Michel Legrand, un americano a Parigi, un francese nel mondo

 

Legrand e Davis in studio nel 1958, lo stile è semplicità….
Ci ha lasciato pure lui. Molta bellezza ci abbandona di questi tempi. Ma lui è stato un uomo fortunato, perché nella sua lunga vita (è nato nel 1932) non ha mai mancato un appuntamento con ‘le cose che succedono’. In musica, appartiene a quella magica stirpe di talenti eclettici che la Francia ci ha dato in questo secolo, gente come Andrè Previn, Maurice Jarre, Philippe Sarde ed altri, gente che senza il minimo sforzo e con la massima spontaneità ha fatto rifluire l’iridiscente sensualità della grande musica francese di primo ‘900 nel calderone della contemporaneità, non ultimo quello del cinema. Ma quale cinema….
Qui sotto potrete farvi un’idea del Legrand ‘compositore’ di solide credenziali accademiche, ma noterete che persino qui, tra slanci raveliani e trasalimenti bartokiani (ascendenze entrambe molto eloquenti…), il demone jazzistico fa più di un’apparizione:

 

Com’è noto, qui siamo un tantino allergici agli epitaffi scolpiti nel marmo ed ai ‘coccodrilli’ formato Wikipedia, scongelati per l’occasione. Quindi ci sia consentito ricordare Michel con una serie di istantanee ‘di scorcio’.

1964, “Bande a part”, il trio di Jean Luc Godard autore della celebre ‘visita del Louvre in sette minuti’, rievocata da Bernardo Bertolucci nei suoi “Dreamers”. L’irresistibile ‘Madison Dance’ è di Legrand. Lei è Anna Karina. Ancora dolcemente folle dopo più di 50 anni……

“Messaggero d’Amore”, 1971, ancora Legrand a commentare con un tema magico una lancinante educazione sentimentale nell’Inghilterra del 1914, raccontata da Joseph Losey ed Harold Pinter. Per me, uno dei vertici del cinema europeo degli anni ’70.

Ma l’infallibile bussola di Legrand lo porta anche al bordo dell’inquietante “Piscina” di Jacques Deray, una vera piece di ‘teatro della minaccia’ che ben sarebbe potuta uscire dalla penna di Pinter. Si tratta di dar voce al provocatorio Maurice Ronet, autore di facili hit di successo. Una magnetica, travolgente Romy Schneider è più abbagliante dell’infuocata Provenza d’agosto. C’è anche il violino di Stephane Grappelli.

“Quell’estate del 1942”. Questo delicato, elegiaco film di Robert Mulligan (un ‘Diavolo in corpo” vent’anni dopo), vive di un famoso tema di Legrand. Ne comporrà molti altri, che finiranno tra le mani di molti jazzisti. Infatti:

Bill Evans si cimenta con “What are you doing with the rest of your life”

Qui sotto, un’ album del 1958 che ho comprato qualche settimana fa. Da allora lo avrò suonato come minimo una ventina di volte (succede molto di rado), molto spesso ha accompagnato le mie levate mattutine con la sua sensuale tavolozza di colori, con i suoi guizzanti e mobilissimi arrangiamenti di grandi standards, da ‘Django’ a ‘Night in Tunisia’, da “The Jitterbug Waltz” ad “In a Mist”. Alla chiamata di Legrand risposero tra gli altri Coltrane, Ben Webster, Bill Evans, Teo Macero, Donald Byrd, Art Farmer, Phil Woods Milt Hinton e molti altri. Il risultato ci porta vicinissimo al Gil Evans di ‘Out of the cool’ (che però è del 1961…), con un filo di sensualità francese in più. Qualche critico di non facile contentatura ha commentato che il jazz moderno ha perso qualcosa per il fatto che Legrand non si sia dedicato ad altri lavori orchestrali come questo. Sa va sans dire, la tromba è del Miles Davis che quello stesso anno inciderà ‘Kind of Blue’

Siccome le cose belle vanno condivise – specie di questi tempi – sotto trovate il link all’intero album, che consiglio caldamente.

Qualcosa mi fa pensare che una vita così sia forse irripetibile oggi, nel nostro medioevo specialistico e nei nostri laboratori in cui certi incroci avvengono calcolatamente in provetta, e non figli naturali di una grande cultura scevra di schematismi e di uno sguardo limpido e curioso sul mondo. Diciamocelo, nella nostra Italia sono mancati simili ‘talenti della leggerezza’, e specie di questi tempi senz’altro ce li possiamo solo sognare. Un motivo di più per ricordarci di Michel. Milton56

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