmosfere di una composizione per coro di Olivier Messiaen, “O sacrum convivium“, la limpida melodia di “On a Clear Day” scritta da Burton Lane ed Alan Jay Lerner per l’omonimo musical del 1965.
Ed, in una sequenza che potrebbe apparire incongrua ma risulta plausibile grazie al trattamento originale del materiale musicale operato dal gruppo, una canzone tratta dal repertorio barocco settecentesco di Henry Purcell “Lost Is My Quiet”, ed una ricostruzione della hit dei Beatles “From Me To You“, che si riconnette ai frequenti omaggi ai quattro di Liverpool che spesso compaiono fra le corde della chitarra di Frisell.
La title track , brano originale di Cheek, ha uno svolgimento lento e processionario, con le percussioni di Royston che disegnano un esile, tribale perimetro ritmico entro il quale si svolge il pacato ed intenso dialogo fra la chitarra ed il sax, basato sul reciproco scambio di idee e brevi spunti melodici, essenziale ed antivirtuosistico, nello stile che unisce i due solisti.
E’ musica che, seguendo le note di presentazione del disco, suggerisce una forma di comunione spirituale con la natura ed un rapporto di rispetto con il pianeta che abitiamo. “Sono riluttante ad usare il termine spirituale – dice Cheek – ma quella è la parola usata per descrivere un ambito che esiste ma non possiamo vedere o quantificare. Le culture native tradizionali sono consapevoli di quella dimensione della realtà con la quale noi oggi abbiamo perso il contatto . Vedere quella figura sulla canoa mi ha suggerito un mondo parallelo che supporta quello che abbiamo fra le mani, ma è difficile riuscire a parlarne. “
Facciamo allora parlare, anche in questo senso, solo la musica di Chris Cheek , Bill Frisell, Tony Scherr e Rudy Royston.
