Pochi secondi nell’ascolto del nuovo album, l’ottavo, del trio Thumbscrew e ci si ritrova in un mondo surreale nel quale ogni coordinata di tempo e spazio applicata in musica va abbandonata, per assistere al dialogo libero e peculiare messo a punto e sviluppato fra i tre creatori. Complessità ritmiche affiancate a melodie lineari, timbriche consonanti e dissonanti, climi stranianti nei quali si fatica inizialmente ad orientarsi. Immergersi in una loro opera fa sentire un pò come Alice nel Paese delle Meraviglie a contatto con il mondo sottosopra. O se volete, come suggeriscono i gentili produttori della Cuneiform records, etichetta che ha adottato il trio, volteggiare in un universo privo di gravità. Se si accettano queste premesse, si è pronti ad apprezzare “Wingbeats“, appena pubblicato quale frutto di una residenza di tre settimane al centro City of Asylum di Pittsburgh, un luogo con il quale i musicisti hanno, nel tempo, stabilito una relazione speciale. “Questo posto ha permesso la definizione di un vero sistema di lavoro – spiegano .Arriviamo con la nostra musica totalmente o parzialmente composta e dal primo giorno iniziamo a provare con l’obiettivo della registrazione . Questo è stato il processo per tutti gli albums dopo il primo.”

Il disco, composto da dieci brani, tre a testa per ciascuno dei componenti, Michael Formanek, Tomas Fujiwara, e Mary Halvorson, oltre ad una cover celebrativa di eccellenza, conferma il trio come una delle formazioni più originali e creative della scena jazz contemporanea, forte di una peculiare intesa che atraversa tutto il processo di creazione musicale, dalla fase “di impostazione organizzativa” fino al prodotto finale nel quale le articolate catene di note e le sfasature della chitarra, l’imperioso incedere del basso e la libera ritmica di batteria e vibrafono trovano una naturale composizione che diventa il linguaggio del trio.
Se il metodo di lavoro è ormai collaudato, restano ogni volta imprevedibili gli esiti, che ora ci troviamo fissati su disco, con l’incombenza ed il piacere di raccontare. Ed allora un metodo possibile è quello di calarci nella parte di Alice ed osservare da vicino queste strane ed affascinanti creature. Aggirandoci fra i dieci esempliari troviamo, quindi, ritmiche astratte e chitarre impegnate a disegnare un percorso verso la melodia, (“Wingbeats“), un vibrafono che gioca a confondersi con le corde della chitarra (“Greenish Tents”), contrabbassi che si affannano a rincorrere sghembe frasi imbastite all’unisono da chitarra e vibrafono, fino a liberare la prima in un liberatorio volo solista (“Irriverent Grace”), una batteria che sgomita per emergere fra basso e chitarra, (“How may i inconvenience you?”) un combattimento fra una chitarra ellettica ed un ingombrante basso (“Pyrric”), scampoli di Monk che punteggiano una saltellante puntata nel funk tendente al free, (“Knots“), una corsa a due di chitarra e vibrafono con improvvisi stop and reverse (“Somewhat agree“).
“Questo è il secondo album nel quale abbiamo composto pezzi per il vibrafono .- dice Formanek . Anche se è è una formazione in qualche modo anomala, rimane pur sempre un guitar trio. Con il vibrafono mi ricorda quello di Red Norvo con Tad Farlow e Mingus. E’ una musica totalmente differente, ma stiamo ancora lavorando con quei colori “.
E proprio Charles Mingus, nei cent’anni della nascita è destinatario dell’omaggio finale del disco una versione ritmicamente cangiante e ricca di aromi blues della celebre “Orange Was the Color of Her Dress, Then Blue Silk,” una sorta di conbattimento fra struttura e libertà che porta inconfondibile la firma del “giro di vite”.
Per una visita al loro magico mondo segnatevi la data, il prossimo 14 novembre , ed il luogo, Teatro della Tosse sala La Claque, a Genova.

Thumbscrew è la dimostrazione da manuale di cosa può un lungo e profondo lavoro collettivo: è da questo che nascono gruppi coesi e di spiccata individualità. Il disco in questione ed ancor di più il concerto genovese sono occasioni preziose, perchè i tre di Thumbscrew hanno preso percorsi di vita differente che li hanno portati fisicamente lontani: no n sarà quindi facile risentirli dal vivo insieme. Singificativo però che il trio resista in studio di registrazione. Milton56
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