CARTOLINE – PERUGIA, FLUSSI

“Streams”, “correnti”,  era il titolo di un bell’album del Sam Rivers anni ’70, ahimè oggi rarità collezionistica. Purtroppo la copertina non sposa il titolo, e di qui la scelta della più appropriata cover di un altro bel disco di Bill Evans.

Ma a parte l’effetto rinfrescante, cosa c’entrano le acque in movimento con le cronache dell’estate jazzistica italiana? Ebbene sì, c’entrano, come hanno dimostrato due caldi pomeriggi al Teatro Morlacchi, l’Altra Umbria Jazz. Protagonisti due quartetti guidati da due musicisti che, pur essendo distaccati da almeno un paio di generazioni jazzistiche, hanno rivelato una simile concezione della ‘musica per flussi’, che, pur evocando a tratti books già ben consolidati e noti in ambito discografico, dissolve i singoli brani in un continuum fluviale ed in perenne trasformazione. Eh sì che penne jazzistiche di gran valore avevano vaticinato per il jazz del nuovo millennio un’inesorabile virata verso la composizione strutturata e di marcata individualità….

Entrambe le formazioni sono ben note per una serie di uscite discografiche di notevole rilievo, che hanno consolidato la loro immagine. Ma in entrambi i casi l’ascolto dal vivo ha prospettato  forme estese cui corrispondono tempi lunghi e dilatati; è quindi richiesto  un ascolto immersivo, esperienza completamente diversa dall’ascolto discografico.

Il quartetto di Mark Turner (lui al sax tenore, Jason Palmer alla tromba, Joe Martin al basso e Jonathan Pinson alla batteria) guadagna nettamente in freschezza e novità dalla rimozione del ‘filtro ECM’. Oltre alla libertà di poter giocare su tempi estesi, per tutta la prima parte del concerto si nota una spiccata inclinazione della front line per prolungati unisoni, che sul solo piano strutturale sembrano rimandare al bebop e solo raramente si aprono in percorsi individuali.

Turner rimane immerso in quel mood introverso e meditativo che gli conosciamo da tempo, ma le suggestioni tristaniane sono più lontane rispetto ad occasioni passate. A volte la sua sciolta discorsività ricorda l’inesauribile improvvisazione tematica di Rollins, ma in una dimensione molto più lineare ed intellettuale, immune da ogni titanismo atletico.

Molto curato ed efficace è il dialogo contrastato con Jason Palmer, una tromba vitale  e luminosa che fa da costante controcanto al sax di Turner, assorto invece in archi melodici a lunga gittata ed immune da  vistose impennate.

Alle spalle di questa front line intensa e concentrata c’è grande spazio per una ritmica in gran evidenza: il basso di Martin è nitido ed autorevole, ma l’assertività del drumming di Pinson si impone con gran decisione: impressionano i suoi accenti secchi ed autoritari preparati con grande efficacia teatrale.

Beh, in passato Turner sarà anche stato un ‘leader riluttante’ al ruolo (come lui stesso ha dichiarato in varie occasioni), ma ormai sembra aver preso gusto a costruire e plasmare una band che allo stesso tempo vanta fisionomia definita e dialettica interna molto viva. Fate attenzione a suoi prossimi passaggi sui nostri palchi (peraltro l’occasione di Perugia è stata alquanto preziosa).

Stavolta siamo fortunati: Turner ed i suoi a Berlino pochi giorni prima del concerto perugino. Bel video, avete ben 22 minuti di musica per voi

Immanuel Wilkins, invece, sembra nato leader fatto e finito dalla testa di Minerva. Ma le apparenze ingannano: nel jazz nessuno nasce ‘caballero’ (come viceversa si tende a credere troppo spesso dalle nostre parti), ed i 27 anni di Immanuel sono densi di un lungo e variato apprendistato. Non solo, ma a tutt’oggi vediamo ancora apparire il nostro da sideman in contesti musicali spesso alquanto lontani dalla sua poetica già consolidata e testimoniata da una discografia personale già piuttosto fitta: chapeau, andrà ancora più lontano di quanto sia arrivato ora.

Ma al Morlacchi gioca in casa, si è portato dietro il suo quartetto tirato a lucido: è bello vedere come  i jazzmen DOCG pur confinati in teatro abbiano ancora vivo il mito dell’Umbria Jazz che fu e si facciano un punto d’onore di comparirvi nella veste migliore. Meriterebbero almeno qualche parola di presentazione (quest’anno nessuno è apparso a farlo, veramente triste); ma per fortuna questo pubblico del Morlacchi conosce benissimo chi si trova di fronte ed il livello delle proposte che gli si offrono.   

  

Immanuel Wilkins

Anche qui il concerto si apre con un lungo flusso di coscienza, in cui la voce chiara del sax alto di Wilkins evoca l’atmosfera aurorale tipica della sua musica, ma in una sorta di dilatato, esile preludio che ha qualcosa di rituale.

Dopo molto incedere lineare in cui spicca la scorrevolezza e l’inventiva melodica di Wilkins, la musica s’increspa in un lungo, nervoso dialogo tra il sax staccato e frammentato del leader e la batteria incalzante di Kweku Sumbry: un  momento veramente memorabile, giustamente celebrato dal pubblico.

Il drumming avvolgente ed onnipresente di Sumbry si impone da subito e con evidenza come  vero architrave del gruppo,  bilanciando l’aerea libertà della frontiline. Ahimè per il basso di Ryoma Takenhaga  rimane solo un ruolo di pietra angolare tra le quinte.

Invece un pianista del calibro di Micah Thomas non può passare certo inosservato: dopo tanto lavoro di fedele accompagnamento sottotraccia, Thomas decolla negli spazi solistici con un pianismo aereo, in punta di dita e venato di luminosa astrazione. Il fuoriclasse della tastiera quindi emerge comunque, e si nota una sua vicinanza a quella vena di pianismo intellettuale ben rappresentata da Ethan Iverson.

La musica del quartetto è un grande fiume in cui l’alto è il cuore placido della corrente, il fedele ma inquieto accompagnamento di Thomas i gorghi nascosti appena sotto la superficie e la batteria di Sumbry la schiuma delle rapide.

Insomma, un’altra esperienza d’ascolto immersiva e coinvolgente che meriterebbe un’adeguata  documentazione discografica in un bel live che ne catturi la ricchezza e vitalità: ma purtroppo la futile moda dell’LP osta ad una realizzazione del genere.

Stay tuned, il meglio deve ancora venire. Milton56

 

Ancora baciati dalla fortuna: questa è addirittura una clip amatoriale del concerto di Perugia, ancor più preziosa. Affrettarsi a godersela, la Polizia del Pensiero è sempre in agguato su YouTube

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.