Tradizione ed attualità, storie collettive e personali si incrociano nel ritorno discografico, dopo alcuni anni, del sassofonista vicentino Michele Polga, pubblicato dall’etichetta che, nel corso degli anni, ha svolto un ruolo determinante per la diffusione del jazz in Italia e contribuito allo sviluppo di molte idee musicali fatte proprie da musicisti come Polga. Oggi, nella sua nuova incarnazione sotto l’egida di Marco Pennisi, l’etichetta fondata nel 1976 da Sergio Veschi, oltre ad alimentare un catalogo di riedizioni realizzate con massima cura per l’aspetto tecnico e grafico, è anche “casa” di musicisti che su quei dischi rossi hanno svolto una rilevante parte del proprio apprendistato.
“Doors” farà felici i seguaci dell’hard/post bop, non pochi fra gli abbonati di traccedi jazz, che si riconosceranno, fin dalle prime note dello scattante tema di “Back and forth” nei canoni dell’amato idioma, protagonista un tenore che si iscrive nella tradizione Coltrane/Henderson, cui aggiungerei Mike Brecker, con un suono pieno, profondo ed un fraseggio fluido in grado di condurre senza forzature il veicolo del quartetto in corse sfrenate o assorte souplesse a seconda del clima di composizioni costruite con avveduto senso architettonico. Detto di una ritmica Gabriele Evangelista/Bernardo Guerra, dalle palpabili qualità di solido sostegno e dinamica inventiva, l’elemento che inserisce nel contesto interessanti aspetti innovativi è il pianoforte di Alessandro Lanzoni, già apprezzato in diverse formazioni e situazioni, che qui assume il ruolo di indirizzo verso dimensioni inattese rispetto allo sviluppo dei brani, aprendo le porte (le doors del titolo ?), ad inaspettati sviluppi ritmici ed armonici .
Prendendo come esempio il brano d’esordio, al tema dinamico ed elastico fa seguito un lungo solo del tenore costruito con accurata strategia narrativa: poi verso la metà della durata ecco il pianoforte, che inizialmente segue la traccia segnata, introducendo qualche piccolo elemento di deviazione, quindi conquista un territorio autonomo, con volute di ampio respiro che scardinano la scansione ritmica, prima della conclusione collettiva sul tema di avvio.
Nel brano dal vivo di durata dilatata, il momento in solo di Lanzoni è collocato a partire dal minuto 3:00
I nove brani in scaletta sono tutti originali tranne un remake di “Along came Betty” di Benny Golson collocato da un dialogo in duo sax / pianoforte in un territorio di confine fra interpretazione e libera creazione, ed alternano episodi veloci e ritmicamente spigliati come “Sunday afternoon” ed “Unsaid” a ballads che consentono ampi spazi di esplorazione, dialogo ed approfondimento fra i due principali protagonisti ( la title track, il tema meditato di “Late winter” a cui Evangelista offre una sentita escursione personale, l’intimità di un inno personale come “Baxòcheche“, dedicata al papà)
“Re Trane“, aperta dal circolare andamento dei tamburi, è un chiaro omaggio al Coltrane spirituale di “A love supreme”, da tempo nel repertorio del sassofonista: si avverte, nelle parti soliste del sax e del pianoforte che seguono l’esposizione dello stentoreo tema, così come nella ritmica a stento trattenuta, un desiderio di fuga ed astrazione dalle gabbie formali, forse un’altra “porta” aperta per il quartetto.
La chiusura è affidata alla leggera brezza di “After a while”, un tema conciliante sul quale tutti gli strumenti sembrano convenire sulla necessità di un momento di dialogo rilassato. Prima di chiudere l’ultima porta.
Il quartetto in un concerto dello scorso anno con gran parte del materiale di “Doors”
