La Baronessa del jazz

In questo libro la pronipote di Nica, Hannah Rothschild, scava nel suo album di famiglia per raccontare una figura piena di fascino, una donna che ha saputo vivere la vita che desiderava fino all’ultimo dei suoi giorni, senza mai rinunciare a indipendenza e libertà.

Neri Pozza

Traduzione di Alessandro Zabini
2024, pp. 288, € 19,00

 “La chiamavano la Baronessa del jazz. Vive con un nero, un pianista. Ha volato sui bombardieri Lancaster durante la guerra. Quel sassofonista drogato, Charlie Parker, è morto nel suo appartamento. Ha avuto cinque figli e ha vissuto con trecentosei gatti. La famiglia l’ha ripudiata. Le hanno dedicato venti composizioni. Ha gareggiato con Miles Davis sulla Quinta Avenue. Hai saputo delle droghe? E’ andata in prigione perché non ci andasse lui. Lui chi? Thelonious Monk. E’ stata una vera storia d’amore. Una delle più grandi”.

Queste poche frasi, estrapolate dal libro scritto dalla nipote della protagonista, Hanna Rothschild, possono bastare a rendere l’idea del contenuto , anche se potrebbero essere fuorvianti per molti aspetti della vicenda, molto più complessa, che legò Pannonica De Koenigswarter alla musica jazz e a Thelonious Monk in particolare.

Diamo per scontato che tutti coloro che si avventurano tra le pagine di questo libro conoscano, almeno a grandi linee, il personaggio e parte della sua storia, nonostante ciò il libro riserva pagine di grande interesse. Come ad esempio la ricostruzione della storia della famiglia Rothschild, delle sue fortune e delle sue disgrazie. A fronte di una ricchezza immensa Pannonica è cresciuta in un deserto affettivo che poi ha pesantemente segnato la vita e le scelte dolorose che l’hanno segnata. Anche la vita familiare e matrimoniale viene tratteggiata senza enfasi, perfino le incredibili avventure durante la seconda guerra mondiale sono descritte quasi come fossero normali. 

Il lavoro dell’autrice nello scavare tra i ricordi della famiglia e quelli dei musicisti ancora vivi è stato imponente e, a suo merito, va riconosciuto che il ritratto di Pannonica, Nica per i musicisti, che ne fuoriesce è privo di ogni edulcorazione. Uno sguardo asciutto e a tratti perfino impietoso, senza per questo mai giudicare le scelte, perfino quelle più difficili.

Anche il ritratto di Monk e di Nellie, la moglie, è scevro da ogni imbellimento, si affronta e si descrive quasi in maniera cruda sia la dipendenza da droghe che la malattia mentale del pianista, con ricchezza di particolari ma senza sminuirne il talento, anzi, sottolineando come Monk sia riuscito ad emergere in un contesto dove la segregazione razziale era ancora imperante.

Nica fu stregata dall’irruzione del bebop, una musica che stracciava le convenzioni e i compromessi sociali dell’epoca. Decise d’impeto che voleva appartenere al luogo e alle persone che producevano quelle note e abbandonare il mondo nel quale era vissuta fino ad allora. E la sua dedizione e generosità verso i musicisti fu ricambiata: Monk scrive per lei Pannonica, Horace Silver le dedica Nica’s Dream. Kenny Drew scrive Blues for Nica e l’elenco arriva a ben 22 brani composti per lei dai musicisti .

Il libro è appassionante e si legge d’un fiato.

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