“Heat On”, buone nuove da Chicago.

Con i 34° di questi giorni che incombono fuori dalla finestra , non ho resistito a presentare il quartetto “Heat on“, ed il loro omonimo album di debutto, dall’ immagine di copertina, ed in parte i contenuti musicali, in linea con le temperature elevate, appena pubblicato da Cuneiform records.

Siamo nel pieno dell’ attuale scena di Chicago, con reminiscenze e testimonianze attuali di quella Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM) fondata dal  pianista Muhal Richard Abrams insieme ad altri musicisti “per costruire e sostenere un comunità creativa e nuove piattaforme per la sperimentazione ed innovazione in musica “, come recita il manifesto programmatico, che, giusto di questi tempi, ha compiuto i 60 dalla sua fondazione, celebrati con un concerto ai primi di Maggio alla presenza , fra gli altri, dell’orchestra Great Black Music Ensemble e del Roscoe Mitchell trio.

Nuova portabandiera di quegli ideali di libertà creativa che hanno ispirato nel corso degli anni la musica di moltissimi artisti, inclusi Anthony Braxton, Henry Threadgill e l’ Art Ensemble of Chicago, è la batterista e compositrice Lily Finnegan, che ha allestito un quartetto multigenerazionale con due sassofonisti, il veterano tenore Ed Wilkerson Jr e l’ alto Fred Jackson Jr., ed un bassista, Nick Macri, che condivide con lei una passione bifronte per il punk ed il rock alternativo ed il free jazz.
Connessa a nomi illustri della scena contemporanea jazz come Ken Vandermarke la sua Edition Redux, James Brandon Lewis, Nicole Mitchell, Tomeka Reid, Silvia Bolognesi e Kris Davis, la Finnegan ha concepito il debutto del quartetto come una lettera d’amore per la propria città : “Sono chiaramente ispirata dalla musica, dall’energia e dall’atmosfera che si respira qui. Chicago è fatta per creare buona musica ed arte, per indagare l’intero spettro del suono, anche la musica più angolare o dissonante si trasforma in profondo groove. Le cose libere possono avere la propria danza e melodia. “

L’ispirazione più diretta per la creazione della musica di “Heat on” deriva dal quartetto e dal disco del 1979 “Special edition” di Jack De Johnette, con David Murray Arthur Blythe e Slip Warren. “Ho conosciuto quel disco grazie alla batterista Allison Miller,( la donna dietro i ritmi di Artemis ndr ), spiega Finnegan. “Il modo di suonare di Jack è davvero multi direzionale e le sue composizioni sono come viaggi. Voglio strutturare la mia musica in quel modo , con momenti in cui si alternano diverse figure ritmiche, swing e groove “.

Il disco è, in effetti, un variegato repertorio di suggestioni sonore che attingono a mondi diversi: c’è il free e ci sono le strutture che talvolta richiamano la disciplina di Steve Coleman, ci sono momenti convulsi e altri intimisti, mentre il punk amato dalla batterista emerge nell’energia ritmica informale che attraversa l’intero percorso. Il quale prende avvio dall’altalena armolodica ornettiana di “Green Milk “, conclusa con un solo in libertà della batteria, per proseguire con una esplicita dedica al collega Ronald Shannon Jackson. “RSJ“, inevitabilmente, parte da un tumultuoso tappeto percussivo sul quale i due saxes costruiscono un fitto dialogo, intersecando spigolose cellule tematiche e trova un momento di svolta con l’ingresso di un basso saturo di elettricità e la trasformazione del ritmo verso un orizzonte rock segnato dall’esuberante batteria, con i fiati a disegnare un’ iterativa linea melodica.

Il quartetto in una session di due anni fa

L’ informale conversazione in chiave dimessa che prende il nome di “Inverted spoon” precede il risveglio di “Rimrock“, sostenuta da un dinamico ed elastico background della ritmica, con i fiati che spezzano il discorso in brevi schegge melodiche fino a trovare una composizione finale. Il cuore del disco è la mini suite in tre parti “Beltline” che coniuga una quadrata ritmica rock, fraseggi obliqui dei sax generati dalla dinamica dello scambio (I), introspezione ed abbandono della struttura formale (II) ed una sintesi dei precedenti in un contesto circolare che i saxes popolano delle loro invenzioni (III). “The great” chiude il percorso su un motivo post bop dai sapori blues usato come spunto per una costruzione autonoma alimentata dalle costruzioni angolari dei fiati.

Consigliamo di annotare il nome del quartetto anche a chi trovi l’ascolto incompatibile con gli attuali climi tropicali: con l’auspicato calare delle temperature sarà più facile accostarsi ad un calore musicale che merita accostamento ed interesse.

https://www.lilyglickfinnegan.com/music

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