In tutte le forme artistiche ci sono figure che godono del favore dei media e altre che passano praticamente inosservate. Spesso il tempo è giudice, e fa si che mentre i primi vengano ridimensionati, i secondi vivano una nuova attenzione che in alcuni casi fa si che venga alla fine riconosciuto il giusto valore.
Forse l’esempio più clamoroso è quello legato alla vita e all’opera di Van Gogh, signor nessuno in vita, maestro celebrato universalmente da morto.
Ci sono poi anche personaggi che in vita hanno avuto giusti riconoscimenti ma, dopo qualche decennio dalla scomparsa, paiono inghiottiti dall’oblio. Le probabilità sono esponenzialmente maggiori se l’artista è donna, e se l’ambito artistico è la musica jazz.
Due recenti articoli hanno riportato alla luce la storia di due straordinarie musiciste, probabilmente conosciute solo dai più anziani tra gli appassionati, e, credo, totalmente ignote ai più giovani.
E’ con piacere quindi che riprendo alcuni passi e che rilancio i link che vedono protagoniste Valaida Snow e Dora Musumeci.
Uno degli artisti la cui fama attuale è pesantemente penalizzata dalla scarsità di registrazioni disponibili è una donna, forse la più importante musicista jazz del suo tempo, sicuramente la più poliedrica e quella che ha maggiormente ispirato le artiste jazz successive, e nonostante questo conosciuta quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori. Il suo nome è Valaida Snow.
Suonava violoncello, basso, violino, banjo, fisarmonica, sassofono e tromba. Con la tromba dava il meglio di sé. Aveva poi una voce da cantante molto espressiva come tutte le voci nere del tempo, ma molto più “educata” della media, per cui era adatta a cantare anche pezzi con cui si staccava nettamente dal cliché del cantante nero e del relativo repertorio. In più sapeva ballare benissimo in diversi stili e, nel 1928, al Sunset Café di Chicago, incantò anche Louis Armstrong, esibendosi in sette danze diverse cambiando ogni volta tipo di calzature (compresi zoccoli olandesi, sandali cinesi, pantofole turche e stivali russi).
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Considerata una delle più innovative pianiste italiane di sempre, è stata una delle prime pianiste jazz della storia d’Italia: senza dubbio una bambina prodigio, iniza a esibirsi a soli 7 anni.
Il merito è forse stato del padre, Salvatore Musumeci, che faceva il violinista al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania e la avvia prestissimo allo studio della musica.
A soli dieci anni Dora entra come pianista un’orchestra con cui nel dopoguerra girerà per un tour in Tripolitania.
Si diploma al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli ma abbandona la musica classica lanciandosi nel frenetico mondo del jazz: diventa la prima pianista jazz italiana e ottiene nel 1947 (13 anni) il primo articolo monografico su di lei pubblicato su “Musica Jazz”.
Da quel momento in poi inizia a suonare con grandi nomi come Lionel Hampton e Dizzy Gillespie per poi formare un proprio complesso. Nel 1956 vince il Festival del Jazz di Modena e pubblica l’album “La regina dello swing”.