“Six friends for Bicio”: un omaggio a Maurizio Caldura Nùñez

Maurizio Caldura Núñez  è stato un sassofonista jazz italiano, specialista del tenore, ma attivo anche al soprano ed al contralto, cresciuto musicalmente a Mestre e noto per il suo lavoro con molti gruppi jazz italiani di rilievo nel periodo degli anni Ottanta e Novanta. Ci ha lasciati prematuramente, nel 1998, a soli 39 anni, ma la sua eredità musicale permane nel ricordo di chi ha collaborato e studiato con lui. Membro per alcuni anni del gruppo di Giorgio Gaslini, collaboratore a lungo della cantante Tiziana Ghiglioni, Caldura ha fatto parte di ensemble come Keptorchestra, una big band fondata con Pietro e Marcello Tonolo che ha ospitato Lee Konitz, Steve Lacy e Joe Lovano, nonchè del Matt Jazz Quintet, che dirigeva insieme al pianista Luca Flores. Attivo sia in campo discografico che come didatta, ha pubblicato come leader per Caligola Records gli album «Static Energy» e «Murrina Latina», ed ha fondato a Dolo con Marcello Tonolo la scuola di musica Thelonious Monk, fra le prime e più importanti del Veneto, ancora oggi in attività .

Il progetto “Six friends for Bicio“,(Caligola records) come veniva soprannominato, è un tributo al compositore e sassofonista voluto dall’amico e collaboratore pianista Marcello Tonolo che ha riunito, intorno ad un programma di composizioni di Caldura, una formazione di collaboratori, allievi ed amici, da Roberto Rossi al trombone a Marc Abrams al contrabbasso, da Michele Polga, uno dei migliori allievi di Bicio, al genovese Giampaolo Casati che sostituì spesso nei suoi gruppi il compianto Marco Tamburini alla tromba, fino al giovane batterista Enrico Smiderle. Il disco, scaturito dalla session del dicembre 2024, sfoggia solida sostanza e bella varietà di temi e climi, alternando brani ispirati alle radici latine del compositore, ballads e composizioni in tempo medio nel solco di un jazz mainstream attuale e dinamico che si avvale di un’ efficace e scattante sezione fiati .

Il progetto presentato nell’ambito del Festival Barga Jazz

Si inizia dai grooves latin di “Goofy’s dance“, introdotta dal pianoforte di Tonolo e seguita da una presentazione in solo dei componenti il sestetto: tromba, sax, trombone, pianoforte, e quando la sezione fiati scolpisce l’ energetico riff del tema iniziamo a sentirci in sintonia con queste atmosfere, sensazione che, durante l’ascolto, si ripresenterà spesso, cullati o incitati dalla sezione ritmica, dalla lirica e profonda tromba di Casati, dal sax ricco di storia e di sostanza di Polga, dal trombone “nature” o “mutato” di Rossi e dal pianoforte di Tonolo che spesso ha funzione essenziale nell’architettura degli arrangiamenti. Come accade con la fascinosa ballad “Amigavel“, con ampio spazio alla tromba, con i climi bluesin’ e le citazioni dalla tradizione di “Bradipo“, con le prospettive contemporanee di “Groovin Jones“, ben introdotta e sostenuta dal mobile basso di Ambrams ed attraversata da un lungo soliloquio del trombone o di “Gothic legend” che riserva un ruolo di primo piano al soprano di Polga. Si ritorna ad una dimensione legata allo swing ed agli scambi strumentali sincopati con “Ink stains“, gli stacchi dell’esuberante sezione fiati a duellare con i breaks della batteria, fino ad una sezione conclusiva dal sapore tribale, immersa in una foresta di percussioni e suoni misteriosi. “Weeping radish” con la sua atmosfera sospesa fra la malinconia e la speranza, ha l’eleganza formale e la capacità evocativa di un classico del repertorio del piano trio, ed è preludio ideale per l’unico brano originale, “Nùñez dance” composta da Polga in omaggio al maestro, ripercorrendo alcuni aspetti della sua musica, vitale e riflessiva ad un tempo, e concludendo il brano con una sorta di commiato sentito ed emozionante. “Mr PJ ” è una dedica agile e swingante al celebre sassofonista Paul Jeffrey, una carriera a contatto con Gillespie, Mingus, Count Basie e Thelonius Monk di cui fu collaboratore stretto a metà anni settanta, molto presente anche dalle nostre parti in collaborazioni con jazzisti italiani, mentre a “Silly samba” in chiave latina, con andatura rilassata e refrain che starebbe bene in una commedia all’italiana anni ’60, spetta il compito di salutare gli ascoltatori.

Un bel modo per ricordare un musicista “andato avanti” troppo presto, uno fra i tanti del mondo comunità che chiamiamo jazz.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.