“Somni” (GrounUP Music) – CD
Il concetto di sogno si addice appieno alla storia del super gruppo statunitense Snarky Puppy: la parabola che collega un passato da compagni di studi presso l’ Università del Nord Texas riuniti dalla passione per la musica sotto la guida del bassista Michael League a stelle internazionali con una quindicina di album in un ventennio di carriera, cinque Grammy e svariati altri premi all’attivo, ed una reputazione da riferimento per svariate funk jam jazz bands sparse in tutto il mondo, può essere bene riassunta nelle coordinate di un’ esperienza non reale, ma immaginata nell’attività onirica. Tutto vero, invece, e “Somni” (GroundUP Music) , è semplicemente il titolo, in spagnolo, del nuovo album prodotto dal gruppo nell’ usuale modalità “live in studio” con tanto di pubblico ed applausi, registrato insieme alla olandese Metropole Orkest nel corso di tre notti del Gennai0 2025 ad Utrecht. Un progetto che torna a riunire il gruppo statunitense costituito da una ventina di elementi all’ensemble diretto da James Buckley, esempio unico di orchestra dedita al pop ed al jazz formata nel 1945 e conosciuta per avere accompagnato, fra gli altri, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie, Brian Eno, Gregory Porter, Jacob Collier, e gli stessi Puppy, una decina di anni fa nell’album ” Sylva“, una suite dedicata al mondo della natura che valse al gruppo nel 2016 uno dei Grammy Award per il miglior album strumentale contemporaneo.
Devo confessare di avere fin qui avuto un rapporto di attrazione e parziale rigetto per la musica degli Snarky Puppy, alimentato, da un lato, dall’apprezzamento per la evidente perizia strumentale, la travolgente espressività e l’eterogeneo mondo musicale della band (jazz, rock, prog, ma anche r&B, funk,) e dall’altro lato dalla tendenza ad una ricorrente grandeur, ad esasperanti jam dalla direzione ubiqua, ad un “troppo” strumentale talvolta stordente.
“Somni” però, anche per la compresenza dell’ensemble orchestrale, mi ha svelato nuovi aspetti della musica Snarky Puppy , che ritengo meritevoli di attenzione anche da parte di chi non sia strettamente adepto al verbo della band. Il disco è infatti un coraggioso ed innovativo esperimento di gestione di masse musicali, nel quale i ruoli dell’orchestra e della “big band” si intersecano efficacemente in una trama musicale fitta ma sempre perfettamente leggibile.
Una convivenza che enfatizza, in alcuni episodi, come l’iniziale “Wave upon waves“, o in “Only here and nowhere else“, il versante melodico, con avvolgenti e cinematografiche volute orchestrali che si sovrappongono al tessuto strumentale creato da tastiere, fiati, chitarre e percussioni, tutti presenti in dosi massicce.
Ma la parte forse più interessante ed originale riguarda l’approfondimento di una sorta di simbiosi ritmico/armonica fra i due ensembles, che mette a contatto strigenti scansioni percussive con improvvisi lampi orchestrali (“As you are but not as you were“), orienta i rispettivi apporti al disegno di atmosfere apocalittiche (“Chimera“), aziona irresistibili leve funk tramite tastiere e percussioni quanto attraverso gli archi (“Recurrent“), muove incombenti nuvole orchestrali su tappeti percussivi tribali (“It stays with you“). L’orchestra sembra assumere le sembianze di uno strumento, l’ennesimo, a disposizione della band e la sua integrazione nelle composizioni originali avviene in modo organico e proficuo, senza le forzature che spesso hanno caratterizzato questi esperimento di convivenza.
Ad intervallare una simile mole di contenuti anche due episodi più pacati, la prog ballad “Between worlds” dove chitarre e synths dialogano con gli archi ed un solitario clarinetto svetta sull’insieme, e “Drift“, dove un ostinato del pianoforte ed un sax, un hammond ed una sezione fiati disegnano una brumosa e notturna cortina blues.
I brani sono tutti ispirati a diversi aspetti dei sogni, in alcuni casi derivanti da esperienze personali di League, che ha composto nell’arco di un mese trascorso in soltudine nella campagna di una regione giapponese per poi trasferire spartiti ed arrangiamenti sulla scala collettiva propria della band. Che non lesina, come nel proprio DNA, ampi spazi ai soli strumentali – con chitarra, pianoforte, fiati e batteria spesso protagonisti – e qualche cedimento alle tentazioni da jam session. Ma in questo caso facendo “sognare” musica che a queste orecchie suona innovativa.
