JIM SNIDERO – “For All We Know” – Savant – Supporti disponibili: CD
Che il californiano Jim Snidero (1958) sia un formidabile specialista del sassofono contralto, un perfezionista alla continua ricerca dell’espressione jazzistica più pura, oltre che una delle voci strumentali più precise e commoventi della scena, è convalidato da 25 lavori come leader pubblicati in una carriera quarantennale, dischi che si alternano a collaborazioni importanti, la Mingus Big Band su tutti, e poi l’orchestra di Toshiko Akiyoshi, Eddie Palmieri, oltre a sconfinamenti pop per mettere il suo sax al servizio di Sting, Billy Joel ed Elton John, tra gli altri.
Ci sembra necessario anche questa volta fornire alcune brevi note biografiche perché Snidero appare piuttosto sottovalutato dai jazzfans, forse perché non pubblica per ECM (Deo gratias!) e non lo chiamano nei festival di tendenza, fatto sta che i suoi dischi, ultimamente usciti tutti per l’eccellente etichetta Savant, hanno un’aurea d’immediata classicità che elude ogni moda del periodo.
In trio con i fidatissimi Joe Farnsworth (d) e Peter Washibgton (b) si erge lo Snidero più colto, il Nostro ha pubblicato molti studi che impattano il real book e gli standards, dei quali pare conoscere e vivere ogni minimo risvolto, e intitolare il disco “For All We Know” va oltre la somma interpretazione di un titolo di una micidiale ballad del 1934 suonata da generazioni di jazzisti, a noi pare di vederci anche un’orgogliosa dichiarazione d’intenti, per quel che ne sappiamo, ovviamente.
Il trio sassofonistico senza strumento armonico è un format ormai “classico” per quanto riguarda il sax tenore (da Rollins a Joe Henderson ecc.), piuttosto raro con il contralto, sebbene ci siano incisioni storiche di Lee Konitz ed anche quest’anno abbiamo potuto ascoltare Dave Holland con lo stesso assetto, completato da Jaleel Shaw ed Eric Harland. In ogni caso si tratta sempre di una formula ad alto rischio, come lo stesso Snidero sa bene, ed anche se è la prima volta che si cimenta in sala d’incisione con questo tipo di formazione il risultato è notevole, l’intensità sempre elevata e lo squisito senso della bellezza melodica dei brani rendono questo disco uno dei migliori usciti finora nel 2024.

In “Willow Weep For Me” troviamo un riverente saluto all’amato maestro Phil Woods, del quale pare aver preso il tesetimone, in “Parker’s Mood” Snidero guarda dritto negli occhi Bird, mentre la coltraniana “Naima” è innervata da un latin groove di spiccata eleganza. Il trio si muove come una persona sola, la lunga frequentazione porta l’interplay del trio ad un livello -come si usa dire- telepatico, le soluzioni che i tre sviluppano via via sono comunque sempre leggibili e ben dentro la forma song. Dopo rigog1iosa esposizione tematica le ballads ed i medium tempo vengono immersi in un fitto dialogo di rimandi jazzistici, fioriscono sviluppi e citazioni sublimate, Jim e gli altri due ottengono la nostra attenzione incondizionata, il trio indica con autorevolezza nuove tappe di un cammino condiviso.
(Courtesy of Audioreview)

