Max Trabucco – Convergence (abeat)

Chi avesse assistito, come è capitato al sottoscritto, ad uno dei concerti estivi del trio Naviganti e Sognatori, con il chitarrista Luca Falomi, il bassista Alessandro Turchet ed il batterista Max Trabucco, faticherebbe non poco ad identificare il nome di quest’ultimo a capo del progetto “Convergence“, un quartetto ritmico monodico completato da due fiati (Manuel Caliumi e Federico Pierantoni) ed il contrabbasso di Federica Michisanti. Se il trio di Falomi naviga con inventiva e poesia in quiete acque world jazz, qui siamo in tutt’altro territorio, quello di un linguaggio contemporaneo che media la ricerca melodica, gli impasti timbrico ritmici e si affida in buona parte ai dialoghi improvvisati, attingendo alle più avanzate esperienze espressive affermate in campo statunitense ed europeo. Segno di una fra le principali caratteristiche del giovane batterista trevigiano, ovvero l’ecletticità: in circolazione da circa quindici anni, Trabucco ha inciso dischi apprezzati e conosciuti (“Oirquartett” del 2017, il primo solista “Racconti di una notte “(Abeat) nel 2016, “Love songs” due anni dopo) è stato membro dell’Orchestra nazionale Jazz giovani talenti diretta da Paolo Damiani, ha partecipato a concerti con l’Orchestra Filarmonia Veneta diretta dal violoncellista Giovanni Sollima, oltre a partecipare a svaiati progetti e gestire una intensa attività didattica.

La convergenza di cui parla il titolo è quella fra le numerose linee melodiche, spesso sviluppate in contemporanea, che creano il tessuto sonoro basilare, ma l’ascolto suggerisce anche una condivisione di intenti raggiunta partendo da esperienze e sensibilità diverse, esplorate individualmente e messe poi a fattor comune.

Percorso che esprime, già nel primo brano -“The Key” “- una “chiave” di lettura: ritmo arrembante sostenuto dalla pietra angolare del contrabbasso, contrappunto melodico dei due fiati che apre e chiude il brano, nel cui cuore sta una sezione esplorativa ed astratta. Formula che ritroviamo in altre riuscite composizioni, tutte a firma del titolare, come una ornettiana “Serendipity” dal piglio sbarazzino ed ampie suggestioni free e l”Evidology” che fin dal titolo richiama suggestioni monkiane, proponendo un modello attualizzato e disincantato di hard bop, che nei fraseggi finali di Caliumi echeggia le spigolose scansioni di Steve Coleman.

Un altra faccia del quartetto è invece orientata ad una sorta di “campo lungo”, con approfonditi svolgimenti melodici, nei quali offrono un fondamentale contributo il trombone di Pierantoni ed il contrabbasso della Michisanti, con il leader che lavora in sottrazione, offrendo un minimale supporto ritmico a vantaggio dell’espansione narrativa, quasi innodica, dei brani. Ecco quindi la title track avvolgente ed intensa, un astrazione dalle coordinate spazio /temporali, occasionalmente ricondotta ad una rigida disciplina ritmica, la lineare serenità di una “Quiet” affrontata con una sorta di pudore che gradualmente assume decisione e coraggio. la poesia di “Prayer for peace” introdotta dal solenne solo del contrabbasso, un fiore che gradualmente si schiude, che mi piace considerare offerto al grande Charlie Haden, anche se magari non è così.

Inframezzano la sequenza dei titoli citati due bervi interludi improvvisati dai fiati “Looking for something” e “Humans can’t” e la conclude l’unica cover del disco “Ascendant” scritta dal grande Elvin Jones, eseguita, fra crescendo ritmici e stasi meditative, in piena coerenza stilistica con lo stile di questo quartetto “convergente” che sarà possibile vedere dal vivo in giro nei prossimi mesi. Per quanto mi riguarda, ho già segnato in agenda la data genovese del 29 marzo 2026 al Teatro Modena.

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