Francesco D’Auria, Michel Godard, Tino Tracanna – “Spiritus spiritus”(Caligola records)

Spiritus spiritus” è la seconda testimomianza, questa volta la ripresa di un concerto tenuto al festival Jazz in Bess a Lugano nel settembre 2022, del progetto Lunatics ideato dal batterista Francesco D’Auria, il cui esordio avevamo presentato su queste pagine un paio di anni fa. Ricorrono alcune composizioni di quel disco, ma muta decisamente l’organico, qui ristretto alle percussioni del titolare (batteria ed hang), ai saxes tenore e soprano di Tino Tracanna ed alla tuba ed al serpentone dello specialista Michel Godard, già al fianco di D’Auria in precedenti avventure. Facendo a meno del pianoforte di Umberto Petrin e della chitarra di Roberto Cecchetto, la musica in questo caso si concentra nel dialogo, talora libero, talora sviluppato entro il perimetro melodico delle composizioni originali, dei tre membri – leggere e quasi giocose quelle di D’Auria, immersa in un trattenuto passo swing la “Pow How” Di Tracanna, ipnotica la conclusiva “What will we do after sunday” di Godard . Elementi che rilanciano il significato anche extra musicale dell’operazione , l’aspirazione ad una libertà che superi i conflitti e cerchi le possibili sintonie, dichiaratamente fra gli intenti originari del titolare. L’altro aspetto di rilievo della registrazione è l’originale commistione di timbri in gioco, con gli strumenti gravi di Godard che si inventano ruoli solisti decisamente inusuali, l’hang, il tamburo metallafono che D’Auria predilige, a spargere aromi asiatici intorno ai temi affidati ai saxes di Tracanna.

l consiglio per avvicinarsi a questo disco è di farlo in modo esclusivo, senza altre occupazioni materiali o mentali: la sua fragile membrana cameristica, rispettata dal massimo silenzio e dall’attenzione prestata dall’audience elvetica, rischierebbe di passare subito in secondo piano, compromettendo la possibilità di apprezzare le molte sfumature di una musica suonata in punta di dita, ma ricca di contenuti.

I primi due brani , “Monetine ” e “Il cielo” sono ripresi dal disco dei Lunatics, la prima introdotta da una sezione improvvisata, “di riscaldamento”, e la seconda in una veste disadorna e solenne, con una sequenza di assoli (hang, serpentone e tenore) che culmina in un finale assorto e palpabilmente coinvolgente.

Preceduta da un’ introduzione delle percussioni, “Meeting’s dance” che nel disco precedente era poco più di un frammento, qui germoglia in un florilegio del sax soprano contrappuntato dal serpentone, supportati dal fitto tappeto percussivo manuale .

I timbri originali dello hang aprono invece l’ altra ripresa, “I sogni di Pietro”, il cui tema, malinconico ed immaginifico, fa capolino fra i soli del sax e del serpentone, per tornare nel finale in una esposizione corale contornata dalle percussioni.

Il concerto ed il disco si chiudono con “Kalim -bone“, il brano dalla connotazione ritmica più marcata, pelli e corde che dialogano in una dimensione di totale libertà con il sax, fino a che si aggiunge al groove la tuba, lanciata anche in un avventuroso volo solista, e con l’unico brano a firma Godard “What will we do after sunday, dall’ assorto andamento di processione condotto dal suo strumento di elezione.

Una bella conferma di un progetto dalla spiccata originalità nel panorama nostrano, anche in questa incarnazione in trio.

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