JOE CHAMBERS – Dance Kobina – Blue Note
Terzo album come leader per Blue Note dello storico batterista (ma anche percussionista e vibrafonista, oltre che, soprattutto, compositore) Joe Chambers, che lo scorso anno ha contato 80 primavere, di cui almeno 70 passate dietro ai membranofoni, che conosce come pochi altri al mondo. Lo testimoniano da una clamorosa sequela di dischi che affollano i nostri scaffali, partendo dai Blue Note imperdibili di Freddie Hubbard, Donald Byrd, Wayne Shorter, Joe Henderson, Sam Rivers, Bobby Hutcherson, Andrew Hill, per arrivare a molte altre labels dove lo troviamo a fianco di Archie Shepp, Miles Davis, Herbie Hancock, Chick Corea, Charles Mingus, Max Roach ecc.ecc.

Ricollegandoci al passato più recente, se in “Samba de Maracatu”, del 2021, era il versante brasileiro a rifluire nel suo ventaglio di colori, in questo “Dance Kobina” Chambers disegna varie traiettorie che toccano per lo più sponde africane, suona ancora con incredibile energia la batteria, le percussioni e il vibrafono sovraincidendo alcune parti come sempre, lavorando alacremente anche in studio al sound della band, caratterizzata stavolta dalla presenza dei tamburi Ngoma di un giovane percussionista congolese, Elli Miller Mabongou, in tre brani portanti del disco.
Chambers cura molto le strutture formali dei suoi brani, ricollegandosi idealmente ad alcune opere degli anni ’70, quando collaborava con Max Roach, il gigante che forse più di tutti lo ha formato ed influenzato, from drummer to drummer. Non stupisce la riproposta in scaletta di “Caravanserai”, fuoco d’artificio ritmico, uno dei primi brani composti da Chambers nel periodo M’boom Percussions, o di “Gazelle Suite”, proposta per la prima volta nel ’98 in “The Almoravid”, e che qui torna a correre inafferrabile su un tappeto percussivo mai così ricco, esaltato dal contrabbasso di Ira Coleman e sviluppato poi al contralto da Caolainn Power, altro nome nuovo che Chambers lancia sagacemente nell’agone.
Non è nuovo il rapporto con il pianista di Montreal Andrés Vial, che in questo disco firma due brani, tra cui l’incalzante title track, dimostrandosi presenza importante, solido nell’accompagnamento e capace di pregevoli assoli disseminati nell’album. Disco eclettico come il suo leader, la brillante rilettura di “This is New”( Kurt Weill/Ira Gershwin) è posta come monito iniziale, il Nostro non ha ancora finito di cercare il nuovo, nè di schierarsi apertamente, come dimostra la vibrante riproposta di “Power To The People” dell’indimenticato amico Joe Henderson, ma sa anche pescare dal repertorio del chitarrista Karl Ratzer la sognante e delicata “Moon Dancer”, posta a sigillo d’un’opera varia e godibile, squisitamente chambersiana.

