Joe McPhee in azione al sax tenore
E siamo alla seconda puntata delle cronache novaresi, è sabato pomeriggio.
Una delle poche presenze esterne alla ‘galassia Mazurek’ è stata quella di Joe McPhee. 83 anni splendidamente portati, un musicista già con un piede nella storia, ma che non ha mai staccato i dividendi di notorietà di una maturazione nella seconda ondata del free jazz storico e di una concreta prossimità all’epopea coltraniana. Al suo paradossale percorso all’inverso, da ‘nemo propheta in patria’, abbiamo già accennato nella presentazione del festival.
Quel che avevo letto di lui non mi ha preparato alla sorpresa che mi ha riservato. La sua prima uscita a Novara è stata quella con un trio a nome del nostro Gabriele Mitelli alle trombe, John Edwards al basso e Mark Sanders alla batteria: gli ultimi tre hanno già una consuetudine consolidata proprio a Novara nelle scorse edizioni. Un nucleo omogeneo in grado di affrontare l’alea dell’incontro con un maestro solitario che viene da lontano nel tempo e nello spazio.
Il sax di McPhee mi ha stupito per la prevalenza di un discorso sommessamente meditativo e concentrato, naturalmente sviluppato su tempi lunghi e punteggiato da pause intense; non sono mancati nemmeno imprevisti momenti lirici. In questa situazione per me è risultata saggia la scelta di Mitelli di rimanere tra le quinte, viceversa notata con stupore da molti: dopo limitate sortite alla tromba, il nostro si è dedicato ad un lavoro di tessitura all’elettronica molto importante per serrare la trama del gruppo.
Del resto, nel giro di pochi minuti si è rivelata un’evidente affinità elettiva con Edwards: il suo basso intensamente passionale e capace di insolite sonorità per dare voce ad un’espressività prepotente è diventato spontaneamente il motore del gruppo, assecondato da vicino dalla batteria di Sanders. Naturale quindi lo stabilirsi di un rapporto privilegiato con McPhee, che si è molto avvantaggiato della qualità vibrante del basso di Edwards, che ha finito per caratterizzare tutto il gruppo. Un concerto intenso, un buon prologo al solo di McPhee della domenica successiva.
Il piano solo di Angelica Sanchez può esser anche visto come un preludio alla serata con la Exploding, un’analogia con la precedente performance della Mitchell.
Sin dal primo momento si nota una musica prevalentemente scura, attestata sui registri più gravi del piano. Il set inizia con uno sviluppo a spirale dove brevi cellule tematiche si ripiegano su stesse. Le dinamiche sono generalmente contenute, determinando un’atmosfera meditativa che solo occasionalmente viene rotta da cluster marcati. Il discorso procede con una sorta di dialogo che Sanchez crea tra linee distinte e spesso deliberatamente contrapposte; una di queste sfocia in alcuni inattesi squarci lirici.
Progredendo il set, la musica conosce momenti più tesi e talvolta convulsi, prontamente integrando i rintocchi delle campane che risuonano dal vicino S.Gaudenzio. Non sono mancate le ormai canoniche sollecitazioni dirette delle corde, anche per mezzo di quello che è sembrato un mallet da vibrafono. In conclusione direi un concerto denso di idee ingegnosamente organizzate anche con notevole efficacia espressiva, ma nel contempo sempre caratterizzato da un’atmosfera omogenea, direi quasi notturna. Peccato solo per i colori un poco spenti da un’acustica non facile della corte di Palazzo Bellini.

In serata sentiremo altro, ma il ruolo del pianista in un’organico di nove elementi fortemente inclinato verso ampii momenti di improvvisazione è naturalmente diverso. Ma prima di arrivare al clou di Novara Jazz con Exploding Star Orchestra vi aspettano altri due racconti di concerti molto particolari ed intensi: e qui passo la mano all’amico Andbar. Stay tuned, come sempre. Milton56
Sanchez in solo in un brano del lontano 2011: già si intravedono alcuni tratti di uno stile dispiegato in forma più matura a Novara

cerca se puoi di ascoltare anche Marta Sanchez, pianista! 😉
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Grazie, sarà fatto. Milton56
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Adoro questi “racconti” di jazz
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Grazie Vengodalmare. Anche perchè spesso in questo lavoro ci si sente un po’ soli. ‘Raccontare la musica’ è lo scopo che ci siamo prefissi sin dall’inizio di questa avventura, molti anni fa. C’è che dice che ‘parlare di musica è come ballare l’architettura’ (M°. F. Zappa, tardo XX secolo), ma noi ci proviamo lo stesso. Primo per metter ordine nelle nostre emozioni circa la musica: un’emozione senza parole è come l’acqua di sentina in marineria…. . Secondo, perchè è necessario condividerla la musica, soprattutto quella di cui ci occupiamo noi. In particolare per una generazione come la mia, che in certe ‘musiche altre’ ha trovato la sua unica, vera patria. Una che non riempie di croci i camposanti. Stay tuned, arrivano altre cronache. Milton56
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Dimenticavo: purtroppo quando vi raccontiamo della musica dal vivo quasi mai possiamo appoggiarci a clips dei concerti di cui si tratta. E questo è un bell’handicap, vi aiuterebbero a farvi un’idea di prima mano. Al contrario di molti altri spettatori, io tengo in molta considerazione fotografi e cameramen che affollano i concerti jazz, talvolta con qualche incomodo per chi ascolta. Ma si vorrebbe anche vedere il frutto di tanto riprendere, cosa che singolarmente non avviene. Mah….. MIlton56
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