Molti i ricordi in rete per la scomparsa del grande batterista americano (vedi a piè pagina). Ho scelto un interessante commento di Billy Hart che comparirà nel suo prossimo libro di memorie:
Quando imparavo a suonare a Washington, DC, c’era una vera enfasi nella ricerca del proprio sound. Ricordo di aver sentito alcuni anziani discutere con Clifford Jordan: Jordan aveva già uno stile indipendente, o suonava troppo come Sonny Rollins?
Quando sentivo le persone parlare in quel modo, mi sentivo incoraggiato a dare priorità all’individualità. Quando finalmente pensavo di avere “il mio stile”, mi sentivo piuttosto sicuro. Ma poi ho sentito Roy Haynes e ho capito che stava già facendo ogni cosa possibile che io pensavo fosse “il mio stile”. Anch’io assomigliavo parecchio a Haynes, e sulle riviste anche la sua batteria sembrava la mia.
Alla fine ho capito che quasi tutto ha origine da qualche altro posto.

Ogni tanto qualche giovanotto mi dice che suona “la sua musica”. Questo modo di vedere le cose può essere fuori luogo, a meno che non siano veramente musicisti avanzati. Nella sua masterclass del 1985 al Berklee, qualcuno ha chiesto a Tony Williams: “Quando ti sei reso conto di avere il tuo stile?”
Tony risponde: “Non ho mai fatto questo pensiero. Mi sento ancora come se stessi suonando nel modo in cui le persone che ammiro suonerebbero, se fossero me”.
Jack DeJohnette è un buon esempio. Suona come Roy Haynes, rinuncia a tutto per il suo Papa Daddy, ma suona come se stesso. Se emuli chi ami, il tuo corpo individuale lo trasforma in qualcosa di tuo. Più musica ami, più musica conosci, più puoi assimilare e dare forma alla tua interpretazione della tradizione.
(…)
Roy Haynes poteva suonare con chiunque e suonare come se stesso. Lavorò con il maestro swing originale, Lester Young, così come con i giganti del bebop Charlie Parker e Bud Powell. Poi tenne duro per un lungo periodo con la diva Sarah Vaughan, ma in qualche modo stava solo iniziando. Continuò a fare molti grandi dischi con la nuova generazione di avanguardisti come Andrew Hill ed Eric Dolphy, per non parlare del fatto che Coltrane scelse lui per sostituire Elvin Jones. Quando la musica cambiò negli anni ’60, passando dall’essere esclusivamente orientata alla forma della canzone a un’enfasi sui pedali e sulla consistenza, molti batteristi più anziani rimasero indietro. Haynes non solo tenne il passo, ma diede il ritmo. Chick Corea fece usare a tutti i suoi batteristi lo stesso flat ride che Haynes suonava in Now He Sings, Now He Sobs .
Oltre a tutto questo, sa suonare il blues lento con totale impegno. Al memoriale di Dewey Redman nella chiesa di St. Peter, Roy Haynes ha suonato con Joshua Redman, Pat Metheny e Charlie Haden e ci ha dato una lezione sulla giusta consistenza per un blues lento.
—Billy Hart
Gli articoli di Nate Chinen per il New York Times e di Ben Ratliff per la NPR
