SUMMERTIME – COME IN UNO SPECCHIO

Cosa c’entrano gli specchi con una bella serata di giugno nel parco di Villa Osio, sede della stagione estiva della Casa del Jazz di Roma? Si sa, gli specchi sono strumenti spesso ingannevoli e spiazzanti, e talvolta inquietanti, come ci suggerisce il film di Ingmar Bergman in copertina.

Il programma della serata del 26 giugno di Summertime regge l’analogia: un trio pianistico che ospita un sassofonista si specchia nel trio di un sax alto che ospita un pianista. Due organici identici, messi a diretto confronto: le premesse per una notevole assonanza ci sono tutte. Invece….

Esordisce il trio di Alessandro Lanzoni, con Matteo Bortone al basso e Enrico Morello alla batteria (formazione di gran lusso, con qualche remoto precedente discografico). L’ospite è Francesco Cafiso. Il gruppo colpisce sin dalle prime battute con la sua notevole omogeneità a dispetto dell’occasionalità della formazione.

La maggiore sorpresa è l’ex enfant prodige e fuoriclasse del sax alto Cafiso, che invece riesce a mettere tra parentesi i suoi formidabili controllo e tecnica strumentali, offrendo una performance molto pacata e contenuta nelle dinamiche e nei colori, ma molto più sottile e raffinata rispetto a quanto ci si potesse attendere. L’intricato fraseggio è concentrato ed introverso, ricco però di sfumature ed invenzioni che ci rammentano che abbiamo di fronte un altoista ‘in a class of its own’.

In questa attitudine il sax è molto coadiuvato dal piano di Lanzoni, che ha brillato anche lui per la capacità di giocare su nuances che si potrebbero definire evansiane. Il quadro è completato dal basso di Bortone particolarmente nitido e pulito nel disegno del fraseggio; quanto a Morello, da tempo è emerso come batterista di grande eleganza sottigliezza, con uno stile danzante e ricco di colore, a mio avviso le migliori bacchette espresse dall’ultima generazione di jazzmen italiani.

Il set relativamente breve lascia il desiderio che questo gruppo non ‘balli una sola estate’, ma entri in studio di registrazione per salvare durevolmente tanta finezza e ricchezza di idee, mostrata soprattutto in un’originalissimo ‘Monk’s Mood’ ed in un raffinato ‘Isfahan’ (dalle nostre parti non è da tutti cimentarsi con Strayhorn…)

Purtroppo qui mancano i raffinati Bortone e Morello, che con Lanzoni formano un grande trio…..

Nonostante l’identico organico, è tutt’altra cosa il gruppo di Rosario Giuliani con ospite Dado Moroni. Il baricentro del gruppo è vistosamente spostato verso il pianista genovese, che torreggia ed incombe sul resto della band con un dinamismo ed un’energia tyneriane: il suo approccio contribuisce moltissimo al carattere atletico e spettacolare del gruppo di Giuliani, ricco anche di colori brillanti. Una band favorita nell’incontro con  un’immediata risposta del pubblico. Notevole il batterista Sasha Mashin, presentato con grande enfasi da Giuliani: batterista leggero e sottile, anche se non siamo ai livelli di raffinatezza del Morello del gruppo Lanzoni/Cafiso. Luca Bulgarelli al basso assicura le fondamenta della band.

Adempiendo una promessa fatta al direttore Linzi, a set concluso Giuliani chiama sul palco Cafiso per un duetto che si svolgerà su di un terreno insolito per due sax alto: un brano modale di esplicito omaggio a Coltrane, in cui Cafiso e Giuliani si lanceranno in una sorta di chase in cui emergerà in modo evidente la diversità di stile e di approccio tra i due. Il tutto sotto l’inarrestabile spinta propulsiva di Moroni che qui più che mai gioca in casa

In una serata che sembrava presentarsi all’insegna dell’uniformità e della semplice giustapposizione, viene così dimostrato che con un medesimo organico si possono fare cose enormemente diverse. I doppi concerti in una sola serata spesso si risolvono in azzardi sia sotto il profilo artistico che sotto quello tecnico: questa è stata una brillante eccezione, dovuta soprattutto alla cura ed all’acutezza nell’impaginazione del programma e nella scelta dei gruppi (tra l’altro di ascolto non frequente, purtroppo).

Di fronte ad una serata raffinata ed intrigante come questa, si dimenticano i chilometri e l’ora di ritardo della Freccia (??): rimane la malinconia di non  potersi concedere più spesso queste emozioni. Milton56

Ancora una volta solo un duo, ma quantomeno è molto recente. In occasione di una serata dedicata a Paolo Piangiarelli di Philology, altra grande perdita…..

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