Roberto Ottaviano – Eternal Love

«Quando Françis Bebey, musicista, scrittore e giornalista camerunense, che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere, agitava la sua Mbira lasciando risuonare al suo interno dei frammenti di ossa come dei sonagli, amava dire che quello è il suono dei morti che non sono morti, nel senso che non ci abbandonano ma anzi ci guidano nel peregrinaggio della nostra esistenza. Nella cosmogonia Africana questo è l’Eternal Love.”

 «Come in una preghiera o una evocazione, il suono di questo gruppo come quello della Mbira di Francis, richiama ad una presenza tangibile tutta la bellezza fiera e battagliera della madre terra e delle sue migliori anime per celebrare in questi tempi difficili, la speranza e la voglia di riscatto del genere umano. È la prima volta che sento il bisogno di un “bagno mistico” in cui il Jazz si fa infine Musica Totale, ma soprattutto travalica l’idea fine a sè stessa di fare musica, per scavare a fondo nel nostro ego e per capire se esiste un “noi” universale da cui ripartire».

Basterebbero le parole che Ottaviano scrive nel booklet per inquadrare l’album da poco pubblicato che lo vede in ottima compagnia:  Marco Colonna clarinetto e clarinetto basso, Alexander Hawkins piano, rhodes, hammond, Giovanni Maier contrabbasso e Zeno De Rossi batteria si uniscono al sassofono soprano del leader per raccontarci attraverso nove brani il bisogno di spiritualità e l’esigenza di fratellanza di cui sono intrise le parole del libretto e che invece difettano nella società odierna.

La scaletta propone due brani originali di Ottaviano (“Questionable 2” ed “Eternal Love”) e le reinterpretazioni di sei pezzi conosciuti, partendo da Abdullah Ibrahim (“African Marketplace”), Charlie Haden (“Chariman Mao”), Dewey Redman (“Mushi Mushi”), Elton Dean (“Oasis”), John Coltrane (“Your Lady”) Don Cherry (“Until the rain comes”) con, per concludere, il tradizionale africano . Uhuru.

Lo scorso anno Ottaviano con il magnifico album Sideralis vinse il Top Jazz come disco dell’anno, eppure la sua visibilità è piuttosto relativa ed il suo nome conosciuto quasi esclusivamente da appassionati e poco diffuso dai media salvo che a livello locale dove il musicista opera. Anche nei principali festival italiani la sua presenza pare dosata con il contagocce, un vero peccato, soprattutto in considerazione del lungo momento magico e dello stato di grazia che emerge con chiarezza dai suoi album.

Probabilmente Eternal Love non raggiunge il picco di Sideralis, ma solo per la scelta di interpretare un repertorio conosciuto e riferibile ad un preciso momento storico. Al di là della bellezza e della cantabilità dei brani , la decisione di includere solo due originals toglie in parte quella compattezza e quella originalità che avevano fatto di Sideralis l’album dell’anno.

Peccato veniale, soprattutto in considerazione delle intenzioni extramusicali espresse nel booklet da Ottaviano, che comunque non inficia la prestazione maiuscola dei musicisti, tutti al massimo delle loro potenzialità espressive. Se colpisce la capacità di Alexander Hawkins di adeguarsi ai vari contesti sapendo cangiare toni e colori secondo necessità, sono i clarinetti di Marco Colonna che impressionano nel rapportarsi discorsivamente e propositivamente al soprano di Ottaviano, dal suono sempre limpido e dalla tecnica magistrale. De Rossi e Maier sono poi una garanzia di affidabilità e di timing perfetto (da ammirare gli assoli del contrabbassista sia su Chairman Mao che  nella composizione di Don Cherry)

Tra i brani, proprio Until the Rain Comes di Don Cherry colpisce particolarmente per l’inizio lirico del solo pianoforte fino ad aprirsi al gruppo intero con uno sviluppo cantabile di bellezza struggente. Un album intenso, sincero, di profonda intensità.Il compact esce per l’etichetta pugliese Dodicilune.

 

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