La musica di Louis Sclavis aveva già incontrato i murali di Ernest Pignon Ernest nel bellissimo “Napoli’s wall” del 2003, un disco ispirato ad un ciclo di immagini comparse sui muri della città campana dal 1987 al 1995 a cura dell’artista francese, dedicate ai temi della rappresentazione della morte, alle donne di Napoli ed ai culti pagani e cristiani. “Characters on the wall” replica dopo quindici anni quel connubio, con la variante di un’ispirazione legata a diversi luoghi ed epoche della carriera di Pignon Ernest, e di un formato strumentale completamente acustico, a differenza del precedente lavoro che si valeva di un uso diffuso dell’ elettronica, insieme al cello di Vincenti Courtois, alla tromba di Mèdèric Collignon ed alla chitarra di Hasse Poulsen. Qui,ad affiancare il clarinettista francese troviamo invece un pianoforte, quello di Benjamin Moussey, il contrabbasso di Sarah Murcia e la batteria di Christophe Lavergne. Il risultato è un lavoro di grande raffinatezza ed intimità, dove le non rare suggestioni melodiche si alternano alle improvvisazioni, e le sezioni ritmicamente più movimentate interrompono il clima meditativo ed assorto di altri frammenti. Nella musica di Sclavis convivono una dimensione terrena, nutrita da echi di antiche radici popolari e dalla perentoria personalità musicale del suo clarino, e suggestioni astratte e forme improvvisate, qui ben assecondate dai compagni di viaggio. Ma il disco è anche occasione per riscoprire una delle tante fonti compositive di Sclavis, che spesso ha tratto dall’immagine, dipinta o fotografata (come nella famosa quadrilogia sviluppata con Romano e Texier in compagnia del fotografo Le Querrec) l’orientamento per comporre la propria musica.
“Quando lavoro su un affresco di Ernest – Pignon Ernest o su una fotografia di Guy le Querrec – spiega Sclavis nelle note a corredo del lavoro – ho a che fare con un’immagine statica, dotata di una propria unicità. Il mio scopo è di estrarre l’energia ed il movimento latente che l’immagine racchiude. Non cerco mai di illustrare, di raccontare l’immagine che ho di fronte, quanto semmai di rivelarne la sua forza interna. E’un processo molto intimo ed istintivo, non razionale, e richiede la capacità di entrare in risonanza con l’immagine ed un completo coinvolgimento”.
Il programma si articola su nove pezzi, alcuni frammenti di natura astratta, ed altri di durata più estesa, con uno sviluppo ricco di variazioni, (“L’heure Pasolini“, ispirata dal ritratto del poeta che porta in braccio il suo stesso corpo, ha un inizio meditativo da cui all’improvviso sgorga una sorta di valzer, “Shadow and lines” vive di una tensione a tratti palpabile alimentata dal lavoro del contrabbasso fino al solo liberatorio del clarinetto, “La dame de Martigues”, sospesa fra il sognante pianoforte ed il dialogare aperto del clarino, ricorda certe ancestrali melodie tanto amate da Gianluigi Trovesi, “Extases” è una nuvola di poesia musicale affidata al passo a due pianoforte/clarino, “Prison” ritmicamente nervosa, con un lungo solo del basso, articolata su una sequenza tematica iterativa, similmente alla conclusiva, più rarefatta, “Darvich dans la ville“. )
Louis Sclavis definisce “Characters on the wall”, per struttura, sonorità e senso dell’ interplay, un disco maggiormente “jazz” del precedente “Napoli’s wall” . Ognuno, con le precauzioni del caso, potrà fare tesoro di questi indizi autografi nell’affrontare, con l’ascolto, il risultato del processo creativo di una grande personalità artistica rivelato “a nudo”, in assoluta autenticità.