AARON GOLDBERG
At The Edge Of The World
Sunnyside / IRD
Prezzo €.17,00
Il compositore e pianista bostoniano Aaron Goldberg (classe 1974) sta attirando su di sé delle ben giustificate attenzioni, infatti dopo gli studi con il glorioso concittadino Jerry Bergonzi, gli esordi con Betty Carter e contemporaneamente ad una serie di collaborazioni prestigiose, che peraltro continuano, nei gruppi di Joshua Redman e Jimmy Green (ma anche con Wynton Marsalis, Avishai Cohen e molti altri) il nostro ha saputo distillare interessanti dischi a proprio nome, quasi sempre con la classica forma del trio, prendendosi ampi intervalli tra un album e l’altro e firmando 4 titoli per Sunnyside (in quindici anni) dal crescente peso specifico.
“A jazz record is literally one moment in time” ha dichiarato recentemente Aaron al New York Times “Ogni pezzo cattura quei cinque minuti, e nient’altro.”
Una dichiarazione d’intenti che trova la sua consacrazione in questo “viaggio al confine del mondo” fissato in otto tappe e con un nuovo trio formato da musicisti assai ferrati e che condividono con il leader lo spotlight dell’attuale scena newyorkese, ovvero Matt Penman al basso e Leon Parker alla batteria, ed in cui appaiono due nuovi originals: “Luaty”, un eccentrico blues sorprendentemente dedicato al rapper attivista angolano Luaty Beirão e l’asciutta ballad “Tokyo Dream”, posta strategicamente in chiusura e a suggello di un album fresco e molto ben calibrato.
Le altre scelte di Goldberg la dicono lunga anche sulle radici di questo pianista che sembra ormai lanciato verso un meritato riconoscimento internazionale: due tracce sono infatti firmate Bobby Hutcherson (“Isn’t This My Sound Around Me” e la ballad “When You Are Near”), due sono reverenti saluti a pianisti di riferimento come Ahmad Jamal (“Poinciana”, con Leon Parker che canta il tema con efficacia) e McCoy Tyner (“Effendi”) oltre a due incursioni latine di devastante bellezza con le proposte di “En la orilla del mundo” di Martin Rojas, molto amata da Charlie Haden, e “Black Orpheus (Manha de Carneval)” di Feliz Bonfà, bazzicata da numerosi jazzmen in passato.
L’energia interiore dell’intera incisione, di matrice post bop, prende corpo ascolto dopo ascolto, il trio si muove coeso e con notevole senso d’interplay, mentre il virtuosismo di cui sappiamo essere ampiamente dotato Goldberg è tenuto quasi a freno ed esibito con mirabile discrezione. (Courtesy of AudioReview)