Led Bib – Hotel Pupik (Cuneiform records)

HOTEL PUPIK è un programma di residenza artistica fondato nel 1990 negli edifici di un ex caseificio a Schrattenberg, St. Lorenzen, nella regione della Stiria, sud est dell’Austria, che ogni anno, tra maggio e ottobre, invita una selezione di artisti provenienti da diverse discipline, con un’attenzione particolare ai progetti di confine tra diversi media. I partecipanti hanno accesso a spazi abitativi e studi, vitto, alloggio e materiali di base.
Per i Led BiB, gruppo britannico attivo da vent’anni sul fronte del jazz ibridato con il rock ed il progressive, la permanenza austriaca ha assunto le dimensioni di una vera e propria rifondazione, a causa della recente dipartita del tastierista Toby Mc Laern, uno dei fondatori dell’ensemble, insieme al batterista e compositore Mark Holub. Un processo iniziato con le difficoltà di un quartetto che si trova improvvisamente senza un elemento portante del proprio suono ed avverte un vuoto rispetto all’usuale modo di suonare, e maturato poi lentamente proprio nel corso della settimana trascorsa all ‘Hotel Pupik che è diventato quindi simbolo della nuova fase e titolo dell’album in fase di pubblicazione da Cuneiform records, etichetta statunitense con la quale il gruppo aveva collaborato fin dal 2009 con il terzo album “Sensible shoes”, interrompendo il rapporto solo nel 2017 con due lavori realizzati con RareNoise , “Umbrella weather” e “It’s morning”.

Il risultato fissato sul disco è la cronaca di un travaglio, una musica che riflette l’esigenza di trovare una nuova condizione attraverso domande esistenziali . “La situazione inedita di trovarci in quattro (Mark Holub batteria,Pete Grogan e  Chris Williams ai sassofoni e Liran Donin al contrabbasso) , ci ha spinto a ripensare completamente a cosa stavamo facendo, in un modo positivo. E’ come quando finisce una relazione, in qualche modo devi ripensare a chi sei senza la persona che hai perso. Siete stati insieme per così tanto tempo che la tua personalità è intrinsecamente collegata all’altra persona o , in questo caso al gruppo. Chi sono io se non sono con quella persona?. Che musicista sarei se non fossi mai stato in questo gruppo ? Così, fare questo disco è stato un modo per immaginare una nuova partenza, come se non avessimo suonato insieme nei venti anni passati. ”

  

Se l’inizio ha tutta l’energia che accompagna una rifondazione, con il drumming roboante ed i fiati gradassi di “Iron One“, ben presto prende il sopravvento una dimensione più riflessiva ed approfondita in brani come “A tin teardrop” o “Transient weaving”, che coagulano avvii dimessi e destrutturati in temi collettivi immersi in atmosfere free jazz dalla palpabile tensione ritmica. Un contrabbasso umbratile accompagna il canto stentoreo dei saxes in “Dawn Chorus” in un clima misterioso e surreale, mentre “Pure O” , costruita sul contrasto fra l”estenuato percorso dei fiati ed una parte ritmica esuberante e fuori schema, dopo avere raggiunto un punto di massima tensione, si diluisce in un lirico passo a due.

Assegnata alla title track la componente più astratta e free della nuova anima dei Led BIB, con dodici minuti di improvvisazione ad alto tasso ritmico che esitano in una stranita sezione finale ambientata in un pulsante spazio elettronico, resta da dire dell’ultima composizione, “Till nex time” : una sorta di arrivederci che mi ricorda certe Orchestre di Pinguini, dove ritmo e melodia si congiungono partendo da terra per raggiungere l’azzurro del cielo con il canto finale dei soli sassofoni. Un bell’indizio per quello che potrà essere il futuro della band britannica.

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