“La fortuna di Aires Tango agli inizi è stata quella di avere parecchio tempo a disposizione per le prove, cosa che oggi non si riesce più a fare. Eravamo giovani e potevamo provare quasi ogni giorno, e questo si avverte chiaramente nella dinamica del gruppo, è una cosa cha fa la differenza. Oggi ci sono parecchi musicisti dotati tecnicamente, essere bravi è il minimo,
ma poi ci vuole qualcosa di più, l’intesa, l’interplay che si ottiene solo con la frequentazione ed il tempo”.
In una bella intervista di quache anno fa che trovate qui, Javier Girotto raccontava così gli inizi di Aires Tango, il suo esperimento di fusione fra la cultura musicale argentina, il paese da cui proviene, ed il jazz, condotto con musicisti italiani per sottolineare il carattere di operazione multi culturale.
Quell’esperimento oggi ha compito trenta anni ed il gruppo, da sempre molto attento agli anniversari, ha deciso di celebrare l’evento con una nuova uscita discografica, ad otto anni dal precedente “Duende” con Ralph Towner, e con il nuovo batterista Francesco De Rubeis che ha preso il posto di Michele Rabbia, al fianco dei soci fondatori Javier Girotto ai sax e flauti, Alessandro Gwis alle tastiere, e Marco Siniscalco al basso elettrico.
Il contenuto delle numerose feste di compleanno in forma di concerto che hanno attraversato ad inizio estate l’Italia , si ritrova in gran parte su questo “30” (parco della musica records), le cui composizioni, seguendo la presentazione del leader, “richiamano i luoghi ed i momenti più significativi, nella storia trentennale del gruppo“. Ecco quindi un “Ferragosto a Celimontana” aprire con passo elastico e solido apparato ritmico la sequenza: è un tipico brano Aires Tango , su tempo dispari e con il sax di Girotto che disegna una linea intensa e drammatica con il consueto calore ed espressività . Ecco “Milongon del foro“, che parte con un incalzante motivo del sax per lasciare poi spazio al solo del pianoforte e tornare poi ad una lettura collettiva del tema.
Con il terzo brano “2 de Abril” scritto in ricordo dei caduti nel conflitto delle isole Malvinas e ripreso dal disco “Santuario ” firmato con il fisarmonicista Vince Abbracciante, si fa strada una vena più intimista e malinconica che attraversa il seguito del programma, complici forse la riflessione sullo scorrere del tempo, i ricordi dei tanti concerti suonati e le tante persone incontrate o il periodo pandemico durante il quale le composizioni sono nate. In questa vena collochiamo le atmosfere notturne di una “Milonga tristorta” siglata dalle iterative progressioni del soprano, i toni da filastrocca del tema di una “Children’s war“, che diventa canto sulle ali di un solo fra i più ispirati del disco, le crepuscolari “Variaciones sobre el tema de Bahía blanca“, costruite sul dialogo fra un pianoforte onirico ed il meditativo sax.
Non mancano però gustose eccezioni di più marcata impronta ritmica come la “Chacarera del asador” che mescolando il serrato tema folk alle sezioni soliste di pianoforte, basso e flauto quena pare una sorta di manifesto programmatico del gruppo, o la passeggiata sull’ orlo del virtuosisimo iper cinetico de “La palma de enero” , il clima e gli spazi percussivi di una “Pascuas” animata dai forti contrasti emotivi . Il disco si conclude con l’immaginifica “Mate” a metà strada fra le due “anime” citate, ed il trasporto messo da tutti i musicisti in questa esecuzione pare il migliore sigillo del trentennale di Aires Tango.
