Nemu records: nella fabbrica della nuova musica improvvisata

Una scintilla del grande braciere del jazz più avventuroso e libero si è liberata qualche anno fa, viaggiando fa i continenti e depositandosi infine in una remota regione della Germania del nord, fra Amburgo e Berlino, il Mecleburgo – Pomerania anteriore, alimentando nuove fiamme e nuova musica. Siamo a Wangelin, casa della Nemu records, etichetta fondata nel 2003 da due musicisti esperti come il batterista Klaus Kugel ed il violinista Albrecht Maurer come piattaforma a supporto di produzioni auto finanziate in campo avant garde /jazz / free improvisation. La formula è semplice quanto efficace: i musicisti realizzano a proprie spese le registrazioni, di cui rimangono proprietari, rispettando le regole grafiche delle confezioni, Nemu supporta l’intero processo produttivo ed asssicura diffusione informativa rivolta a radio, testate e promoters.

Ecco come, oltre venti anni fa, Kugel e Maurer presentavano il loro numero 1 del catalogo, il cd “MARS

“Siamo atterrati in un mondo musicale originale come il pianeta rosso. Una sin/tesi di idee musicali ed ideali presentato in una modalità quasi utopistica , filtrata attraverso corde e fiati supportati da coraggiose percussioni. Fuoco quieto. Disordine armonioso.”

Oggi il catalogo Nemu è arrivato al numero 36 e comprende un’ampia gamma di declinazioni del termine avanguardia, con produzioni di musica cameristica neo classica, world e musica antica, incluse opere di confine fra diversi territori come il recente solo della cantante belga Sophie TassignonA slender thread” di cui abbiamo già parlato su queste pagine.

Ma il focus principale della Nemu rimane sulla musica improvvisata di stampo jazzistico, che ha prodotto in questi giorni nuove pubblicazioni di rilievo come il doppio cd “Blue transient” a cura di un quartetto comprendente il collaudato trio di Christian Ramond al basso, Klaus Kugel alla batteria e Christopher Dell al vibrafono con ospite il trombettista statunitense, autorevole esponente della scena sperimentale spesso a fianco di Tim Berne, Herb Robertson .

Un’ opera nata a seguito del tour avviato nel marzo 2024, che si sarebbe rivelato l’ultimo per il trombettista, scomparso prematuramente a dicembre dello stesso anno, e che oggi assume il valore di lascito riassuntivo di una carriera trascorsa in bilico fra la tradizione ed il mondo della sperimentazione in musica. Il doppio cd contiene un’intricata e densa materia, alimentata dal lessico del tutto personale della tromba di Robertson che produce note, rumori, financo l’uso di fonemi vocali, dalle risonanze metalliche di un magistrale vibrafono, e da una sezione ritmica in grado di assicurare uno sfondo magmatico (specie nella prima parte) o discreto e sottillmente penetrante a seconda dei casi. In alcuni dei sette lunghi episodi che occupano i due cd, emerge, in questa musica dominata dalla casualità, una forma del tutto peculiare di swing, una pulsazione riconoscibile che diventa riferimento estetico ed identitario attorno al quale si avvolge la spirale della creazione istantanea,

Condivide con “Blue transient” la sezione ritmica l’esordio del Yamabiko quintet, con Michel Pilz al clarino basso, Reiner Winterschladen alla tromba e Frank Paul Schubert all’alto sax. Qui l’improvvisazione nasce spesso quale sviluppo di nuclei tematici ben riconoscibili disegnati dalla sezione fiati, talvolta muniti di una intrinseca vis declamatoria e capacità narrativa (“Beautiful flowers“) e l’insieme beneficia del contrasto timbrico fra tromba, sax e clarino.

https://yamabikoquintet.bandcamp.com/album/yamabiko-quintet?from=embed

Una formazione quasi identica, con l’eccezione di Stefan Sheis al basso, ha invece registrato un live tratto dall’esibizione al FreejazzSaar del 2019 , un gruppo di improvvisatori nato da un evento improvviso ed imprevisto, cioè la necessità di sostituire l’esibizione del sassofonista Charles Gayle, non disponibile in seguito ad una caduta.

Un piccolo passo indietro nel tempo evidenzia altri esempi degni di attenzione del catalogo dell’etichetta germanica, come “BLACK HOLES ARE HARD TO FIND“, con i sax di Frank Paul Schubert, le chitarre di Kazuhisa Uchihashi e la batteria Klaus Kugel, oltre settanta minuti di esplorazioni ed interazioni spesso contaminate dall’elettronica, o l’incontro fra improvvistaori europei e statunitensi di “TRANSATLANTIC FIVE” ove sono presenti la tromba di Nate Wooley, il sax di Ken Vandermark il vibrafono di Christopher Dell e la ritmica Ramond/Kugel che ricorre in molti titoli del catalogo.

Si tratta, in tutti i casi citati, di musica densa ed impegnativa, da ascoltare con attenzione esclusiva, evitando qualsiasi occupazione mentale/manuale concorrente: presa con le dovute modalità saprà rivelare il suo carattere forte ed incisivo, la sua capacità creativa fuori da vincoli strutturali ed inaspettate sorprese sotto forma di scampoli di poesia musicale.

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