Patto Armonico (abeat records) – Giovanni Scasciamacchia

Il patto del titolo ha un duplice significato: da un lato rappresentare uno degli elementi che lega un gruppo di musicisti riuniti intorno ad un progetto, dall’altro esplorare il rapporto fra due mondi, quello del jazz e quello del design, cui allude anche l’originale copertina sottolineando la consonanza fisica fra due oggetti provenienti da quei territori, il contrabbasso ed il Maggiolino Wolkswagen.

L’idea originaria del batterista Giovanni Scasciamacchia di scrivere una serie di brani ispirati a paesaggi ed immagini della vita quotidiana ha preso questa specifica connotazione grazie all’intervento dell’associazione Culturale Lampus , una realtà attiva nel Salento che si propone la divulgazione del jazz con una particolare attenzione all’ambientazione dei concerti ed all’aspetto visivo in generale. “La connessione tra Jazz e Design, richiamata nel titolo Patto Armonico, ha origini remote e si manifestò nell’America degli anni Venti e Trenta, quando l’estetica dell’Art Déco e la sua associazione con il lusso e il glamour si fondevano perfettamente con il dilagare dell’onda del Jazz, tanto da far coincidere alla definizione Art Déco, quella di Jazz Style.” spiega il Presidente di Lampus, Paolo Insalata.

Ecco quindi che i dieci brani registrati in due giornate da Scannapieco con la complicità del pianista Dado Moroni, del sassofonista spagnolo Perico Sanbeat e del contrabbassistsa Tommaso Scannapieco, stabiliscono ulteriori complicità e connessioni fra il contenuto musicale ed aspetti ricorrenti nel lessico quotidiano dei creatori di arti visive. E l’inizio non poteva che essere con un “Brainstorming“, scambio di idee preliminare alla base di qualsiasi processo creativo, nel quale ogni voce strumentale si presenta con le proprie peculiarità: il tema cantabile del sax e la sua pronuncia accurata e scolpita, il ruolo inventivo di un pianoforte co protagonista, il vivace andamento ritmico garantito da basso e batteria, ciascuno titolare di un piccoli spazio solista “di introduzione”.

Nonostante la voce principlae nell’esposizione tematica sia quella del sassofonista iberico, determinante nel “disegno” anche emotivo dei brani sia al tenore che al soprano, emerge con forza, dai dieci brani originali firmati con ricercata cura melodica del titolare – quasi davvero dei piccoli oggetti design, una forza collettiva del quartetto convogliata verso la creazione di un linguaggio efficace e personale, nel quale trovano una sintesi tradizione e modernità. Un idioma in grado di affrontare la sfida di una ballad quasi sussurrata (“Intreccio” ) come l’andamento ritmico movimentato di brani dall’ espressività quasi giocosa (“Schizzo“), celebrare il rapporto fra suono e colore, indagato per la prima volta nel VXI secolo dal pittore Giuseppe Arcimboldi, in un brano che vive dell’alternanza fra il soprano ed il pianoforte, (“Palette”), dare corpo a sottili suggestioni latin sempre nel rispetto di una cornice melodica ben delineata (“Scambio creativo” ) o “inventare” suggestivi dialoghi fra contrabbasso e pianoforte all’interno di una “Comfort zone” guidata dalle movenze suadenti del tenore .

Lampus“, aperto da un solo insolitamente vicino all’astrazione di Moroni, rappresenta, attraverso il saettante attacco ritmico che segue, l’intuizione improvvisa – il lampo di genio – del designer o del musicista a seconda dei campi, declinata qui in un ribollente clima modale da cui originano incandescenti solo del soprano e del pianoforte. Uno dei brani più inaspettati e migliori di tutto il lavoro.

La title track è l’ennesimo esempio della capacità di ascolto ed immedesimazione fra i quattro protagonisti, con il soprano ed il pianoforte a scambiarsi vicendevolmente i ruoli di protagonista e supporto, sulla base di un tappeto ritmico che le corde del contrabbasso ed i metalli della batteria rendono teso e scintillante .

A concludere, dopo le felpate cadenze di “Empatia” arriva una esplicita “Dèco” che allude, con passo elegante e cadenzato, allo stile immaginifico dei primi decenni del ‘900, “quando Art deco e Jazz dilagavano in America, promuovendo nuova bellezza”.

Un disco nel quale l’ascoltatore sembra, con assoluta naturalezza, ammesso a partecipare all’accordo del titolo : merito di interpreti dalle notevoli capacità tecniche e spiccata sensibilità espressiva che fanno sembrare tutto facile, grazie anche alla regia dietro ai tamburi di un leader discreto ma determinante.

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