Il viaggio per giungere nella cittadina austriaca è lungo ma permette di attraversare tutta l’ Engadina, una valle baciata dal Padreterno, i cui paesaggi non possono che rimanere nel cuore nonostante la giornata grigia e nuvolosa.
Il primo giorno del festival è interlocutorio, come da tradizione si suona in diversi punti del borgo ma il vero inizio è alla sera, con due concerti al Nexus, sala più raccolta rispetto alla principale Sala Congressi. Nonostante la pioggia battente tutti i concerti della giornata hanno visto il tutto esaurito.
La serata si apre con un gruppo dall’ organico insolito, un batterista/vibrafonista contornato da un quartetto d’archi tutto al femminile. Max Andrzejwski, tedesco di stanza a Berlino, e l’ Ensemble Resonanz danno vita ad un set creativo, dove la mirabile scrittura del batterista per il quartetto cuce con intelligenza e ritmo le improvvisazioni sulle pelli e sul vibrafono del leader.
Molte idee, passaggi estremamente diversi, dal rumoristico ai riff ripetuti, con un finale lirico e imprevisto del primo lungo brano, per le sole voci. Intenso, imprevedibile e stimolante.

Di tutt’ altra pasta il concerto successivo. In teoria un buonissimo trio tedesco/argentino, con Leo Genovese al pianoforte, Camila Nebbia al sax tenore e Alfredo Vogel alla batteria . In pratica invece, un set di free jazz tanto datato quanto povero di idee. Non metto in discussione il valore dei singoli, ma l’approccio non mi è parso in sintonia con i tempi. Noioso.
