MICHAEL DEASE – City Life – Music of Gregg Hill (Origin) Supporti disponibili: CD – LP
Doppio disco di assoluta sostanza quello che ci consegna il trombonista Michael Dease, classe 1982, nativo di Augusta, Georgia, così come della Georgia è il suo mentore principale, il collega Wycliffe Gordon, più vecchio di una generazione, una sorta d’istituzione in materia. Anche Dease da diversi anni può essere considerato come una vera eminenza dello strumento, sebbene il suo nome, a dispetto dei continui piazzamenti nel DownBeat, vinto per cinque volte, non sia molto conosciuto ai nostri lidi, forse per una carriera finora tutta vissuta oltre oceano anche come docente molto apprezzato, come dimostrano le decine di master classes in Università del North Texas, Scranton University, University Iowa, Florida State College, Broward College, oltre al suo ruolo di Professore di Jazz Trombone al rinomato Michigan State University.
Il diciassettesimo lavoro come leader di Dease è anche il più ambizioso, il trombonista si presenta infatti con due set con due gruppi diversi in azione, il primo in trio, nel format non comune trombone – basso (Linda May-Han-Oh) – batteria (Jeff “Tain” Watts) ed il secondo in quintetto, con pubblicazione per la Origin di Seattle, dove Dease approda dopo una lunga teoria di titoli usciti per la Posi-tone.
Il disco è stato prodotto dal compositore Gregg Hill, penna assai prolifica e sodale del trombonista, che da molto tempo si dedica alle sue composizioni, siamo infatti giunti al terzo episodio (!) dedicato alla sue musiche, qui vengono presentati ben 12 brani (su 19) distribuiti tra i due set ispirati alla vibrante vita di New York, ai suoi suoni e al suo ribollire, con il trambusto e la poesia che di riflesso conosciamo benissimo anche noi della periferia dell’Impero, che sotto sotto c’illudiamo di conoscere la Grande Mela e consideriamo NY un pochino “nostra” con mille virgolette, mentre aspettiamo che il trattore faccia manovra nella nebbietta padana mattutina, con l’autoradio che spara questo “City Life” a tutto volume. Esploriamo il complesso rapporto tra compositore ed esecutore citando da una recente intervista a Michael Dease:
“Gregg ha un senso dell’umorismo bizzarro ed è una persona dalla duplice natura. È molto timido e introspettivo, ma gli piace anche viaggiare a New Orleans e non ha paura di conoscere nuove persone. Ha un vasto repertorio jazz; conosce molti compositori, brani e dischi, a partire dagli albori, ed è specializzato nella musica degli anni ’60 e ’70, quando si stava avvicinando a questo genere. Credo che Gregg fosse un sassofonista e, con l’evolversi della sua vita, ha iniziato a suonare il pianoforte e a scrivere accordi e melodie. Quindi, nella sua musica, sento molte delle principali influenze: motivi ritmici semplici e forti, influenzati da Thelonious Monk. Mi piace sentire il suo uso dell’ostinato di basso e le sue scelte di accordi uniche. Lo sento attingere a tutti i grandi compositori e artisti a cui siamo abituati.Probabilmente la cosa più bella che ho potuto fare con questo progetto è stata: mi ha dato carta bianca per arrangiare tutto. Così, ho potuto prendere i suoi spartiti e trovare un punto di incontro tra il concept di Gregg e il mio come bandleader e creatore di atmosfere. “
Il primo disco in trio senza strumento armonico merita un ascolto più attento perchè il trio si muove su direttive crude ed energiche di grande fascino e in grado di catturare completametne l’attenzione , è una prova di quelle senza rete che rimandano ad imprese gloriose, tipo per intenderci “Way Out West” di Sonny Rollins, ma senza investire troppo nel virtuosismo, c’è aderenza al tema, intuito, ascolto e reazione tra i tre che sviluppano le composizioni di Gregg Hill, come la cantabile “Willow Walks In” o l’intricata “Catalyst” innervandole di soluzioni personali, forme libere e danzanti, sonorità d’anodina bellezza, con una, a nostro avviso, fantastica Linda May Han Oh, con il suo intenso lirismo a fare da perno ad un trio che si muove in modo paritetico e regala molte sorprese, soluzioni inusuali ecc.
Il secondo set cambia completamente l’atmosfera, i colori caleidoscopici della città s’accendono, la città macina il suo tempo, l’aggiunta di Nicole Glover al sax tenore e di Geoffrey Keezer al pianoforte consentono di mettere in moto un quintetto “classico” di formidabile potenza che alterna sapientemente blues, ballads e bop di gran qualità. Si percepisce una robusta dose di humour nelle partiture di Hill e la tecnica mostruosa messa al loro servizio dalla band le fa decollare a razzo, c’è empatia e coinvolgimento, Dease e la Glover fanno letteralmente faville in “Skittles”, un divertente up-tempo, e segnaliamo anche un brano che esula dal songbook di Gregg Hill, ovvero la brillante versione di “Blues For Herb” scritto dalla compianta Emily Remler, newyorkese DOC, chitarrista scomparsa prematuramente ed assolutamente da recuperare, nel caso il suo nome mancasse ai vostri ascolti.
L’anima della metropoli palpita e da lontano manda tiepidi bagliori, il jazz nonostante le mille trasformazioni in atto da decenni ha un assoluto bisogno di NYC, faro e crogiuolo inesausto, questo disco è un ennesimo atto d’amore a quella città e alle sue mille voci.

